Il fenomeno della schiavitù, che ancora non è stato studiato in tutte le sue sfaccettature, ebbe a Puerto Príncipe — oggi Camagüey — caratteristiche speciali, perché questa zona era soprattutto dedicata all'allevamento del bestiame e, nella storiografia, Nuevitas è considerata una dipendenza territoriale nella quale proliferarono le fabbriche di zucchero e che ebbe una caratteristica particolare: fu lì che nel XIX secolo iniziò l'affitto degli schiavi. la loro presenza riguardava tutte le attività, dalla produzione di manufatti, al lavoro nel porto o nel commercio minorista, come testimoniano i documenti dell'epoca.
A Nuevitas, alla metà del XIX secolo, con un considerevole numero di fabbriche di zucchero, appena il venti per cento dei negri e dei mulatti erano liberi, mentre nel resto dell'Isola la loro percentuale era maggiore.
Nela città molte famiglie con entrate appena sufficienti o al bordo della povertà, le vedove, i soldati e alcuni lavoratori che disponevano di uno o due schiavi solamente, con poche possibilità di sfruttarli economicamente, trasformarono il loro affitto in una rendita stabile.
La prima metà del decennio dei quaranta dello stesso secolo XIX, molto attiva nella zona per la costruzione della ferrovia da
Camagüey a Nuevitas, diede la possibilità a molti proprietari di schiavi di affittarli per realizzare il gigantesco movimento di terra per far giungere le rotaie sino alla prima stazione, inaugurata nel gennaio del 1846.
Esistono notizie relazionate alla fuga di schiavi a Nuevitas,
sula loro abilità per fuggire dall'orribile sistema di proprietà degli uomini negri, come mercanzie da lavoro che creavano valori che anadavano al disopra delle possibilità reali che consideravano i loro proprietari, pubblicate nella stampa dell'epoca.
Restano molte tristi storie della tratta negriera a Cuba, della sottomissione a cui erano sottoposte qulle persone negre o mulatte, portate dall'Africa come animali e affittate come qualsiasi oggetto lontano dalla condizione umana...
Scrive Nicolás Guillen nel suo bellissimo “Diario que a Diario" (Il giornale che ogni giorno):