La guerra dei simboli
Joel Mayor Lorán
Nell'America palpita ancora una Rivoluzione. Per questo motivo si accaniscono contro un paese che non ammaina le sue bandiere. Procurano di spogliare Martí dalle sue qualità come essere umano eccezionale, di spegnere la figura del Che, di screditare Fidel, di farci revisionare le nostre convinzioni. Eliades Acosta, scrittore, saggista e capo del Dipartimento della Cultura del Comitato Centrale del Partito condivide le sue opinioni su questa strategia.
Che armi utilizzerà Cuba nella difesa di simboli come Martí?
Non rinuncia alle armi e alle sue scariche letali, ma l'impero sa che distruggere i simboli può essere la chiave del successo. Circa 20 anni fa hanno proclamato: la storia non vale, gli eroi non sono che uomini. E l'Occidente ha vinto la Guerra Fredda. Sono cadute le statue di Lenin e con queste il Socialismo nell'Europa Orientale.
La nuova strategia consiste nello smontare gli elementi che integrano l'opera e la base storica della Rivoluzione cubana, afferma Eliades Acosta.
- Il piano di smontare i simboli ha avuto effetto nell'Unione Sovietica alla fine degli '80 e inizio dei '90. Forse c'è un nuovo tentativo adesso contro Cuba?
"L'hanno tentato sempre e continueranno a farlo. Dopo l'11 settembre, Gianni Vattimo, grande filosofo italiano della postmodernità, ha commentato: 'Questa guerra sarà terribile', perché non solo è militare e culturale, ancora peggio... è simbolica".
"Le Torri Gemelle non erano un obiettivo militare, ma simbolico. Rappresentavano la prosperità di un sistema globale che si credeva eterno. L'immagine delle torri cadendo porta con se un messaggio sulla vulnerabilità del sistema che è stato fabbricato o approfittato per giustificare un gran programma di investimento contro le ultime barriere della resistenza allo straripamento dell'imperialismo americano".
Il Monte delle Bandiere dimostra che con spiritualità e cultura si può vincere una provocazione del paese più ricco. E nella guerra contro la Rivoluzione cubana, il Socialismo e la nostra nazione, il simbolo ha avuto sempre uno spazio".
Forse il climax di questo scontro stia davanti all'Ufficio di Interessi degli Stati Uniti. Si rivolgono alla tecnologia digitale per tentar di influire sull'opinione pubblica, con un murale elettronico per il quale inviano i suoi messaggi".
"Ma questa risorsa è stata sconfitta anche utilizzando simboli. Il Monte delle Bandiere dimostra che una nazione piccola, con spiritualità e cultura può vincere uno sfoggio tecnologico del paese più ricco della Terra".
"Si rivolgono alla letteratura e alla musica. Utilizzano qualsiasi arma. Sono consapevoli che sul terreno dei simboli, della cultura, delle idee è dove alla fine si dirimerà la battaglia".
- Con questa intenzione si rivolgono ad articoli pubblicati su blogs come quello del libello di Miami El Nuevo Herald.
Nel panorama inquinato della politica di Miami, questi quotidiani digitali pretendono di presentarsi come moderati. Ma tra di loro ci sono redattori dei quali è stato dimostrato che ricevevano pagamenti dal Governo".
"Realizzano un lavoro sistematico di sondare i limiti per conoscere quanto consenso c'è tra i suoi lettori a Miami e nel mondo, su temi come la vigenza o meno di Jose Martí, l'eccellenza o meno della musica cubana, l'importanza o meno del Che, la rilevanza di Silvio Rodriguez, l'intransigenza di Maceo, l'importanza della Protesta di Baragua".
"Fanno una rilettura delle certezze che condividono i cubani dell'arcipelago con l'intenzione di demolire le basi della nostra cultura. È la funzione che compiono. Per questo fanno finta di riconoscre piccoli meriti della Cuba rivoluzionaria, tanto evidenti che non li possono negare, ma si percepisce il rifiuto al modo in cui siamo organizzati".
"Solitamente non criticano le organizzazioni dell'esilio che hanno un atteggiamento anticubano o immorale, come la cosiddetta Fondazione Nazionale Cubano-Americana. Non affrontano il sistema nel più profondo che è la congiura di quell'esilio apolide con l'imperialismo nordamericano. Quindi, sono screditati come obiettivi moderati".
- Pubblicano anche libri con simile finalità.
"Nella loro brama di smontare gli elementi che integrano l'opera e la base storica della nazione, alcuni criticano le trasformazioni rivoluzionarie, le missioni internazionalistiche, la Rivoluzione Energetica. Altri si accaniscono con il passato".
"Ogni tanto pubblicano libri che tentano di cambiare l'immagine che abbiamo imparato da bambini a scuola sia sulla Repubblica che sulle guerre d'indipendenza. Adesso si sta scrivendo una specie di romanzo biografico su Fulgencio Batista".
"Un altro volume tenta di smentire la nostra versione sull'assalto al Moncada. È stato appena pubblicato un libro di Storia di Cuba con due flagranti menzogne: che a conseguenza dell'accaduto a Santiago è stato ritirato dalla sua carica il generale Shafter e che poi i nordamericani hanno organizzato una cerimonia di soddisfazione a Calixto García in quella città".
"Le due affermazioni sono assolutramente false come si dimostra nei documenti di Shafter che possiede la Biblioteca Nazionale, provenienti dall'Università di Stanford, in California. Nelle lettere al generale Alger, secretario della guerra, si può vedere che l'accaduto con Calixto García è stato l'adempimento di una politica tracciata a Washington".
- Forse potrebbero obiettare che non si tratta di una strategia, ma di un fenomeno spontaneo, di coincidenze?
"Esiste un modo semplice di rendersi conto che non è così: la strana sincronizzazione nei temi, approcci, concetti, a volte addirittura nelle parole che si ultilizzano. Questo denota un'origine comune. Questa strana unanimità di coloro che scrivono da diversi punti del pianeta, in nessun modo può essere spontanea".
"Subito persone che vivono in Spagna e a Miami, o in Svezia hanno l'idea di abbordare lo stesso fatto e addirittura utilizzano simili qualificativi. Certamente c'è chi possiede la sua agenda particolare, ma in generale sono persone ben stipendiate. Alcuni ricevono l'ordine di scrivere su un tema, con altri il suggerimento è più sottile".
- Quali armi utilizzerà Cuba per difendere simboli come Martí?
"La predica contro il Maestro ha provocato che ci uniamo in più. Adesso la prima cosa è lottare per la Rivoluzione, che ha permesso di percepire Martí nella sua grandezza. Per mantenerlo vivo dobbiamo difendere la Rivoluzione, perché Fidel, la Rivoluzione e Martí sono uno".
"Molti si sommano alla convocazione. Già è stato digitalizzato il quotidiano Patria, il Centro di Studi Martiani ha la sua pagina web, sono stati creati blogs... Visto che vogliono seppellire l'Apostolo, lo dobbiamo promuovere più che mai".
"In questo mondo di disuguaglianze e ingiustizie, la sua opera mantiene vigenza, soprattutto con i cambiamenti nell'America Latina. Ai seppellitori succederà come quel verso: 'I morti che voi uccidete, godono di buona salute'. Non solo è vivo, ma come Fidel, è a capo il suo popolo lottando".
Traduzione di Gioia Minuti
Pagina inviata da Gioia Minuti
(11 gennaio 2008)