L'identità dell'isola caraibica non fa riferimento ad una cultura ma ad una salsa e questa, espressione musicale nella quale riconoscersi tra le infinite sfaccettature del proprio io, metaforicamente altro non è che l'ajiaco descritto dal grande sociologo e antropologo cubano Fernando Ortiz, minestrone di tante cose messo a cuocere a fuoco lento nella grande pentola di terracotta dei Caraibi, il cui risultato è il prodotto transculturativo di tutti quei diversi elementi. Così come è impossibile codificare in una precisa ricetta questo tipico minestrone cubano, allo stesso modo non è possibile descrivere la cubanía o sancirne i confini. Se ne conoscono gli ingredienti ma non quello che sarà il prodotto del loro incontro. La cubanía è quindi soltanto una griglia, una ipotesi, un progetto. Di essa è però possibile seguirne le tracce e storicizzarne i protagonisti-ingredienti, tanti, diversi tra loro, seppur con una comune prospettiva relazionale. La cubanía e tutte le altre identità caraibiche altro non sono quindi che raccoglitori di svariati contenuti e di esistenze reali in costante ebollizione, mutabile comprensione e incessante scambio. Se questo archivio potrà contribuire a recare una qualche modifica all'immagine stereotipata e alquanto distorta che si ha dell'isola caraibica, se insieme alle "facili occasioni", queste pagine potessero far comprendere che, al di là delle apparenze, ben più ricco è il processo storico e culturale che ha contraddistinto e caratterizza ancora questa terra che Colombo giudicò "... essere [...] la più bella che occhi mai abbian visto" (Diario di Bordo, 28 ottobre 1492), è probabile che da domani un nuovo tassello di conoscenza venga ad aggiungersi al "nostro piccolo sapere".

La identidad de la isla caribeña no hace referencia a una cultura sino a una salsa y ésta, expresión musical en que reconocerse entre las infinitas facetas del propio yo, metafóricamente no es nada más que el ajiaco descrito por el grande sociólogo y antropológo cubano Fernando Ortiz, sopa de tantas cosas puesta a cocer a fuego lento en la gran olla de barro cocido del Caribe, cuyo resultado es el producto transculturativo de todos esos diferentes elementos. Así como es imposible codificar en una receta precisa esta típica sopa cubana, de la misma manera no es posible describir la cubanía o sancionar sus confines. Se conocen los ingredientes pero no lo que será el producto de su encuentro. La cubanía es, entonces, solamente una reja, una hipótesis, un proyecto. Pero es posible seguir sus huellas e historicizar sus protagonistas-ingredientes, muchos, diversos entre ellos, aunque con una común perspectiva relacional. La cubanía y todas otras identidades caribeñas no son nada más que recipientes de varios contenidos y existencias reales en constante ebullición, mutable comprensión e intercambio incesante. Si este archivo podrá contribuir a producir alguna modificación en la imagen estereotipada y distorsionada que se tiene de la isla caribeña, si, junto a las "faciles ocasiones", estas páginas pudieran hacer comprender que, más allá de las apariencias, más bien rico es el proceso histórico y cultural que ha contraseñado y caracteriza todavía a esta tierra que Colón consideró "... ser [...] la más linda que ojos humanos vieron" (Diario de Bordo, 28 de octubre de 1492), es probable que a partir de mañana un nuevo encaje de conocimiento venga a añadirse a "nuestro pequeño saber". Traducción de Luisa Vietri, Roma (Italia)

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