Come in tutta l’America Latina, a Cuba, prima della Rivoluzione, la donna occupava l’ultimo gradino della scala sociale. Se poi il colore della sua pelle era nero, aveva come uniche prospettive di lavoro fare la cameriera o fare la prostituta. La Rivoluzione ha restituito alla donna la sua dignità.
E non solo. Nonostante la permanenza di diversi aspetti di "machismo" nella società cubana, la donna ha preso coscienza dei suoi diritti e, supportata dal processo rivoluzionario, conquista ogni giorno posizioni più importanti.
Ha raggiunto i livelli più alti dell’istruzione — la maggioranza dei medici e del personale tecnico sanitario è costituita da donne — e anche all’interno della vita politica, sociale e culturale occupa sempre più frequentemente posti di rilievo e di notevole responsabilità.
Le statistiche nel campo del lavoro (dicembre 1997) confermano quanto esposto: oggi a Cuba la donna rappresenta il 42.5 % della forza lavoro nel settore statale civile, occupa il 65.5 % dei posti di professionista e personale tecnico, il 30.5 % degli incarichi di dirigente amministrativo. In campo politico le donne sono il 17.8 % dei Delegati Municipali, il 28.2 % dei Delegati Provinciali e il 27.6 % dei Deputati all’Assemblea Nazionale del Poder Popular (Parlamento).
Una tradizione di lotte e di impegni sociali
Le donne cubane, nel passato, sono state protagoniste attive nella lotta per l’indipendenza e contro i governi dittatoriali e falsamente democratici. Hanno contribuito alla sviluppo della guerriglia e al successo della Rivoluzione. Hanno avuto un ruolo di determinante importanza nella campagna di alfabetizzazione e in tutti i settori che, di volta in volta, richiedevano una grande mobilitazione e reali doti di generosa abnegazione.
Nelle missioni internazionaliste — nel Viet Nam, in Angola, in Nicaragua e in molti altri paesi — le donne si sono distinte come medici, come insegnanti e come soldati. Lo sviluppo dell’occupazione e della scolarizzazione hanno modificato il ruolo e l’identità sociale delle donne. Oggi la donna cubana ha la possibilità di lavorare ed essere indipendente, di mantenere se stessa e i suoi figli anche senza l’aiuto di un uomo.
Le sue conquiste in un continente pieno di difficoltà
La Costituzione cubana sancisce la parità di diritti tra uomo e donna.Le donne e gli uomini hanno gli stessi doveri nella conduzione e nell’organizzazione familiare. Ma, come in ogni parte del mondo, nella realtà di tutti i giorni è la donna che sopporta il peso maggiore per portare avanti la famiglia. Inoltre, a causa del blocco nordamericano, le difficoltà nella gestione della vita quotidiana sono sempre assai rilevanti e sono ancora le donne a essere protagoniste nelle file per acquistare i cibi o altri prodotti che non possono mancare.
Tuttavia la donna cubana ha ottenuto molto in materia di parità di diritti:il diritto alle ferie pagate durante le sei settimane precedenti il parto e le dodici successive la quasi totalità dei parti avviene in ospedale l’aborto è contemplato giuridicamente per i bambini dai 45 giorni ai tre anni esistono asili nido pubblici per i bambini fino a cinque anni esistono giardini d’infanzia pubblici. Nonostante la donna cubana debba ancora molto ottenere in campo politico e sociale, le conquiste raggiunte la mettono in una posizione assolutamente privilegiata nei confronti delle altre donne latinoamericane.
Nella dichiarazione finale della V Assemblea Generale del Comitato Nazionale della Federazione Donne Cubane (FMC), conclusa nel febbraio 1998, si riconoscono le donne cubane come "degne, complete, colte e libere".
"I bambini nascono per essere felici" (José Martí)
I bambini costituiscono circa la terza parte della popolazione cubana. Nella società cubana sono gli unici che ricevono privilegi. Certamente nessuno più di loro beneficia della Rivoluzione. Dalla più tenera età i bambini di Cuba hanno assicurato un futuro per il quale provvedono lo Stato e la Società nel suo insieme.
Con la vittoria della Rivoluzione sono state eliminate le Case di Beneficenza e gli Istituti di Carità dove andavano a vivere i bambini orfani o abbandonati. In questi posti non ricevevano alcun tipo di educazione né di assistenza medica.
La realtà sociale imposta dalla Rivoluzione ha fatto terminare l'oscuro panorama che si ripercuoteva sull'infanzia. Ha garantito alla famiglia lavoro e mezzi per una vita decorosa, ai bambini strutture per l'educazione, per la sanità e per la ricreazione. La legge ha stabilito gli obblighi delle persone, degli Organismi e delle Istituzioni in relazione alla formazione delle nuove generazioni. Questi obblighi sono sanciti dal Codice per l'Infanzia e per la Gioventù, approvato dall'Assemblea Nazionale del Poder Popular. Questo Codice è stato previamente sottoposto a un procedimento di discussione e di analisi al quale hanno partecipato più di cinque milioni di cittadini.
I bambini cubani hanno il diritto assoluto e garantito di ricevere l'educazione e l'assistenza medica in modo totalmente gratuito. Hanno diritto di partecipare ad attività sportive, culturali e ricreative in un vasto complesso di installazioni modernamente attrezzate. Possono usufruire di ospedali e unità assistenziali di prima classe, strutture educative e insegnanti di alta qualità, scuole vocazionali, circoli, campi per esploratori, scuole d'iniziazione sportiva, parchi di divertimento e innumerevoli altri centri.
I controlli medici al bambino fin da prima che venga al mondo, la garanzia di un'alimentazione adeguata e di un'educazione adatta all'epoca in cui vive, la raffinata assistenza che in senso generale offre la Società, permettono ai bambini di Cuba di crescere sani di corpo e di mente.
Ogni cubano sente questa realtà come uno dei suoi tesori più apprezzati. Nei risultati ottenuti dalla Rivoluzione nel campo dell'infanzia si sono concretizzati gli insegnamenti di José Martí, l'eroe nazionale dell'indipendenza cubana, che fin dal secolo scorso evidenziava l'importanza dell'assistenza e dell'educazione dei bambini.
"Lavoriamo per i bambini", diceva Martí, "perché i bambini sono quelli che sanno amare, perché i bambini sono la speranza del mondo".