Cuba

Una identità in movimento


Il Che Guevara che ho conosciuto

Aldo Isidrón del Valle


Nella primavera dell'anno '59 il comandante Ernesto Che Guevara ha scritto a un giovane amico argentino degli anni di giovinezza a Cordoba e Buenos Aires. Ha risposto alla richiesta di Julio Castro "Il Gaucho" di provare fortuna con i cubani nell'inizio di una regia epopea per la liberazione nazionale:

    "... Gaucho: Questa nostra esperienza vale per parecchi proiettili. Se ho deciso di venire, non pensare al mio ritorno. La Rivoluzione non aspetta. Un forte abbraccio di qualcuno che chiamano e che la storia chiamerà Che".

Presentiva Ernesto Guevara de la Serna, il giovane medico comandante guerrigliero, l'effetto magico della sua polemica presenza nella storia universale e che il suo nome di guerra (Che) disputerebbe il trono dei prescelti? In 35 parole si presenta un pronostico che il destino ha trasformato in realtà: la leggenda ha accolto l'idolo del quale perdura negli inizi del XXI secolo l'esempio umano irripetibile.

Ha conosciuto questo uomo eccezionale l'ultimo giorno dell'anno '58. E' successo a Santa Clara in una tregua di quella memorabile battaglia che ha contribuito al suo salto alla storia.

A pochi metri di giovani studenti di giornalismo audaci o irresponsabili, ero uno di loro, si muoveva il capo guerrigliero che dava ordini, il braccio al collo, divisa che è stata verde oliva nel suo tempo, boina nera e una piccola stella (era l'unico ad avere questo simbolo nel gruppo di combattenti al suo comando). Ha fermato i suoi passi e ha fissato il suo sguardo in noi. Uno dei mie colleghi ha azionato la sua macchina fotografica, ma qualcosa è fallita. Il Che si è avvicinato sorridente, ha preso la macchina nelle sue mani, ha revisionato tutto, ha raccontato che lui nel Messico aveva utilizzato una macchina fotografica di quella marca e ha detto al mio compagno:

    "Hai una buona macchina, manca il fotografo".

Ha fatto un giro di 90° sorridendo e se n'è andato al fronte di battaglia.

Poche settimane dopo è avvenuto il nostro rincontro nell'Escambray, dove aveva combattuto nella guerriglia. Assisteva a una concentrazione contadina di riaffermazione rivoluzionaria. Quegli uomini della montagna con le loro moglie e figli in meeting a cielo aperto ringraziavano il Che, la Rivoluzione, i gesti che li beneficiavano. Il Che ha applicato durante la sua campagna nell'Escambray importanti leggi di Riforma Agraria che hanno beneficiato quella massa agraria sfruttata dai latifondisti. Sono stato il maestro di cerimonia e il giornalista che informato per il giornale del mattino Revolución — organo ufficiale del Movimento 26 luglio — sui momenti di quell'atto e di altri nei cinque anni che ho accompagnato Guevara come parte del gruppo di stampa che riportava informazioni suoi percorsi come Ministro delle Industrie e attività ufficiali presiedute da lui.

L'ultima volta che ho stretto la mano di Che Guevara è stata durante l'inaugurazione di un'obsoleta fabbrica di utensili domestici che ci hanno venduto come nuova per la sua tecnologia i nostri "fratelli" cecoslovacci. È stato il 14 luglio 1964 a Santa Clara.

Dal 1959 a questi giorni di ottobre 2007 ho dedicato minuti, ore, giorni e anni allo studio e l'investigazione della vita di questo straordinario essere umano, insieme a noi costruttore di una nuova era nel destino di Cuba.

Ci ha unito una strana chimica. Eravamo colleghi di mestiere e avevamo identici ideali. Lui capiva la sobrietà che caratterizzavano quelle cronache e reportage con la mia firma quando ho lavorato con lui.

Correvano i primi tempi di Revolución come pesce che nuota in acque tranquille senza timore al censore politico. Che giornalismo quello! Il Che, per elementare rispetto all'etica, non ha mai revisionato una pagina redatta dal corrispondente dopo un percorso, un discorso politico o un dialogo con i lavoratori, alcuni infastiditi per la mancanza di attenzione o per capricci amministrativi.

Che immagine personale tesoreggio del Che in questi 47 anni di Rivoluzione? Quella di un uomo che a prima vista presumevi molto duro, rigido. Ma quando passavi un istante con lui, ti arrivava tutta la sua tenerezza e il suo senzo della giustizia insieme al suo valore a tutta prova e con questo la difesa delle sue idee per le quali ha lottato ed è morto. Saremo come il Che? Impossibile. Il suo esempio ci potrà migliorare come esseri umani, ma lui è stato un uomo irripetibile.

Possiedo nella mia casa un area destinata alla sua opera intellettuale; tesoreggio i suoi libri, conferenze, lettere, documentari, pellicole e quanto materiale allegorico alla sua vita possa compilare par arricchire le mie conoscenze su questo uomo.

Sono collezionista di biografie del Che Guevara (alcune serie e rispettose, altre mediocri e con cattive intenzioni) grazie a quella legione di amici che vivono in altre latitudini e mi inviano questi libri.

Tranne la testimonianza del signore Ernesto Guevara Lynch (Mio figlio il Che, pubblicato in Spagna) non circola qui nessun libro sul tema che venga dall'estero: Spagna, Francia, Stati Uniti, Argentina, Messico...

Con l'inviata speciale di L'Humanité ho firmato un accordo di professionisti onesti: scrivere a petto scoperto, tracciare il profilo dell'eroe con luci e ombre, ritratto in vivo dell'uomo trasformato in marmo dai suoi biografi settari o il comunista perfetto, disegnato alla misura dell'apologista per incarico.

È un impegno e si compierà. Oggi, mi permetta il lettori di confessare qual'è stato il momento più importante della mia vita nel giornalismo rivoluzionario. È stato quel martedì 14 ottobre 1967 quando il quotidiano Granma — Organo Ufficiale del Partito Comunista di Cuba — ha pubblicato un'edizione straordinaria dedicata al Che, dopo l'arrivo a Cuba della notizia del suo olocausto in Bolivia.

Granma ha pubblicato in sei pagine di quella edizione interviste, cronache, reportage e testimoniaze, figli della mia paziente investigazione per anni ispirata nel leggendario guerrigliero argentino cubano...

Su quel quotidiano ha mostrato il suo volto per la prima volta il biochimico argentino Alberto Granado, oggi famoso per la sua storia, per quel percorso in motocicletta con il Che per l'America del Sud. All'epoca del mio racconto era un perfetto sconosciuto a Cuba, a partire da quelle due pagine con i suoi racconti del viaggio storico è diventato il più famoso degli amici argentini del Che. Granado è stato, è e sarà un grande amico del Che.


    Aldo Isidrón del Valle
    Premio Nazionale di Giornalismo


    Traduzione di Gioia Minuti






Pagina inviata da Gioia Minuti
(11 gennaio 2008)


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