Il tempo gli ha dato ragione.
Diciamocelo chiaramente: se prevarranno gli irrazionali modelli di produzione, di distribuzione e di consumo imposti dal capitalismo non si potrà ottenere uno sviluppo sostenibile, non si potranno fermare ne potranno essere reversibili le negative conseguenze del cambiamento climatico, non si assicurerà alle generazioni future la protezione dell'ambiente. La globalizzazione del neoliberismo ha aggravato drammaticamente la crisi.
La soluzione della sfida vitale che oggi minaccia l'umanità non può risiedere nell'impedire lo sviluppo a coloro che più lo necessitano.
Abbiamo responsabilità comuni, ma differenziate. Coloro che hanno accaparato in modo ingiusto ed egoista ricchezze e tecnologie, i responsabili del 76% delle emissini di gas ad effetto serra
accuculate dal 1850, devono assumersi il peso principale di tale sforzo.
I paesi sviluppati devono onorare gli impegni assunti a Kyoto in materia di attenuazione ed mobilitare inoltre risorse aggiuntive per sostenere gli sforzi di adattamento nei paesi del Sud.
Se per esempio gli Stati Uniti reindirizzassero verso l'assistenza ufficiale per lo sviluppo sostenibile una piccola parte del loro bilancio militare per l'anno finanziario 2008, che ammonta
all'astronomica cifra di 696 miliardi di dollari, si potrebbe
ottenere un contributo essenziale a tale sforzo. I paesi dell'Unione
Europea — alcuni dei quali sono classificati tra quelli con un più
elevato bilancio militare al mondo — potrebbero iniziare questo
persorso ed influire sul principale alleato affinchè agisca nella
stessa direzione.
I prezzi dei prodotti alimentari sono insostenibili per un numero crescente di paesi. La fame continua a reclamare vite e la situazione tende ad aggravarsi. La sinistra strategia di trasformare i prodotti alimentari in combustibile, proposta dal Presidente degli Stati Uniti, deve essere combattuta con la forza degli argomenti
scientifici e con l'inoppugnabile evidenza dei dati eloquenti della
vita reale.
Lo sviluppo sostenibile presuppone una rivoluzione nei nostri valori e nel modo di affrontare le disuguaglianze del presente e le sfide del futuro. Bisogna intraprendere una rivoluzione energetica globale che si regga sul risparmio, sulla razionalità e sull'efficienza.
Cuba spera che i membri dell'Unione Europea assumano il proprio dovere. Una condotta responsabile dei suoi membri servirebbe da catalizzatore per l'accettazione, da parte del resto dei paesi sviluppati, dell'impegno a ridurre entro il 2020 le loro emissioni di gas ad effetto serra a non meno di un 40% rispetto ai livelli del 1990.
L'Unione Europea, leader mondiale nella produzione di tecnologie pulite e nelllo sfruttamento di fonti di energia rinnovabili, è in grado di creare un meccanismo per il loro trasferimento, a condizioni assolutamente prreferenziali, verso i paesi dell'America Latina ed i Caraibi e del resto del Terzo Mondo.
Citerò soltanto un esempio: la generosità del popolo e del governo della Repubblica Bolivariana del Venezuela, ed iniziative come
PETROCARIBE e l'ALBA rappresentano un paradigma da imitare da parte
dell'Unione Europea.
Molte grazie.
Pagina inviata da Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba
(19 maggio 2008)