Cuba

Una identità in movimento

I tamburi batá

Carlo Nobili



Il tamburo, per i negri e per i criollos che crescono con essi,
è l'alienazione, strappa loro l'anima:
quando lo sentono pare loro di stare in cielo.
E i suoi ritmi non cambiano
poiché furono creati là in Africa e vennero con i negri.
La cosa singolare è che mai li dimenticano:
arrivano bambini, passano anni e anni, invecchiano,
e poi, quando servono solo come guardiani, li intonano solitari,
in un bohío pieno di cenere e scaldandosi alla fiamma che arde davanti a loro,
e si ricordano della loro terra, anche prossimi a scendere nella tomba.
(Anselmo Suarez y Romero, poeta cubano)





I tamburi di Changó

I tre tamburi batá. Foto tratta da: Brief Cultural History (http://www.links2go.com/topic/Cuba)I tambores batá sono i tre tamburi di origine yoruba usati nei rituali della Santería.

Essi, si dice, sono stati creati da Changó per accrescere il suo potere e per terrorizzare i nemici.

A differenza degli yuka congolesi del Palo Monte, i batá sono strumenti bimembranofoni, con cassa a forma di clessidra, che vengono toccati dal tamborero, "a mano limpia", in entrambe le parti.

Il batá, ricettacolo culturale e battito cardiaco delle genti africane di Cuba, è costruito, così come il Tablero de Ifá, usato per la divinazione, con legno di cedro o di caoba. Ha membrana — auó — in cuoio di capra o di cervo. Quella più grande è chiamata enú, ossia bocca, la piccola è la chachá, la culatta del tamburo. Il sistema di tensione delle membrane è assicurato mediante tiranti longitudinali, tina, di cuoio di toro — tina-owo-malú.

Il tamburo maggiore, sempre in posizione centrale, è chiamato Iyá (madre), il mediano Itótele o Omelé enkó, e quello più piccolo Kónkolo, Okónkolo ma anche Omelé.

Conjunto de sagrados Tambores Batá. Museo de Guanabacoa, Colección AÑABI. Foto: Emilio ReyesAl loro interno alberga Añá, messaggera degli dei e potenza soprannaturale guerriera, che li difende lottando contro i loro nemici. Da Añá i tamburi yoruba ricevono il loro nome sacro; nella loro dimensione sacra essi sono infatti chiamati aña o añá (probabilmente dalle voci yoruba adzá o dza), mentre il loro nome profano è ilú.

Poiché i batá sono costruiti generalmente copiando altri tambores più vecchi, le loro misure tendono ad essere rituali e inalterabili. Il maggiore, Iyá (o Mayor) è alto 80 cm, ha la bocca maggiore — o Enú — di 32 cm diametro e 97 cm di circonferenza e la bocca minore di 20 cm di diametro e 65 di circonferenza; è inoltre provvisto di una fila di campanelle chiamata Chaworó. Il tambor mediano, Itotelé (o Segundo), è alto 68 cm, ha la bocca maggiore di 25 cm di diametro e 80 cm di circonferenza e la bocca minore di 16 cm di diametro e 58 cm di circonferenza. Il più piccolo, Okónkolo, è alto 58 cm, ha la bocca maggiore di 22 cm di diametro e 62 cm di circonferenza e la bocca minore di 17 cm di diametro e 56 cm di circonferenza.

L'apprendistato dell'olubatá — il suonatore di tamburi batá — avviene attraverso un sistema, che i cubani chiamano di depupilaje e nel quale il discepolo deve assimilare i differenti suoni che i tamburi permettono; ogni oricha ha un suo toque particolare e ogni tamburo possiede un suo proprio modo di essere toccato a seconda dell'oricha interessato. Per esempio, se si suona per Elegguá, il tamburo maggiore, Iyá, che marca il ritmo in modo costante, sostiene una sua cadenza, l'Itótele la sua e l'Okónkolo una sua differente da quella degli altri due.

Scrive Fernando Ortiz:

    Quando si percuote una membrana il suono non solo dipende dal punto in cui essa viene colpita e dal tipo di colpo, ma dal fatto se l'altro auó (membrana), opposto a quello percosso, sia o meno "tappato". Si dice "tappare" l'auó quando si mette la mano su di esso affinché non vibri per la risonanza dell'altra membrana e quest'ultima non riceva a sua volta le onde intense del lato tappato. Questa tecnica della membrana tappata e membrana libera produce una maggiore sottigliezza e complessità nelle sonorità dei batá.

Dato che nessuno dei tre tamburi viene "toccato" in modo uguale e poiché ognuno di essi offre suoni diversi per ogni oricha, la ricchezza ritmica che ne consegue è incomparabile e davvero ampia.


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Video di Conjunto de Tambores Batá che esegue, davanti all'altare, un Oru del Igbodú o Oru seco. Frascati, 26 marzo 2006. Tamboreros: Humberto "La Película" Oviedo (Iyá), Reynaldo "Gollito" Hernández (Itótele) e Antonio (Okónkolo). Riprese video: Carlo Nobili


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