La canzone "Y que tu quiete que te den" risale al lontano 1993 e può essere considerata uno dei primi esempi di fusione tra "Rap" e musica popolare ballabile cubana anche se, a dire il vero, il maestro Adalberto Álvarez ha sempre confessato di aver "rapeato" solo per ovviare alle sue scarse qualità canore.
A quel tempo, Cuba iniziava ad uscire dall'isolamento culturale e ad affacciarsi a livello internazionale attraverso la propria produzione musicale. Di conseguenza, Álvarez pensò di illustrare, al pubblico non cubano, alcuni elementi della religione di Cuba attraverso una canzone. Per dovere di cronaca, occorre precisare che prima del 1991, il governo cubano vietava le pratiche religiose, arrivando a vietare l'iscrizione al PCC (Partito Comunista Cubano) ai praticanti di qualsiasi culto religioso. Nel 1991, le autorità cubane ed il PCC modificarono la Costituzione giungendo ad abolire la discriminazione religiosa. Durante i primi anni '90, alcune orchestre cubane come Orquesta Revé, Dan Den, NG la Banda e altre, cominciano a parlare di "Santería" nelle loro canzoni (alcune di queste sono raccolte in un CD intitolato: ¡Despojate! — El Inspector de la Salsa/Caribe 1994).
Fenomeno paradigmatico, se consideriamo come la "Timba" degli anni '90 sia profondamente radicata nel substrato sociale dei "barrios" e soprattutto dei "neri". La "Santería", si trovò così alla ribalta, arrivando purtroppo alla spettacolarizzazione e commercializzazione a fini turistici, sotto la spinta anche dello stesso governo. Infatti le autorità cubane considerarono il "turismo santero" un ottimo espediente per introdurre valuta pregiata nel paese, un turismo che molti cubani arrivarono a chiamare sarcasticamente "Ochatur", mentre alcuni Babalaos, sacerdoti della religione yoruba, si trasformarono in "sacerdoti a pagamento", guadagnandosi l'originale appellativo di "Diplobabalaos".
A volte collegati a organizzazioni governative, questi Babalaos cominciarono una lucrosa attività commerciale, arrivando ad "iniziare" nuovi adepti per cifre dell'ordine di alcune migliaia di dollari. Aldilà dei tentativi di mercificazione della "cubania" e della "Santería", il fenomeno "timba" ha avuto il merito di riaffermare l'identità afrocubana anche attraverso la riscoperta e l'incorporazione di elementi popolari propri del tessuto sociale "nero" e della vita della "calle", includendo la rumba, le espressioni santere e la celebrazione dei "Santi" del Pantheon yoruba.
Il maestro Álvarez si è sempre dichiarato religioso, affermando di rivolgersi ai "Santi" nei momenti di bisogno, senza giungere tuttavia a considerarsi un fanatico (in realtà il maestro è anche Abbó Orumila, cioè un Babalao). Adalberto Álvarez ha recentemente rispolverato "Y que tu quiere que te den" (Trad: E cosa vuoi che ti sia dato?) inserendone una versione decisamente più lunga nel suo nuovo disco "Linda Habanera", questo splendido brano sta vivendo una nuova giovinezza e galvanizza migliaia di appassionati della musica cubana. Nonostante le buone intenzioni del "Caballero del son", il brano necessita di alcune spiegazioni e di una chiave di lettura, soprattutto per coloro che sono poco familiari con la cultura cubana e la "Santería".
Iya mi ile odo
Iya mi ile odo
Iya mi ile odo
Gbogbo ache
Iya mi sala maa wo e
Iya mi ile odo.
La canzone inizia in lingua yoruba con un "Rezo a Ochún", dea dei fiumi, della bellezza, della maternità, dell'oro e del miele. La casa (ile) di mia madre (iya mi) è il fiume (odo). Questo prologo non è casuale poiché Ochún è l'Oricha che più rappresenta Cuba, essendo assimilata a "la Virgen de la Caridad del Cobre", patrona di Cuba, titolo riconosciutole nel 1916 da Papa Benedetto XV.
Desde el África vinieron
y entre nosotros quedaron
todos aquellos guerreros
que a mi cultura pasaron.
[Sono venuti dall'Africa / e sono rimasti tra noi, / tutti quei guerrieri /che sono divenuti parte della mia cultura].
L'identità culturale e spirituale di Cuba è stata plasmata da un lungo processo di transculturazione e sincretismo religioso, avviatosi con l'introduzione di schiavi africani. Tra gli africani arrivati sull'isola è possibile distinguere almeno quattro etnie distinte, di cui le più importanti sono la bantu e la yoruba.
Gli yoruba, originari della Nigeria occidentale, giunsero a Cuba soprattutto tra gli anni 1820-1860, nonostante gli schiavi di origine bantu eccedessero in numero gli yoruba, la religione yoruba, conosciuta oggi come "Regla de Ocha" o "Santería" è la più diffusa in tutta Cuba, grazie alla sua capacità di assimilare altre tradizioni e pratiche religiose come il cattolicesimo, ma anche la "Regla Arara" e la "Regla de Palo" provenienti anch'esse dall'Africa. In questo processo di assimilazione, gli yoruba, non solo accettarono i santi della religione cattolica ma li assimilarono agli Orichas del loro Pantheon. A Cuba, gli yoruba sono stati collettivamente chiamati "Lucumí", termine probabilmente derivato da "oluku mi" che significa "amico mio, oppure da akumi, cioè "io sono aku", (appellativo degli yoruba in Sierra Leone).
Prima di procedere oltre con l'analisi del testo, è utile conoscere alcuni elementi che caratterizzano la religione Yoruba. Olodumare è il Dio degli yoruba, indicato anche come Olorun, il creatore del mondo materiale identificato anche con il cielo ed il sole. Tra i Lucumí, il modo più comune di rifersi a Dio è Olofi o Olofin. Olodumare, Olofi ed Olorun sono tre personificazioni della stessa entità. Gli Orichas furono creati da Olofi da alcune pietre piatte e lisce, dette "otanes", infondendovi il suo "aché" (il potere divino o energia divina), gli orichas sono depositari dell'aché di Olofi.
I riti, le propiziazioni e le invocazioni sono volte ad acquisire l'aché dagli orichas. Nella "Santería", la fede è riposta nei "Santi" o "Orichas", ad essi, i devoti si rivolgono per avere risposte o ottenere favori. Per concedere i loro favori, gli Orichas indicano quale offerta (ebbò) gradiscono ricevere, in genere si tratta di miele, frutta, l'accensione di candele votive o un sacrificio animale. La "Santería" è basata su un sistema progressivo di iniziazioni, attraverso cui il devoto acquisisce la protezione dei "Santi" e conoscenze sulle pratiche e sui misteri legati alla propria religione.
Changó
Ochun
Ochosi
Elegguá
Continuando l'analisi del testo, troviamo il riferimento a "los Guerreros" (i guerrieri). Tale riferimento può essere considerato duplice. Oltre a riferirsi ai giovani guerrieri sradicati dalla madre Africa e trapiantati in Cuba il termine assume infatti anche un significato religioso. "Los Guerreros" sono un trittico formato da tre Orichas del pantheon yoruba: Oggún, Eleguá ed Ochosi. I guerrieri sono le divinità che combattono tutte le battaglie dell'uomo, aiutano ad affrontare le avversità e lo guidano. L'iniziazione a "Los guerreros" rappresenta il secondo rito iniziatico che ricevono i praticanti della "Regla di Ochá", conferisce protezione dai pericoli e da tutti i mali. In particolare, l'aiuto di Eleguá è richiesto molto spesso per la risoluzione di questioni che attengono al "terreno".
Obbatalá Las Mercedes,
Ochún es la Caridad,
Santa Bárbara Changó
y de Regla es Yemayá,
va a empezar la ceremonia
vamos a hacer caridad.
La canzone contiene riferimenti alla identità sincretica dei alcuni "Santi". Santa Barbara è assimilata a Changó. I restanti tre Orichas sono assimilati ad altrettante manifestazioni della Vergine Maria: Obbatalá è assimilato alla "Virgen de la Mercede", Ochún alla "Virgen de la Caridad del Cobre", e Yemayá alla "Virgen de Regla".
La casa está repleta y ya no caben más,
y todos se preguntan qué dirá Elegguá:
él abre los caminos, ésa es la verdad,
vamos a darle coco a ver qué nos da.
[La casa è piena e non vi entra più nessuno / e tutti si domandano cosa dirà Elegguá / egli apre i cammini (dell'uomo) / diamogli il cocco (al santo) per vedere cosa ci riserva].
La canzone descrive ciò che avviene nella casa. Naturalmente, si tratta della casa di un santero (babalocha), o santera (iyalocha), o addirittura del babalao (padre della divinazione) massimo grado della gerarchia. La "casa de santo" (ilé-ocha) è il luogo dove vengono celebrate le cerimonie ed i riti iniziatici, il suo prestigio è direttamente proporzionale al numero di affiliati ed iniziati che la frequentano. Nella casa-tempio, si praticano anche i riti divinatori come la lettura delle scorze di cocco (obi). "Dar coco al santo" significa appunto interpellare un particolare Oricha. Il sacerdote, getta in terra 4 frammenti della scorza di cocco, dopodiché formula la divinazione basandosi su quante scorze mostrano il lato bianco e quante quello marrone. Elegguá è il più potente degli Orichas, il primo ad essere onorato durante le cerimonie. L'attributo di Elegguá è il "garabato" un ramo ricurvo, una specie di gancio con i quale "apre il cammino" agli uomini. Egli è infatti il signore del destino di tutti.
La gente sale, la gente viene
Y todos piden lo que les conviene
Voy a pedir lo bueno para mi mamá
Y para mi familia la tranquilidad,
Que todo el mundo en esta tierra
Se porte bien y se acabe la guerra.
Hay gente que te dice que no creen en na'
Y van a consultarse por la madrugá
No tengas pena, pide pa' ti,
No pidas cosas malas que te vas a arrepentir.
[La gente va la gente viene / e tutti chiedono ciò che gli conviene / chiederò il bene per mia madre / e la tranquillità per la mia famiglia / che tutta la gente della terra / si comporti bene e finisca la guerra / c'è gente che ti dice che non crede in niente / e poi vanno a consultare (l'oracolo) / non preoccuparti, chiedi qualcosa per te / non chiedere cose malvagie / perché te ne pentirai].
Oggún
Orula
Oyá
Il brano passa a descrivere il grande movimento di persone che entrano ed escono dalla "Casa de santo", gente che arriva per chiedere quale sarà il suo futuro o per invocare l'aiuto dei santi nella vita di tutti i giorni, la salute, la serenità o la guarigione da una malattia. Successivamente, Álvarez critica apertamente coloro che dichiarano ipocritamente di non credere nei santi o di essere atei, salvo poi consultarli o chiedere grazie di nascosto.
Un fenomeno diffuso tra la borghesia cubana bianca soprattutto prima dell'apertura del governo cubano nel 1991. Il testo della canzone fa poi riferimento alla diffusa pratica di chiedere l'intervento dei "Santi" verso i propri nemici, anche attraverso la pratica della magia nera. In realtà, i praticanti della "Santería" sarebbero tenuti a mantenere un comportamento retto. Infatti, oltre a concedere la protezione, gli Orichas possono punire i comportamenti maligni e le condotte riprovevoli.
Coro
¿Y qué tú quieres que te den?
(Rosa Zayas: mi madre)
Dime qué es lo que tú quieres que te den,
Pídele a Changó para que te sientas bien,
Desde el África vinieron y entre nosotros quedaron,
por eso pídele a tus santos, pídele a tus santos otra vez...
[Cosa vuoi che ti diano? / Dimmi cosa vuoi che ti diano / chiedi la salute a Changó / vennero dall'aAfrica e rimasero tra noi / perciò chiedi ai tuoi santi, chiedi ai tuoi santi ancora una volta]
Coro
Voy a pedir pa' ti, lo mismo que tú pa' mí
Si yo sé que nos queremos, cómo no lo voy a hacer así,
Voy a pedir pa' ti, lo mismo que tú pa' mí
De corazón lo siento yo pediré para ti lo mejor, lo mejor,
Voy a pedir pa' ti, lo mismo que tú pa' mí
y te repito que yo yo yo yo pediré
y para amarte el camino por siempre en mi vida encontraré,
lo mismo.
[Chiederò per te le stesse cose che tu chiederai per me / se io so che ci amiamo, come potrei non farlo? / chiederò per te le stesse cose che tu chiederai per me / il cuore me lo dice che per te chiederò il meglio / chiederò per te le stesse cose che tu chiederai per me / te lo ripeto io le chiederò / e nella mia vita troverò sempre il modo di amarti].
Coro
¿Y qué tú quieres, mami?
Santa Barbara Bendita
Ochún es la caridad
Tu Para tener el camino abrierto
Hay que hablar con Elegguá
Asegurate, Asegurate
Con Oggún y con Changó
con eso te gano Yo
Coro
¿Y qué tú quieres, mami?
Paz y tranquillidad le pido a Obatalá
Señora Omito Nardé mi canto va para usted
"Yanza Jecuagey, Yanza Jecuagey"
Ibború Ibboya, Ibboya Ibbocheché.
Obatalá è l'oricha della pace e della giustizia mentre "Yanza" è l'altro nome con il quale è conosciuta Oyá, la prima moglie di Changó, signora dei venti, del cimitero e dei morti, viene sincretizzata con La Virgen de la Candelaria o con Santa Teresa. "Jecuagey" è il grido con il quale si saluta l'arrivo di Oyá che si manifesta attraverso la possessione di una o più persone partecipanti alla cerimonia.
L'essere posseduti da un oricha è detto "montar el santo". Il brano si conclude con il saluto che si tributa al babalao: Ibború Ibboya, e Ibbocheché. Saluto costituito dai nomi delle tre mogli di Orula, oricha della divinazione e quindi patrono dei babalaos.