Dopo circa dieci anni, rivedo sulla mia scrivania Roberto Fonseca con il suo ultimo album Zamazu. Ne parlo con piacere perchè è un bellissimo disco finalmente distribuito capillarmente anche in Italia e, inoltre, è la conferma che la nuova generazione del piano cubano ha partorito una nuova stella, che ebbi la fortuna di veder brillare all'inizio della carriera professionale.
Infatti alla fine degli Anni Novanta mi resi conto delle grandi conoscenze musicali e improvvisative di quel giovane e sconosciuto pianista di Temperamento — gruppo di jazz afrocubano con fusion — in scena al club La Zorra y el Cuervo dell'Avana. Degli altri eccellenti musicisti in pedana quella sera conoscevo solo Javier Zalba — ex Irakere, polistrumentista (sax, flauti, ecc..) — presente anche in questa nuova produzione del talentuoso pianista-compositore-arrangiatore.
In Zamazu — quarto album dopo Tiene que ver (1999), Elengo (2001), No limit (2001) e l'esordio jazz-fusion En el comienzo (1998) inciso con il gruppo Temperamento — Roberto Alain Fonseca Cortés, trentaduenne, avanero, che ha collaborato con star internazionali (Chucho Valdés, José Luis Cortés, Roy Hargrove, George Benson, Papo Lucca, Giovanni Hidalgo) torna sui suoi passi dopo la full immersion nel son accompagnando il cantante Ibrahim Ferrer, scomparso nel 2005. Con questo nuovo lavoro Fonseca cerca il riconoscimento internazionale da solista fissando le coordinate di quanto prodotto finora con il jazz, il suo linguaggio preferito che impasta magicamente a guaguancó, conga, ritmi batá, drum and bass, funky, son, guajira, bolero, danzón, classica, aggiungendo qui sound brasiliano, arabo e orientale.
Ma in Zamazu risalta anche una carica di sentimento e spiritualità straordinaria, palpabile nel tono intimo e affettuoso del piano di Robertico (come lo chiamano a Cuba) in Tierra en Mano e in Dime Que No, nella voce di Mercedes Cortés, madre dell'artista, che canta Misa Popular, nel El Niejo in ricordo di Ibrahim Ferrer. Curioso il mix di spiritualità con ritmi afrocubani, echi arabo-orientali sia in Ishmael, un omaggio a Abdullah Ibrahim — nome islamico del pianista sudafricano Dollar Brand — che in Congo Arabe, dedicato al suo protettore Changó, divinità della Santería. Ricchi di espressività anche Llegó Cachaito e Mil congojas, che suonava spesso con Ferrer, interpretato qui dalla vocalist Omara Portuondo.
Ritmo travolgente (e ballabile) tra conga e poliritmie batás quello di Clandestino su cui il piano costruisce un mosaico sonoro molto complesso, con fraseggi, accordi alterati, spostamenti ritmici, salti tonali e stili che richiamano i grandi del piano moderno da Thelonious Monk a Herbie Hancock passando per il connazionale Chucho Valdés e Keith Jarrett. Zamazu — nome nato da un gioco di parole della nipotina Paola — e Zamazamazu, sono due brani che ritornano al dna musicale di Robertico: funky, soul, world con jazz.
Meritevoli di segnalazione il canto melodioso del clarinetto di Zalba nei brani Suspiro, El Niejo e nell'affascinante e ossimorico danzon-chá con jazz Triste Alegría.
Per concludere, un disco dove il jazz jazz, come direbbero i puristi, va e viene per incontrarsi con la musica popolare cubana, le melodie apprese dai genitori e dai vecchi soneri, e con le antiche sorgenti che hanno generato le culture musicali del Nuovo Mondo.
All'album, realizzato tra Cuba e Brasile, hanno contributo, tra gli altri, Carlinhos Brown, Toninho Ferragutti, Vicente Amigo, Orlando 'Chachaíto' Lopez, Manuel 'Guajiro' Mirabal. Senza tralasciare di ricordare il nucleo cubano del gruppo di Fonseca: Javier Zalba, il bassista Omar González e i percussionisti Ramsés Rodriguez, Emilio Del Monte Mata, Emilio Del Monte Valdés.
Zamazu è stato presentato da Fonseca in occasione della recentissima tournée europea che ha toccato anche Umbria Jazz 2007.
I concerti si sono svolti l'8 luglio a Perugia (Umbria Jazz), l'11 a Lanciano e il 12 a Pomigliano.
Pagina inviata da Gian Franco Grilli
Giornalista, responsabile del Caribe (Associazione culturale)
(16 luglio 2007)