Cuba

Una identità in movimento


Cuba: Métissage Culturale e Identità

Leyda Oquendo Barrios


Introduzione
La dialettica Dominatore-Dominato: il caso degli Afroamericani a Cuba

Cuba è parte di quella che può dirsi Afroamerica, risultato della fusione violenta tra le minoranze europee e le maggioranze autoctone e africane nello spazio del cosiddetto Nuovo Mondo.

Per Afroamerica intendiamo un insieme sistemico complesso,in quanto mescolanza genetica; da un punto di vista culturale, una realtà paradigmatica di elementi interagenti aventi diverse provenienze, la cui variabilità non si coglie facilmente restando nel quadro delle magnitudini massime.

La vicenda storica concreta che ha prodotto l'Afroamerica può essere sostantivata nei termini di Metissage e Multicultura.

Nel processo di mescolanza ha predominato l'inimicizia nel transculturalismo, giacché il dominatore ha violentato il dominato, determinandone la sottomissione.

In Afroamerica le caratteristiche genetiche e culturali si sono sviluppate sotto il controllo del potere del dominatore. La riflessione al rispetto permette di affermare che la contraddizione prodottasi nella dialettica dominatore-dominato in Afroamerica ha condotto a circostanze in cui il transculturalismo configura un Soggetto Collettivo come prodotto della mescolanza.

Apparentemente il Dominato viene assimilato, ha perduto la sua identità, è in potere dell'altro.

Il gruppo dominante ha cercato di cancellare i tratti esterni del dominato, eliminandone lo stereotipo etnico attraverso l'imposizione del modello genetico e culturale europeo (considerato l'obiettivo da raggiungere); l'alienazione economica e psicologica del non-europeo e l'introduzione, nel XIX secolo ed agli inizi del XX, di una forte migrazione bianca in condizioni eccezionalmente favorevoli al fine di rinforzare la sua presenza in America, hanno fatto il resto.

La finalità di queste manipolazioni è stato l'offuscamento della coscienza e dell'intelligenza degli esseri umani risultanti dalla mescolanza, oltre all'interiorizzazione di codici che impediscono loro di apprezzare la propria condizione di meticci. Per questo si sono stabilite, durante il periodo coloniale spagnolo, strutture legali che permettevano anche a questi ultimi di affermarsi come bianchi[1].


Il concetto

Quello di "Métissage culturale" è un concetto del tutto nuovo, e come tale deve essere definito. È necessario, dunque, precisare quali sono i concetti di cultura e di meticciato che lo caratterizzano; la visione filosofica del mondo sulla quale l'analisi si basa; la realtà storica concreta che si cerca di concettualizzare.

Queste sono le prime incognite da risolvere, poiché il termine "cultura" ancora non è (e forse non lo sarà mai) definito nel suo valore.

Partendo dal significato generale di Cultura, che comprende le pratiche sociali e la tecnica allo stesso livello della scienza e dell'arte, è possibile esplorare le tendenze che rilevano come essa sia l'insieme di forme e di risultati della tradizione, l'imitazione e l'apprendimento realizzati da modelli comuni. Questo approccio è globalizzante, ma a mio modo di vedere riesce, al tempo stesso, ad evidenziare ciò che è specifico, senza che in esso vi sia antagonismo tra "generale" e "particolare", producendo così uno sviluppo.

Meticciato é mescolanza, unione di fattori che producono una nuova entità. Essa fa riferimento all'intromissione di nuovi fattori, diversi dagli originari dell' essere genetico iniziale e la cui nascita fu data da elementi simili che si sono riprodotti in una continuità d'illusoria purezza costitutiva. È molto difficile definire il "métissage" senza utilizzare la parola razza. Invece, orientando la riflessione in questo senso, il termine "métissage" risulta l'unico valido relativamente ai contenuti utili alla descrizione della storia dell'evoluzione umana, giacché non vi sono dubbi che questa sia stata costituita dagli infiniti incroci.

Quando si usa la formulazione terminologica "Métissage Culturale", si stanno dunque utilizzando valori concettuali che sono puramente naturali, contenuti nel termine "Métissage", visto che non corrispondono a codici dove predominano la volontà e l'azione umana.

Il "métissage" è retto dalle leggi naturali relativamente conosciute e controllate dal sapere umano. Quando è presente l'altro componente del binomio, ossia il termine Cultura, il riferimento al contenuto è presente proprio al piano particolare del concetto di Cultura; esso fa riferimento, infatti, al risultato dell'azione della volontà umana su se stessa e sull'ambiente nel quale opera. Ovviamente, l'indipendenza della natura è relativa, ma il fatto culturale assunto nella dimensione di riferimento si allontana dal semplicemente naturale. Lì si configura l'impostazione della Cultura come risultato di generazioni che in realtà hanno interagito con il loro mezzo ecologico, lo hanno trasformato e che, a loro volta, sono state trasformate da esso.

Il termine "Métissage Culturale" è complesso e valido soprattutto perché risponde alla nostra necessità di vederci come un insieme di esseri, di fatti e di ambienti transculturalizzati e transculturalizzanti, nonostante i diversi livelli di sviluppo. È un indicatore del raggiungimento della nostra miscigenazione tecnologica; non é un'accezione genetica, né un termine rigido; casomai è l'evidenza del processo ascendente di cui l'Umanità è protagonista.

Ci sono molteplici forme di "Métissage Culturale", ed è urgente e interessante scoprire gli elementi che configurano le costanti che descrivono la sua essenza, nonostante le innumerevoli forme con le quali si esprime il fenomeno in questione. La ricerca delle regolarità è la sfida per dare validità a questo concetto vincolante e difensivo contro la barbarie, insufficiente (ma repressiva) forza che amalgama il primitivismo razzista etnocentrico, che sta assumendo le peggiori manifestazioni nello spazio attuale in tutti i continenti, classi e strati sociali del mondo.

Il "métissage" culturale, nella visione filosofica del mondo delle masse oppresse — delle quali ho l'onore di essere parte e portavoce — è simile a un detonatore: una forza ed una ragione per causare esplosioni d'amore e di comprensione. Perché è provato che siamo "tutti mescolati", come ha detto Nicolás Guillén, poeta meticcio cubano che fu capace d'armonizzare la parola affinché la lingua del dominatore servisse al dominato(ta) per denunciare e per fare giustizia; affinché finalmente la cultura meticcia cubana avesse uno spazio nella storia con la stessa dignità di qualunque altra nazione.

Il presente del mondo difficilmente si può descrivere senza fare riferimento agli innumerevoli e permanenti scambi genetici e culturali, per la fortuna — secondo i genetisti — della viabilità delle speci.

È possibile la purezza relativa nei "confini" della Civilizzazione Occidentale, nelle cosiddette periferie della Periferia[2], nelle zone più isolate dell'Asia, dell'Africa e dell'America Latina, ma naturalmente la relatività del fatto è definitivamente probabile. Invece, bisognerebbe valutare lo scambio biologico stabile e normale tra le zone migratorie Sud-Nord con arrivi che producono una continuità incontrollabile, forza di lavoro proveniente dal Sud impoverito.


America e Cuba

Il Capitalismo è stato l'acceleratore del "métissage", particolarmente in America, primo scenario della mescolanza, dopo il 1492.

Qui il genere maschile è riconosciuto protagonista assoluto delle violenze e delle depredazioni nei confronti delle donne indigene e africane. Non sono state le donne europee ad accompagnare e a costruire le truppe di Pizarro, Cortés, Velázquez, Almagro, Jacques de Sores, Lord Albermarle, Henry Morgan e tanti altri "benemeriti" delle barbarie coloniali ed europee.

Le terre del Nuovo Mondo sono lo scenario esatto dell'episodio più dinamico del metissage, ma senza dubbio non fu questo l'unico. Le popolazioni, nel loro lungo tragitto evolutivo, hanno sempre interagito. Questo fatto non è né sconosciuto, né sorprendente; l'impronta storica, infatti, lo afferma in evidenti identità somatiche e culturali.

Il "métissage" dell'America è stato però il più drammatico ed il più scandaloso, per le sue dimensioni molteplici (gli indios, gli africani) e la sua rapidità.

La storia del "métissage" in America nel lasso di tempo 1492-1997, è un mare di lacrime, di odio e d' amore, forse il più profondo dell'Umanità. Tragedie, passioni, angosce ed eventi che devono essere visti alla luce della giustizia che richiama il vero Nuovo Mondo che sta alla porte del III Millennio. Soltanto l'obiettività nella riflessione darà risultati nella lotta contro il razzismo: perciò, affermare e dimostrare che oggi "Métissage" e Umanità sono delle identità è un richiamo scientifico inevitabile.

Possiamo cominciare dai Caraibi, da Cuba e dal suo meticciato genetico e culturale, di semplice evidenza biologica, artistica, estetica e perfino etica. La nazionalità cubana è evidentemente potente per diverse ragioni:

  1. Molteplicità e vigore dei componenti.
  2. Storicità recente.
  3. Ambiente ecologico.
  4. Situazione geografica.

Nel primo caso l'integrazione genetico-culturale, vista a grandi linee, ha quattro sostanziali componenti:

  • Gli abitanti autoctoni, erroneamente chiamati indiani.
  • Gli europei, prevalentemente spagnoli.
  • Gli africani, prevalentemente bantú e yorubá
  • Gli asiatici, prevalentemente cinesi.

Gli indigeni e gli asiatici integrano il "métissage" cubano in un rango quantitativo minore; gli europei e, in particolar modo, gli africani, sono maggiormente chiamati in causa.

Vi è un gran numero di europei, rappresentati da russi, svedesi, olandesi, greci, tedeschi, francesi, inglesi, e naturalmente italiani. Del continente africano, non solo si trovano manifestazioni del Sud del Sahara, ma gli arabi e gli ebrei si coniugano in questo magma che fu la colonizzazione spagnola nelle sue differenti tappe. Cinesi, filippini e coreani arrivarono a Cuba a centinaia a partire dal 1847, quasi in condizioni di schiavitù, fino alla fine del XIX secolo. Le quattro componenti che sono state brevemente indicate integrano la relazione Dominazione-Dipendenza che comporta la miscela nella quale alcune culture "spariranno" ed altre resteranno subordinate ai dettami della metropoli coloniale. Nel caso cubano, come succede molte volte, si "trasculturalizzeranno" tratti degli uni e degli altri, causando il parto culturale di un'identità nazionale che raggiunge la sua indipendenza e assume la propria vita come soggetto storico. Per questo Cuba non è né bianca né nera... né cinese, né indigena: Cuba è tutto ciò.

Sono molteplici i tipi genetici che offre l'Isola. È un caleidoscopio dove ci sono uomini e donne "così chiari che sembrano bianchi e così scuri che sembrano neri", come espresse più di 50 anni fa Don Fernando Ortiz, saggio scopritore del "métissage" cubano e creatore del concetto Transculturazione.

A Cuba è possibile vedere visi quasi europei o quasi negroidi che appartengono a individui di condizione meticcia. Se facciamo un'indagine sulle due o tre generazioni precedenti, si può perfettamente provare la presenza di un 'antenato meticcio o negro nei primi, e di un bianco o meticcio nei secondi.

Tenendo in conto questa contingenza visibile o nascosta del "métissage" genetico, è conveniente affermare quale natura ebbero le migrazioni, ed assumere la certezza che in America arrivarono in tutti i casi i portatori dei geni più potenti. Ci fu una selezione dei più resistenti, capaci, vigorosi. Ma i punti di partenza degli oppressori e degli oppressi relativi alla condizione umana erano differenti. La stirpe di "scopritori" e "colonizzatori" fu maggiormente carceraria e marginale, rispetto a quella degli "scoperti", "catturati", e "schiavizzati". Dall'Africa furono trapiantati soprattutto i giovani, anche bambini e bambine in quantità che raddoppiavano ampiamente la popolazione colonizzatrice, che fu in genere adulta maschile.

Cuba, secondo i pochi censimenti rivelati all'epoca, non fu un'eccezione.


Gli africani

L' elemento da considerare nel caso della componente genetico-culturale africana, sono le condizioni migratorie che costituiscono un destino di TAMIS SELECTOR, giacché aldilà dell' essere catturati, gli africani venivano fatti trasferire — nella maggioranza dei casi — attraverso grandi distanze percorse a piedi, in circostanze di cattività in cui la violenza era sia fisica che psichica. In questo tragitto la morte faceva presa sui più deboli. All'arrivo sulle coste — secondo passo del processo di sradicamento — erano rinchiusi in gabbie; ammucchiati come oggetti, potevano passare settimane, talvolta mesi, prima che venissero "ingoiati" dalle navi negriere. Questo terzo passo della migrazione forzata dall'Africa all'America durava mesi: sono indescrivibili le pene che soffrirono quei milioni di esseri umani imprigionati nelle imbarcazioni. Sopravvissero soltanto quelli che avevano una forma fisica e psichica colossale; perciò non è eccessivo affermare che l'"aristocrazia" genetica del "métissage", a Cuba e in America, l'abbiano portata gli africani e le africane giunti a quelle coste, come viene evidenziato dalla capacità di stabilire fermamente i tratti della loro cultura nell'identità cubana.

Il fluire degli elementi culturali di diverse origini che scorrono a Cuba, in alcuni casi in modo violento, costituiscono anche le caratteristiche di un'identità fondata sulla contraddizione, lo scontro, la violenza,... il "métissage", essenza dell'identità cubana — in questa variante particolare retta dalla coniugazione spagnola ed africana —. Il contenuto del meticciato, nella sua dinamica esistenziale, è il processo di transculturazione effettuato nelle viscere della società e degli esseri che si coniugarono nell'Isola a partire dal 1511. Le strutture oppressive coloniali contribuirono ad inquadrare gli alvei per dove è passato l'apporto africano a Cuba, sono state principalmente:

  • "El barracón".
  • "Los Cabildos de Nación".

Il "barracón" univa in condizioni carcerarie gli schiavi delle piantagioni che provenivano da etnie africane diverse e che nemmeno condividevano una lingua. A Cuba, la loro normale speranza di vita — qualsiasi età avessero — non superava i sette anni. La diversità etnica che ha caratterizzato il "barracón" fu vinta, e lì si purificò parte di ciò che l'Africa apporta — come insieme — alla cultura cubana. Il "barracón", dalla sua creazione, è uno dei gradini del processo di "métissage" culturale.

Questa istituzione fu lo scenario della trasculturazione anche per i "Coolies" cinesi, lavoratori contrattati che, a metà dello scorso secolo, ebbero la stessa sorte degli schiavi e delle schiave africane; Nel "barracón" la congiunzione permise il sincretismo religioso tra coloro che portavano le loro tradizioni come unico patrimonio: nel "barracón" si scambiarono miti, leggende, ricordi, salmi, pasti, guarigioni; e mentre da una parte il mondo degli esseri individuali si disfaceva, dall'altra si realizzava la transculturazione. Così il "métissage" cubano si arricchiva di un nuovo componente. E come risultato della crisi, la cosmogonia e la visione del mondo raggiungevano un segno particolare, contribuendo alla nascita di un Soggetto Collettivo con identità propria.

"Los Cabildos de Nación", o di negri, costituiti secondo la tradizione dell'Andalusia dei secoli XIII e XIV, costituirono istituzioni nelle quali si effettuò un'accurata tesaurizzazione di tradizioni ataviche africane. Durante il periodo schiavista, e dopo essersi convertiti in Società di Protezione e Ricreazione, queste istituzioni trasmisero, generazione dopo generazione, l'identità a chi era stato colpito dallo sradicamento. Un complesso culturale di codici portò anche ad una intratransculturazione endoafricana, nella quale le culture più potenti come la "yoruba", "conga", "carabalí" e "arará" assimilarono gli altri gruppi dei quali si nutrì definitivamente il risultato del processo: l'identità culturale cubana, prodotto del "sincretismo" afro-spagnolo.

La relazione "transculturale" nei "Cabildos" dei Negri è meno violenta che nei "barracones". In genere i Cabildos erano costituiti da negri e negre libere, che per diverse forme riuscivano a comprare la libertà d'altri. Avevano relazioni di subordinazione con i corpi repressivi coloniali, i quali dovevano avere un rappresentante o uno scrivano per dare fede di ciò che lì succedeva (generalmente sempre quello che le autorità credevano conveniente). La cultura africana fu prima mantenuta e protetta nei "Cabildos de Nación", dove si integravano, secondo le diverse provenienze etniche o "nazioni", ad esempio, i "Carabalí Bibí", "Carabalí Isuana", "Congo", "Mosongo", "Lucumí", "Arará".

Appena si permise l'entrata ai negri creoli, i "cabildos" cominciarono a denominarsi "Cabildos" di Negri; così la "transculturazione" si accentuò ma, senza dubbio, avveniva nell'ottica delle culture tradizionali africane, anche già coniugate, dando caratteristiche culturali particolari alla presenza negra, meticciata geneticamente già da molto tempo.

Il "cabildo" fu esecutore testamentario di riti, miti e magia delle religioni che avevano dato luogo ad una nuova e particolare manifestazione dell'identità cubana: Il Complesso della "Santería", integrato dalla "Regla de Ocha" o "Santería" propriamente; la "Regla de Palo"; il "Vodú cubano"; lo "Spiritismo cubano" e il "Ñañiguismo". Queste proiezioni religiose hanno un cerimoniale che è proprio, evidentemente d'origine africana — con diversa intensità —. Si conservano le lingue rituali, la liturgia, le bibite, i cibi, il vestiario, la musica, gli attributi di potere, la visione filosofica del mondo. Tutto questo, che si realizzava segretamente nei "cabildos", e nei "barracones", si rende parzialmente pubblico nelle comparse che si realizzavano nelle città. Così la cultura dominata mostra le sue caratteristiche e la sua efficacia.

Nonostante i "cabildos" fossero urbani e i "barracones" fossero rurali, entrambe le entità assolsero compiti simili nella realizzazione del "métissage" culturale.

Al di fuori dell'ambito repressivo della società schiavista del secolo scorso, a Cuba, al margine di essa e parallelamente, c'erano i "palenques", villaggi liberi che sfidavano e aggredivano il sistema. In essi si riunivano gli schiavi e le schiave fuggiti dalle tenute e dalle città in comunità relativamente "stabili"; le montagne, gli stagni, i luoghi di difficile accesso erano i rifugi preferiti da questi ribelli che si denominavano "cimarrones".

L'economia dei "palenques" era di sussistenza, ma continuava una comunicazione con la società ufficiale attraverso gli scambi clandestini, in modo che si realizzasse una "transculturazione" comunitaria. Questi rifugi di libertà accoglievano tutti i fuggitivi senza che importasse la provenienza etnica, e in essi l'esercizio dell'uguaglianza era garanzia di forza. Nemmeno la donna fu discriminata, e per questo molte di loro occuparono importanti posti di comando.

I cinesi e i bianchi dissidenti del sistema schiavista trovavano, in quei territori liberi, protezione e aiuto; in questo modo quei villaggi di libertà che la geografia storica può trovare nella mappa dell'Isola ed in America, costituivano una fucina del "métissage " culturale.


Lo spagnolo

Lo spagnolo gioca decisivamente la condizione di vettore ufficiale predominante nel "métissage" cubano; quantitativamente non fu la popolazione maggioritaria, ma fu la portatrice del potere e del governo. Per questo impose la sua cultura, in tutti i sensi, con carattere obbligatorio.

A Cuba la vita materiale e quella spirituale durante il periodo coloniale — anche adesso, ma in modo minore — è immersa apparentemente nello spagnolo; la nazione cubana è membro di un'area denominata Ispanoamerica. Per questo fatto la lingua, la religione, l'etica, l'estetica sono rette dalla cosiddetta cultura occidentale, e Cuba rientra anche nella sfera eurocentrica, poiché risponde a certe questioni essenziali che l'identificano con questa tendenza. E non potrebbe essere diversamente visto che Cuba, per quattro secoli, è stata governata dagli spagnoli, che hanno imposto la loro lingua ufficiale, la loro religione cattolica, il loro modo d'agire e di percepire il "métissage". Ma anche la lingua e la religione sono state condizionate dalla presenza massiccia dell'Africa nel patrimonio genetico e culturale. Un esempio che illustra questa realtà è rappresentato dallo spagnolo che si parla a Cuba, che marcato dalla tonalità delle lingue africane, assume un timbro, un ritmo e una sonorità diverse. Per questo motivo è una variante dello spagnolo diverso da quello parlato nella penisola che ha, anche, dei contenuti che non riguardano ciò che tradizionalmente corrisponde allo spagnolo classico.


Conclusioni

Contribuire ad illuminare il tragitto nel quale tutti siamo compromessi come prodotti del "métissage", è un modo d'assumere la linea d'azione dell' insieme. Si tratta, quindi, di praticare la forza della MOLTITUDINE, della maggioranza indiscutibile rappresentata dalle masse popolari, nelle quali si devono introdurre ciò che si possono denominare "ORALIDAD INTENCIONADA", messaggi che arrivino in tutti i sistemi di segnali e lingue, simboli e suoni d' AMORE e IDENTITÀ di popoli devono essere necessariamente plasmati da artisti, scrittori e scienziati; in generale, uomini e donne portatrici di SPERANZA, che come esercizio di coscienza stabiliscano l'azione della conoscenza.

Reti di ragione fermamente concatenate non richiederebbero grandi risorse monetarie individuali, ma sarebbero delle entità multimiliardarie se le centinaia di milioni d'interessati e interessate fossero coscienti della loro forza quantitativa, e qualificassero il loro intelletto per dare e ricevere i messaggi chiarificatori della nostra vera condizione di meticci e meticcie culturali, in tutti i sensi.

È comprensibile, del resto, che esistano difensori a oltranza rispetto alla condizione "razziale negra" e che lottino per rivendicare la giustizia, che si sforzino perché sia saldato il debito del mondo occidentale capitalista con l'Africa, e che per questo siano portatori d'un profondo rifiuto al riconoscimento del "METISSAGE". Quelli che integrano questa proiezione vedono in questo termine una perdita dei valori giusti, un tradimento delle radici e degli antenati africani. L'amore per l'Africa e la buona fede non permettono loro di vedere il rispetto assoluto che si assume analizzando l'apporto di quel continente e delle sue culture al "metissage", e la manifestazione esemplare di forza, bontà, dignità, bellezza e spiritualità — per enumerare solo alcuni contributi — che gli africani, le africane e i loro antenati, hanno dato alla mescolanza in secoli di resistenza e ribellione.

"Palenques", "quilombos", "manieles", "mocambos", popolano l'America in una geografia storica non sufficientemente studiata, ma presente, nonostante la sua presunta invisibilità. In questi luoghi si produsse un intenso "métissage" culturale, e ciò è parte dell'Afroamerica.

Bisogna dire che questi esempi confermano la verità storica e presente del conseguimento del "METISSAGE CULTURALE"; sono parte del "cimarronaje" (N.D.T.: fenomeno degli schiavi in fuga) e della tradizione di ribellione dell'America. Inoltre, bisogna riconoscere che numerosi gruppi, se non la maggioranza dell'Umanità, hanno disconosciuto e disconoscono tuttora la propria condizione di meticci, ed ancora si applicano canoni discriminativi allargando differenze di stereotipi etnici tra i bianchi e i negri, terminologia che è applicata in modo semplicistico e perfino ingenuo, dando una connotazione definitivamente falsa alle tonalità della pelle umana, che non sono nè negre nè bianche, nè gialle nè rosse. Quella inconsistenza di percezione ha aiutato a giudicare equivocamente la condizione dei bianchi e dei negri; ciò ha delle conseguenze drammatiche che vanno dall'assassinio alle castrazioni, agli abusi sessuali, ecc. dove si utilizzano contenuti di terribile intolleranza verso i negri.

Questo tipo di alienazione ha implicato terrore e morte particolarmente negli Stati Uniti; a Cuba nel 1912 forze armate uccisero negri e negre di tutte le età, e questa fu un'abominevole esperienza che si ripeté nel 1812 e nel 1844, a causa del colonialismo.

Il "Métissage Culturale" cubano è nell'identità del Soggetto Collettivo che assume e sviluppa la sua manifestazione nazionale. Il fatto culturale ha la storicità d'appena cinque secoli, ma allo stesso tempo è il prodotto solido di quella evoluzione che riconosce ciò che deve ad alcuni ed ad altri. La cultura spagnola conforma la sua ingente presenza nell'accadere giornaliero. Si parla e si pensa in spagnolo, si apprezza l'inerente al paese gestore del disegno ufficiale della cultura che nemmeno un secolo fa era imposta dalla metropoli. Cuba, nel 1898, smise di essere colonia della Spagna, ma i nessi non si sono rotti. Essi hanno ancora la carica di dolore di 30 anni di guerra, ma anche d'amore sviscerato alle tradizioni, alla cultura valorosa del popolo spagnolo che ha anche tanto sofferto. Su questo popolo non si può caricare la responsabilità della cupola del potere che manipolò a suo favore il peggio dei difetti che le corrispondevano. La meticcia Cuba gode oggi dei modelli radicali del popolo che fu capace di realizzare El Escorial e di resistere gli invasori arabi, e francesi, ...ecc. L'architettura cubana tradizionale è l'emblema di quella realtà chiusa e della testardaggine creola di non lasciarsi vincere dalle scarsità, dalle intolleranze o dagli embarghi; è anche un'espressione di quella Spagna antica, scenario del "métissage" afroibero molto prima dello scontro colonialista nelle nostre terre insulari.

La mescolanza, il "métissage" culturale, afroiberico si rafforza a Cuba; più di quattro secoli di contatto tra le une e le altre culture fa sì che il caleidoscopio culturale spagnolo che arriva a Cuba — portatore d'una buona percentuale di cultura africana — assimili ed aumenti questo fattore fino al coniugarsi con la multiculturalità africana nell'Isola.

È innegabile che l'africanità spagnola rimanga potenziata nel "métissage" culturale che si realizza a Cuba. Questa evidente realtà è ancora tiepidamente ammessa — non per mancanza di fede — a causa del persistente eurocentrismo.







    Nota

    1. A partire del secolo XIX si includono tra i componenti del gruppo dominato contingenti di asiatici e di mediorientali. La riflessione sul transculturalismo nel continente americano evidenzia che la fase attuale dell'entità prodotta dalla mescolanza è ancora incerta, qualcosa di genetico e di culturale in evoluzione. Ma può diventare un nuovo soggetto collettivo, dotato di una individualità poli-sistemica con potente vocazione universale.

    2. Si tratta dell'applicazione della teoria Centro-Periferia dove i paesi economicamente sviluppati rappresentano il Centro e i sottosviluppati la Periferia.





Traduzione di Nuria Trinidad


Cuba. Una identità in movimento

Webmaster: Carlo NobiliAntropologo americanista, Roma, Italia

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