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Cuba |
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Una identità in movimento | ||
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Nicolás Guillén: piccola antologia in italiano — 5
Alla Vergine della Carità
Vergine della Carità, che da un piedistallo di rame speranza dai al povero e al ricco tranquillità. Nella tua creola bontà, oh madre!, sempre ho creduto, per questo imploro proprio te, che se quella bontà mi raggiunge da’ pure al ricco la spèranza e la tranquillità a me. Rumba
La rumba Chitarra
Andarono a caccia di chitarre, sotto la luna piena. L’Aconcagua
Il monte Aconcagua. è bestia solenne e fredda. Una testa bianca e occhi di fissa pietra. Procede in lenti branchi con altri animali somiglianti tra rocciosi e frantumati deserti. L’Uccellino di Carta
Solo, nella sua minuscola gabbia, sonnecchiante, sta l’Uccellino di Carta. I Fiumi
Ed ecco la gabbia dei serpenti Attorcigliati su se stessi, dormono i fiumi, i sacri fiumi. Istitutrice
Professoressa. I Venti
Lei non può immaginare come correvano questi venti stanotte. Sono stati visti Le Aquile
Da questa parte stanno le aquile. Quella reale. Tenore
Il tenore è in estasi contemplando il tenore dello specchio, che è lo stesso tenore in estasi Cuba. Una identità in movimento
I Caraibi
Nell’acquario del Grande Zoo nuotano i Caraibi. Questi animali marittimi ed enigmatici, hanno un ciuffo di cristallo, la groppa azzurra, la coda verde, il ventre di spesso corallo, grige pinne di ciclone. E sull’acquario, un’iscrizione:
"Attenti: mordono".
rimesta la sua musica densa
con un bastone.
Zenzero e cannella…
Brutta canzone!
Brutta perché arriva il negro magnaccia
con la sua Fela.
Pepe dei fianchi,
anca d’oro e di gomma:
danzatrice dolce,
danzatrice folle.
Nell’acqua della tua gonna
navigano tutte le mie brame:
danzatrice dolce,
danzatrice folle.
Voglio naufragare
in quel mare tiepido e fondo:
negli abissi del mare!
Il tuo piede intreccia con la musica
il nodo che più mi stringe:
risucchio di tela bianca sulla tua carte indorata.
Delirio del basso ventre,
alito di gola secca;
il rum, che t’ha spaventata,
e il fazzoletto come una briglia.
Ormai ti prenderò domata,
ormai ti vedrò soggetta:
quando, come ora, tu fuggi,
verso il mio abbraccio vieni,
danzatrice
dolce,
o verso il mio abbraccio vai,
danzatrice
folle!
Lunga non sarà l’attesa,
danzatrice
dolce;
eterna non sarà la festa,
danzatrice
folle;
male ti faranno i fianchi,
danzatrice
dolce;
i fianchi duri e sudati,
danzatrice
folle…
Ultimo
sorso!
Smettila, scappa, andiamo...
Andiamo!
E. tornarono con questa, pallida, fine, snella, occhi d’infinita mulatta, cintura di fibra schietta. t giovane, vola appena. Ma già canta quando sente in altre gabbie aleggiare balli e canzoni, semplici sones e melanconiche coplas. Nella sua gabbia, quest’iscrizione:
"Attenti: sogna".
L’Orsa Maggiore
Questa è l’Orsa Maggiore. Catturata il 4 giugno 64, da uno sputnik cacciatore. (Non toccate le stelle sulla pelle).
Cercasi
domatore.
Di notte, sfiora col muso molle
le mani fredde della luna.
Gli Usurai,
Mostri ornitomorfi, in grosse gabbie nere, stanno gli usurai.
C’è il Copete Bianco (Usuraio Reale)
e l’Usuraio-Avvoltoio, delle grandi pianure,
e il Torpedo Vulgaris, che divora i figli,
e il Rabidaga dalla coda cinerea,
che divora i genitori,
e lo Smergo Vampiro,
che succhia il sangue e vola sul mare.
Nell’ozio forzato
delle loro enormi gabbie nere, gli usurai si contano e ricontano le penne e se le prestano a interesse.
Il Mississippi con i suoi negri, il Rio delle Amazzoni con i suoi indios. Sembrano i poderosi cerchioni di camion giganteschi.
Ridendo, i bambini gli gettano verdi isolotti vivi, selve dipinte di pappagalli, canoe con i loro equipaggi e altri fiumi.
I grandi fiumi si svegliano,
si svolgono lentamente,
trangugiano tutto, si gonfiano, per poco non scoppiano
e quindi ripiombano nel sonno.
Insegna algebra e inglese.
Oxford.
Svetta
occhietti teneri, alti. Casta, ma fino a un certo punto.
(Ama in silenzio un suo allievo elefante).
Nome comune: giraffa.
con occhi scintillanti e lunga e rigida coda.
Nulla ha potuto deviarli (né preghiere né voti)
da una capanna, da un battello solitario, da una fattoria, da tutte quelle cose necessarie ch’essi distruggono con incoscienza.
Finché questa mattina li hanno portati ben legati, colti di sorpresa, gli innamorati, mentre vagavano pensosi presso un campo di dalle.
(Son quelli là, a sinistra,
addormentati nelle loro casse).
La Fenice.
Quella è la gabbia destinata
alla resurrezione della Fenice.
(A dicembre arriveranno le sue ceneri).
Quella imperiale. L’aquila tra i fichi d’India. Quella bicefala (vero fenomeno) in mia gabbia personale. Quelle da decorazione strappate dal petto dei condannati alla fucilazione.
Quella pecuniaria, doppia, d’oro $ 20 (venti dollari). Quelle araldiche.
E l’aquila prussiana, sempre in nero come una vedova fedele. Quella che ha volato sessant’anni sopra il Maine, all’Avana. Quella yankee, portata dal Vietnam.
Quelle napoleoniche e quelle romane. E l’aquila celestiale, sul cui petto splende Altair. E infine, l’aquila del latte condensato marca "L’aquila". (Un esemplare davvero originale).
Luna
Mammifero metallico. Notturno.
Si vede
che ha il viso mangiato da un acne.
Sputniks e sonetti.
che contempla il tenore.
Va talora in giro per il mondo, sorretto da un filo di seta, applaudito in dollari, inchiostro di tipografia e altre sostanze lucrative. (Qui nello Zoo gli dà noia cantare per mangiare
e non è molto prodigo delle sue arie).
Scala di Milano.
New York Metropolitan.
Opera de Paris.
Gorilla.
Il gorilla è un animale quasi quasi interamente umano. Non ha zampe ma quasi piedi, non ha artigli ma quasi mani. Vi sto parlando appunto del gorilla della selva africana.
L’animale che qui s’ammira, quasi quasi
è interamente un gorilla. Zampe al posto dei piedi e quasi artigli al posto delle mani. Vi sto appunto mostrando il gorilla americano.
L’ha comprato
il nostro agente viaggiatore in una Caserma proprio per il Grande Zoo.
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