Cuba

Una identità in movimento


Cuba e la retorica dei diritti umani

Salim Lamrani


Una constatazione iniziale

In Occidente, il nome di Cuba viene associato inevitabilmente alla problematica dei diritti umani. A questo proposito, i mezzi di comunicazione europei e statunitensi stigmatizzano in modo reiterato la Isla. Nessun altro paese del continente americano viene additato come la patria di José Martí, che ha una portata mediatica sproporzionata rispetto alle sue dimensioni. Infatti, quando si tratta di Cuba, episodi che in qualsiasi altro paese dell'America Latina o del mondo non avrebbero avuto spazio sulla stampa, vengono diffusi immediatamente, a livello internazionale.

In questo modo il suicidio, nel febbraio del 2010, di Orlando Zapata Tamayo, un detenuto cubano condannato per reati comuni è stato fatto circolare sulle testate internazionali molto più della scoperta, nel gennaio del 2010, di una fossa comune con 2000 cadaveri di sindacalisti e militanti dei diritti umani assassinati dall'esercito colombiano. Le manifestazioni degli oppositori cubani appaiono regolarmente nella stampa occidentale che, allo stesso tempo, censura gli atti criminali — oltre 500 casi tra omicidi e sparizioni! — commesse dapprima dalla Giunta Militare di Roberto Micheletti e in seguito da Porfirio Lobo, attuale Presidente dell'Honduras, dopo il colpo di Stato del giugno 2009 contro il presidente democraticamente eletto, José Manuel Zelaya[1].

Ufficialmente, gli Stati Uniti giustificano l'imposizione delle sanzioni economiche — sono in vigore dal luglio del 1960 e danneggiano tutti i settori della società cubana, soprattutto quelle più vulnerabili — a causa della violazione dei diritti umani. Dal 1960 al 1991, Washington ha affermato che l'alleanza con l'Unione Sovietica era la ragione dell'ostilità verso Cuba. Con il fallimento del blocco dell'Est, le differenti amministrazioni, da Georges H. W. Bush fino a Barack Obama, hanno usato la retorica dei diritti umani per spiegare l'anacronistico stato di fatto, che lungi dal danneggiare i dirigenti del paese, al contrario fa pagare il prezzo delle divergenze politiche tra le due nazioni, agli anziani, alle donne e ai bambini[2].

Per la stessa ragione, sin dal 1996 l'Unione Europea impone una Posizione Comune — unica la mondo! — al Governo cubano che limita gli interscambi bilaterali. Queste posizioni costituiscono il cardine della politica estera di Bruxelles nei confronti di L'Avana e rappresenta l'ostacolo principale per la normalizzazione delle relazioni bilaterali. E sempre per la stessa ragione, tra il 2003 e il 2008, l'Unione Europea ha imposto a Cuba anche sanzioni politiche, diplomatiche e culturali, almeno a livello ufficiale[3].


Una stigmatizzazione legittima?

Non si tratta di affermare che Cuba sia un paese irreprensibile riguardo alla questione dei diritti umani e che lì non venga commessa nessuna violazione. Cuba è lontana dall'essere una società perfetta e anche lì alcuni diritti fondamentali non vengono rispettati.

Nonostante ciò, bisogna chiedersi il perché di una tale stigmatizzazione da parte dei mezzi di comunicazione occidentali, statunitensi ed europei. Forse Cuba presenta una situazione speciale riguardo ai diritti umani? Sarà peggiore rispetto al resto del continente? Washington e Bruxelles sono seriamente preoccupati per questo? Hanno forse l'autorità morale per erigersi a giudici?

Per rispondere a queste domande, ci viene in aiuto l'interessante relazione del 2010 di Amnesty International. In questo articolo, dieci paesi, di cui cinque del continente americano — Canada, Stati Uniti, Messico, Brasile, Colombia — e cinque dell'Unione Europea — Francia, Germania, Regno Unito, Spagna e Repubblica Ceca (leader del fronte delle nazioni che si oppongono alla normalizzazione delle relazione con Cuba) — verranno sottoposti ad una analisi comparativa[4].


I diritti umani a Cuba

Secondo Amnesty International, a Cuba esistono "severe restrizioni sui diritti civili e politici". AI parla di "detenuti per reati di opinione [incarcerati solo per il fatto di esercitare, in modo pacifico, il proprio diritto alla libertà di espressione]"[5]. In una dichiarazione del 18 marzo del 2008, nonostante tutto, Amnesty International riconosce che quelle persone erano state condannate "per aver ricevuto denaro o materiale dal Governo statunitense con il fine di realizzare attività che le autorità cubane considerano sovversive e pericolose" , un reato penale sia a Cuba che in qualsiasi paese del mondo[6].

Inoltre, l'Organizzazione internazionale afferma che "vari [oppositori] hanno dichiarato di essere stati colpiti durante l'arresto". Secondo Amnesty International, ancora oggi a Cuba avvengono delle gravi restrizioni alla libertà di espressione, poiché "tutti i grandi mezzi di comunicazione e Internet sono sotto il controllo dello Stato". Da quanto denunciano, i siti degli oppositori vengono bloccati dal Governo cubano e possono essere consultati solo all'estero. Alcuni dissidenti sono arrestati e poi liberati. Amnesty International denuncia anche le manovre di intimidazione subite. Inoltre, "le restrizioni al diritto di circolare liberamente hanno impedito ai giornalisti, ai difensori dei diritti umani e ai militanti di portare a termine le attività legittime e pacifiche". Così, l'oppositrice Yoani Sánchez non ha ricevuto l'autorizzazione ad uscire dal paese per ricevere un premio negli Stati Uniti[7].

Nonostante quanto detto, Amnesty International ricorda che nel maggio del 2009 Cuba "è stata eletta al Consiglio dei Diritti Umani [ONU] per un nuovo mandato di tre anni", ammettendo, in questo modo, che la gran parte della comunità internazionale non condivide il punto di vista di Bruxelles e Washington, rispetto alla situazione dei diritti umani a Cuba[8].

Infine Amnesty International riconosce che le sanzioni economiche imposte dagli Stati Uniti a Cuba "hanno purtroppo effetti negativi sui diritti economici e sociali della popolazione cubana. La legislazione statunitense che vieta le esportazioni di prodotti verso Cuba e quelle di materiali fabbricati o brevettati negli Stati Uniti continuano ad ostacolare l'accesso ai medicinali e alle équipes mediche". Inoltre Amnesty International afferma che anche le agenzie delle Nazioni Unite presenti a Cuba vengono "penalizzate dall'embargo"[9].

Così come riporta la relazione di Amnesty International, Cuba non è irreprensibile in materia di rispetto dei diritti umani.


I diritti umani nel continente americano

Ora, di fronte al problema dei diritti umani nel resto del continente americano, bisogna mettere sotto un'altra prospettiva la realtà cubana.


STATI UNITI

Secondo i dati di Amnesty International, da circa sette anni, 198 persone sono detenute illegalmente nella base navale di Guantánamo. I suicidi nella prigione di Guantánamo sono saliti già a cinque. Molti detenuti sono stati giudicati dai tribunali militari che non offrivano alcuna garanzia per un giusto processo[10].

Inoltre aggiunge, "un centinaio di persone, tra cui dei bambini, continuano ad essere detenuti dalle forze statunitensi nell'area di Bagram, in Afghanistan, senza che abbiano la possibilità di vedere un avvocato o di deporre davanti ad un giudice"[11].

Amnesty International ha denunciato anche il "programma di detenzioni segrete della CIA" e ha rivelato "gli atti di tortura e altre forme di violenza inflitte ai detenuti". Cita due esempi: "Le tecniche autorizzate sono la nudità forzata, la privazione prolungata del sonno e il waterboarding (una simulazione dell'affogamento). [...] Abu Zubaydah [...] nell'agosto del 2002, ha subito questa tecnica 80 volte e Khaled Sheikh Mohammed, 183 volte nel marzo 2003". Gli autori di questi atti non saranno perseguitati dalla giustizia, così come hanno affermato Barack Obama e il Ministro della Giustizia Eric Holder[12].

Amnesty International avverte che "l'impunità e l'assenza di rimedi per le violazioni dei diritti umani — perpetrate in base a ciò che il governo del presidente Bush chiamava 'guerra al terrore' — persisteva". L'organizzazione internazionale sottolinea che "il nuovo Governo ha bloccato la pubblicazione di alcune foto che mostravano i maltrattamenti inflitti alle persone detenute dagli Stati Uniti in Afghanistan ed in Iraq"[13].

Denuncia anche gli atti di "tortura e altre violenze" commesse dalle forze dell'ordine in territorio statunitense contro cittadini statunitensi. "Almeno 47 persone sono morte dopo essere state neutralizzate con una pistola taser[14], dato che fa arrivare a 390 il numero totale delle persone morte in circostanze analoghe dal 2001". Amnesty International aggiunge che "tra le vittime ci sono tre adolescenti disarmati che avevano commesso reati minori, e un uomo apparentemente in buono stato di salute a cui la polizia di Forth Worth, nel maggio del 2009, ha inflitto scariche elettriche per 49 secondi senza interruzione"[15].

L'organizzazione internazionale inoltre punta il dito contro le condizioni di detenzione negli Stati Uniti. Secondo quanto afferma, "migliaia di detenuti vengono sottoposti ad un isolamento prolungato nelle prigioni di massima sicurezza dove, in molti casi, le condizioni di vita violano le norme internazionali, secondo le quali i detenuti devono essere trattati umanamente". Inoltre, "molti detenuti […] tra cui alcuni che avevano disturbi mentali, venivano rinchiusi in isolamento da più di dieci anni, 23 ore su 24, senza ricevere adeguate cure mediche e senza che la loro situazione venisse rivalutata correttamente". Queste persone "non avevano la possibilità di lavorare, né di formarsi o di distrarsi, e ovviamente avevano pochissimi contatti con il mondo esterno"[16].

Sempre da Amnesty International, "decine di migliaia di migranti, tra cui alcuni richiedenti asilo politico, venivano regolarmente incarcerati, in completa violazione delle norme internazionali. Molti erano detenuti in condizioni estremamente dure, erano praticamente privati dell'esercizio, dell'accesso alle cure mediche e della possibilità di avere assistenza legale"[17].

D'altra parte, il Relatore Speciale delle Nazioni Unite per le Esecuzioni Extragiudiziarie, Sommarie o Arbitrarie ha denunciato vari casi di esecuzioni extragiudiziarie commesse dalle forze dell'ordine contro gli immigrati. "Il numero dei morti in regime penitenziario è superiore ai 74 casi riconosciuti, a partire dal 2003, dalle autorità", indica Amnesty International[18]. Che inoltre ricorda le discriminazioni, in termini di diritto alla salute, ai danni delle donne appartenenti alle minoranze etniche. Aggiunge, "Il numero delle morti evitabili dovute a complicazioni relative alla gravidanza continua ad essere molto alto; durante l'anno, sono morte circa un centinaio di donne. Le donne incinte subiscono evidenti disparità nell'accesso alla sanità, a causa delle entrate economiche, della razza, dell'origine etnica o nazionale; tra le afroamericane, il tasso di mortalità materna è il quadruplo di quello delle donne bianche". L'organizzazione internazionale aggiunge che 52 milioni di persone che hanno meno di 65 anni non hanno l'assicurazione medica, "un cifra in aumento rispetto all'anno precedente"[19].

Sempre secondo Amnesty International, un obiettore di coscienza è stato condannato a un anno di carcere per essersi rifiutato di servire in Afghanistan. Amnesty denuncia anche gli ingiusti processi contro Leonard Peltier, detenuto da circa 32 anni, "nonostante i dubbi sulla equità della sua condanna avvenuta nel 1977". Inoltre segnala che la Corte Suprema Federale ha rifiutato di considerare il ricorso presentato da cinque detenuti cubani: Gerardo Hernández, Ramón Labañino, Antonio Guerrero, René González e Fernando González, condannati a lunghe pene detentive, mentre "il Gruppo di Lavoro per la Detenzione Arbitraria [ONU] aveva concluso, nel maggio del 2005, che la detenzione di questi cinque uomini era arbitraria, poiché non avevano ricevuto un giusto processo"[20].

Per concludere, negli Stati Uniti, continua ad essere applicata la pena di morte. E proprio in questo modo, nel 2009, sono state uccise 52 persone[21].


BRASILE

Anche la situazione in Brasile è oggetto di una relazione. Amnesty International parla "dell'uso eccessivo della forza, di esecuzioni extragiudiziali e atti di tortura da parte della polizia". Le forze dell'ordine "continuano a commettere violazioni massive", e "un centinaio di omicidi non sono stati oggetto di indagini serie e le azioni legali erano quasi inesistenti". Continua, "durante il maggio del 2009, a Rio de Janeiro la polizia ha ucciso 1048 persone". A San Paolo, "la cifra ha raggiunto i 543, ossia un aumento del 36% rispetto al 2008". E, "gli omicidi imputabili alla polizia militare sono cresciuti circa del 41%"[22].

L'organizzazione internazionale denuncia anche "l'aumento del numero delle milizie — gruppi paramilitari armati e composti, in gran parte, da agenti della forza pubblica che agiscono fuori servizio — ", che "usano il proprio potere sulla popolazione per trarre vantaggi economici e politici, in modo illecito [...] e che hanno messo in pericolo la vita di migliaia di abitanti e le stesse istituzioni dello Stato"[23].

In Brasile, "le condizioni di detenzione continuano ad essere crudeli, inumane o degradanti. Durante gli interrogatori, la tortura viene impiegata regolarmente per l'estorsione o per punire, controllare o umiliare", sempre secondo Amnesty, oltre al problema del sovraffollamento[24]. "Quest'anno, alcune dispute territoriali hanno provocato dei reati contro i diritti fondamentali, commessi sia da killer professionisti al servizio dei latifondisti, che dalla polizia". Nel 2009 sono state uccise circa 20 persone[25].

Secondo quanto afferma l'organizzazione, sono stati violati anche i diritti dei lavoratori e "migliaia di lavoratori erano costretti a condizioni simili a quelle della schiavitù". Il diritto ad una casa dignitosa non viene rispettato. D'altra parte, "nello Stato del Mato Grosso do Sul avvengono continuamente attentati contro i diritti delle popolazioni". Inoltre denuncia la scomparsa di molti militanti indigeni[26].


CANADA

Sempre dalle relazioni di Amnesty International, le autorità canadesi "non hanno rispettato i diritti delle popolazione autoctone durante la consegna dell'autorizzazione per lo sfruttamento delle miniere, della foresta, del petrolio e altre risorse naturali. Il Governo continua ad affermare, senza alcun fondamento, che la Dichiarazione delle Nazioni Unite sul Diritto delle Popolazioni Autoctone non viene applicato al Canada"[27].

Inoltre, l'organizzazione denuncia anche le discriminazioni contro gli indigeni e soprattutto contro i bambini. Infatti, l'estrazione del petrolio e del gas che avvengono nel territorio del popolo dei Lubicon-Cree hanno provocato "malasanità e povertà molto frequente"[28].

In Canada il diritto delle donne viene regolarmente violato: "Molte donne, adolescenti e bambine hanno subito violenze" e "il governo canadese non ha preso nessuna misura per l'elaborazione di un piano di azione nazionale per la lotta contra la violenza e la discriminazione"[29].

Il Canada, nel momento in cui ha consegnato dei sospettati alle autorità afghane — in seguito alla lotta al terrorismo — è diventato un paese complice in atti di tortura[30].

Le forze di polizia canadesi hanno inoltre commesso un omicidio, mediante scariche elettriche prodotte da una pistola Taser[31].


COLOMBIA

In Colombia, la popolazione civile è "vittima degli spostamenti forzati, di imboscate, sequestri, sparizioni forzate, reclutamento coatto dei minori, violenze sessuali sulle donne e omicidi", commessi dalle forze di sicurezza, dai paramilitari e dalla guerrilla[32].

Amnesty International ha registrato 20.000 casi di sparizioni forzate e 286.000 casi di persone sfollate. L'organizzazione sottolinea che "il governo si è rifiutato di appoggiare una proposta di legge che prevede il risarcimento alle vittime del conflitto in modo non discriminatorio, ossia, senza nessuna distinzione in base al fatto che gli autori delle violazione siano agenti dello Stato o meno. A giugno, il Congresso ha bocciato il testo"[33].

Il Relatore Speciale delle Nazioni Unite per i Diritti Umani e le Libertà Fondamentali delle Popolazioni Autoctone, ha definito la situazione dei diritti delle popolazioni indigene della Colombia in questo modo: "grave, critica e profondamente preoccupante". Amnesty International scrive che "nel 2009, circa 114 persone, tra uomini, donne e bambini indigeni sono stati assassinati, una dato in aumento rispetto al 2008"[34].

Il Dipartimento Amministrativo per la Sicurezza, che opera sotto l'autorità diretta del Capo di Stato, è coinvolto in "un ampio caso di spionaggio illegale che è andato avanti per moltissimo tempo. Tra le vittime ci sono difensori dei diritti umani, membri dell'opposizione politica, giudici e giornalisti, ai quali si cerca di limitare, e perfino inibire l'esercizio del proprio lavoro. Tali manovre sarebbero state realizzate in stretta collaborazione con i gruppi paramilitari. Anche dei diplomatici e alcuni difensori dei diritti umani stranieri, sono stati obiettivo di queste pratiche". Amnesty International aggiunge che "alcuni militanti spiati dal Dipartimento Amministrativo per la Sicurezza hanno ricevuto minacce di morte e sono stati inoltre oggetto di azioni penali per futili motivi"[35].

Nel 2009, 80 membri del Congresso sono stati oggetto di una "indagine giudiziaria per i loro presunti rapporti con gruppi paramilitari". Anche molti magistrati che hanno partecipato all'indagine hanno ricevuto minacce di morte, secondo quanto dice Amnesty International[36].

Le forze di sicurezza hanno commesso più di 2.000 esecuzioni extragiudiziali. "Il relatore Speciale delle Nazioni Unite per le Esecuzioni Extragiudiziali, Sommarie o Arbitrarie ha dichiarato che questi omicidi sono stati commessi da un numero considerevole di elementi dell'esercito". L'esercito continua a collaborare con i paramilitari, che sono colpevoli di "massacri".

Nel 2009, sono stati uccisi almeno 8 militanti dei diritti umani e 39 sindacalisti. Amnesty International informa che "l'impunità di cui godono gli autori dei delitti resta una grande fonte di preoccupazione"[37].


MESSICO

In Messico, sono state uccise più di 6.500 persone durante atti di violenza legati al narcotraffico. Sempre l'organizzazione internazionale segnala "violazioni dei diritti umani commessi dai militari, soprattutto esecuzioni extragiudiziali e omicidi illegali, sparizioni forzate, tortura e violenze, varie detenzioni arbitrarie". Aggiunge che "le vittime e i loro familiari hanno ricevuto minacce di morte dopo aver cercato di sporgere denuncia" e deplora "l'impunità di cui godono i colpevoli"[38].

Amnesty International afferma che "sono stati segnalati molti casi di violazione dei diritti umani — sparizioni forzate, uso eccessivo della forza, tortura, altri tipi di violenza e detenzione arbitraria — imputabili ad agenti della polizia municipale, federale e degli Stati". Inoltre, "le promesse dell'autorità, che si sono impegnate ad aprire una inchiesta su tutte le imputazioni di tortura, non sono state mantenute"[39].

Anche i migranti sono stati vittime dell'autorità messicane. Sono stati oggetti di "violenze estreme, minacce, sequestri, violazioni e omicidi, commessi soprattutto da gruppi criminali, ma anche da alcuni funzionari". L'organizzazione denuncia anche che "a Ayutla, due difensori dei diritti fondamentali degli indigeni sono stati sequestrati, torturati e uccisi". Continua, "verso la fine dell'anno, Raúl Hernández, prigioniero di coscienza e militante dell'organizzazione locale in difesa dei diritti umani delle popolazioni indigene, continua ad essere detenuto per una accusa inventata di omicidio"[40].

In Messico alcuni giornalisti sono stati minacciati, aggrediti e sequestrati, sempre secondo le informazioni di Amnesty International, soprattutto quelli "che si interessavano ai problemi di sicurezza pubblica e di corruzione". Nel 2009 sono stati uccisi 12 giornalisti. Inoltre, "le indagini aperte sugli omicidi, i rapimenti e le minacce di cui sono state vittime i professionisti della stampa, molto raramente si sono trasformate in azioni legali, e questo atteggiamento contribuisce a mantenere il clima di impunità"[41].

Amnesty International denuncia le discriminazioni e le violenze commesse contro le popolazioni indigene, private delle proprie terre e delle case dall'autorità, "che hanno l'obiettivo di sfruttare le risorse locali"[42].

Le donne e le bambine sono costantemente vittime di violenze. "Nello Stato di Chihuahua e in quello di México[43], ci sono stati numerosi casi di omicidi di donne, dopo che erano state sequestrate e violentate", ribadisce l'organizzazione internazionale. Però, "l'impunità continua ad essere la norma per gli omicidi e gli altri reati di cui sono vittime le donne". D'altra parte, 14 dei 32 Stati del Messico, rifiutano di applicare la Legge di Depenalizzazione dell'Aborto[44].



Conclusioni

La relazione di Amnesty International, per molti aspetti, è edificante. Per prima cosa si scopre che nonostante l'organizzazione denunci alcune violazioni dei diritti umani a Cuba, l'isola caraibica è ben lontana dall'essere la pecora nera del continente. Tale constatazione mette in dubbio la campagna d'odio della stampa occidentale, di Washington e di Bruxelles nei confronti di L'Avana.

Quando la stampa internazionale presenta Cuba come l'unico paese del continente americano che viola i diritti umani, inganna l'opinione pubblica. Gli Stati Uniti, non possono giustificare in alcun modo l'imposizione delle sanzioni economiche a causa del problema dei diritti umani; devono eliminarle. Non solo non hanno nessuna autorità morale per discutere a proposito del tema, vista la loro situazione sui diritti umani, ma inoltre la maggioranza dei paesi del continente americano hanno situazione più grave di quella cubana.

L'Unione Europea invece, deve mettere fine alla Posizione Comune[45] che è discriminatoria e poco credibile e deve normalizzare le relazioni con L'Avana.

Ora bisogna valutare l'autorità morale di Bruxelles a proposito del problema dei diritti umani.





Note

  1. Salim Lamrani, "Cuba, los medios occidentales y el suicidio de Orlando Zapata Tamayo", Rebelión, 2 de marzo de 2010.
  2. Salim Lamrani, Cuba. Ce que les médias ne vous diront jamais (París: Editions Estrella, 2009), pp. 121-134.
  3. Ibid., pp. 21-36.
  4. Amnesty International, "Informe 2010. La situación de los derechos humanos en el mundo", mayo de 2010 (Sito consultato il 7 giugno 2010).
  5. Ibid., pp. 87-88.
  6. Amnesty International, "Cuba. Cinco años de más. El nuevo Gobierno debe liberar a los disidentes presos", 18 de marzo de 2008 (Sito consultato il 23 aprile 2008).
  7. Amnesty International, "Informe 2010. La situación de los derechos humanos en el mundo", mayo de 2010, op. cit. 87-88.
  8. Id.
  9. Id.
  10. Ibid., pp. 105-109.
  11. Id.
  12. Id.
  13. Id.
  14. Il termine taser viene usato per fare riferimento ad armi "non mortali" che usano l'elettricità per far contrarre i muscoli — e quindi riescono ad immobilizzare totalmente una persona — del malcapitato che viene colpito. È utilizzata soprattutto dalle forze di sicurezza degli Stati Uniti, e anche se è stata classificata come un'arma non mortale, ha fatto già diverse vittime.
  15. Id.
  16. Id.
  17. Id.
  18. Id.
  19. Id.
  20. Id.
  21. Id.
  22. Ibid., pp. 48-52.
  23. Id.
  24. Id.
  25. Id.
  26. Id.
  27. Ibid., pp. 62-63.
  28. Id.
  29. Id.
  30. Id.
  31. Id.
  32. Ibid., pp. 72-76.
  33. Id.
  34. Id.
  35. Id.
  36. Id.
  37. Id.
  38. Ibid., pp. 210-214.
  39. Id.
  40. Id.
  41. Id.
  42. Id.
  43. È uno dei 31 Stati Federali messicani [N.d.T.].
  44. Id.
  45. Nel 1996 la Spagna, dove il Partido Popular di Aznar aveva appena vinto le elezioni, propose al Consiglio dell'Unione Europea di assumere una posizione comune su Cuba che contemplasse la rottura della cooperazione, una chiusura di credito e il dialogo con gli oppositori del regime [N.d.T.].

Fonte: http://www.rebelion.org/noticia.php?id=108084&titular=cuba-y-la-ret%F3rica-de-los-derechos-humanos-%281/2%29-











Pagina inviata in originale da Roberto Di Fede
(24 giugno 2010)


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