Quello della Columbia è terreno aspro, di sfida e destrezza, mostra di personalità ove l'espíritu de lucha — il battagliero spirito che infonde il carattere del rumbero cubano — emerge nelle mille forme variegate dell'acrobazia, la velocità, l'improvvisazione esasperata che però mai si distacca dal ritmo serrato della musica, le prove di coraggio.
Lo sviluppo di questo genere di Rumba, che si nutre di agilità e forza mescolate in un contesto spiccatamente virile, potrebbe venir analizzato attraverso la storia dei suoi protagonisti, i grandi ballerini che hanno costellato una tradizione secolare con le prodigiose esibizioni della loro abilità. Il più memorabile in assoluto è José Rosario Oviedo, il cui fulgore si diffuse nei primi anni del Novecento, esistenza breve e accidentata la sua, che simbolicamente ripercorre il tracciato di una sola, grande, commovente Columbia durata una vita intera.
Meglio conosciuto come "Malanga" , soprannome che gli venne appioppato dai ragazzi del barrio in Unión de Reyes per via della sua corporatura tozza, il mulatto José cominciò a esercitare il talento per il ballo fin da bambino, sfoggiando tale creatività nell'improvvisazione da renderlo ben presto — e per sempre — famoso. La sua biografia costituisce una vera e propria miniera di avventure ed episodi nei quali s'incontrano tutti gli aspetti più caratteristici, e quelle formule proprie della Columbia. Ne troviamo testimonianza nelle narrazioni degli spettatori dell'epoca, che assistevano a bocca aperta alle sue prove di bravura, come quando ad esempio, con un bicchiere d'acqua o di birra sulla testa, eseguiva piroette a ripetizione e si chinava per raccogliere il fazzoletto da terra senza spargere nemmeno una goccia di liquido!
"Bailaba la rumba-columbia con inconfundible soltura".
Disinvoltura che veniva spesso e volentieri sfruttata, da coloro che lo assoldavano per gli spettacoli, per assecondare fini meno nobili, come quello di attirare nelle proprie zone di favore i lavoratori destinati alla zafra, la raccolta della canna da zucchero, o l'utilizzo della sua figura a scopo di propaganda durante le campagne elettorali.
La mostra d'abilità di Malanga sconfinava spesso in campi ai limiti del proibito. Si racconta ad esempio di una volta in cui, al suono incipiente dei cajones,
"... si levò la camicia e con un salto piombò sopra due tavoli collocati nel patio... Senza smettere di ballare, prese un grande anello al quale erano fissati quattro coltelli e iniziò a passarselo per tutto il corpo senza mai perdere il ritmo... Mentre ballava gli tremavano le membra; e quando ebbe terminato non aveva su di sé nemmeno un graffio".
Autentica incarnazione dello spirito della Columbia anche per il suo carattere spavaldo:
"Decían que era un luchador de la vida, un tipo de pueblo, dicharachero, jodedor...".
Spiritoso e dedito agli sfottò, dunque, qualità che unita a un pizzico di naturale astuzia lo rendeva irresistibile durante le sfide a colpi di tambores lanciate dagli orchestrali durante i toques di piazza. La Columbia infatti (cfr. Argeliers León), una volta che "si rompe la rumba" vede il ballerino impegnato a esibirsi in passi e gesti proprio di fronte al quinto, col quale intrattiene una sorta di litigiosa controversia. Né va dimenticata quella particolare sfumatura satírica che colora i canti: spesso vengono presi di mira personaggi conosciuti, talvolta persone presenti nel ruedo formato dal pubblico, attraverso allusioni scherzose o svelandone apertamente vicende ed episodi comici. E Malanga, con l'arguzia che lo contraddistingueva, sapeva che proprio per questo — per non cadere nella trappola delle provocatorie "minacce" che così spesso volavano per l'arena durante gli incontri di rumba — era necessario un gioco di attesa e di tempismo nelle entrate, quello che fa alla fine vincere il più forte. A tal proposito ripeteva sempre che
"... rumbero bueno no baila primero".
Gli aneddoti al riguardo si sprecano, e ci permettono senz'altro di partecipare un po' più profondamente di quel clima che si respirava durante le... battaglie anche verbali che si svolgevano (e ancor oggi si svolgono) a suon di Columbia. Mentre assisteva a una rumba, José Rosario subì le provocazioni di due esecutori del conjunto che gli cantarono:
Buenísimo quién te invitó
quién te invitó a esta rumba
carabalí, congo real
rumbero bueno trae porfía.
Con prudenza lui aspettò per un po', dopodiché rispose alla provocazione:
Caminen caminadores
yo no sé lo que me pasa
yo he salido de mi casa
sin rumbo y sin profesores
caminando, caminé
un monte yo me encontré
un palo que ahí, yo vi
un machetazo le di
y el palo me dijo así
rumbero bueno no porfía
rumbero bueno levanta rumba.
... e si mise a ballare!
E leggendo questi racconti sembra davvero di vederlo scattare, ballare, fra prodezze inaudite e parate di passi rapidi e acrobatici (proprio come uno di quegli Ireme, i folletti diabolici che popolano la mitologia Abakuá e ai quali par bene che in origine s'ispirassero i danzatori di Columbia di stanza nella zona di Matanzas, ove appunto risiedevano le sette di origine Carabalí).
Purtroppo, se da una parte tanta bravura gli valse un riconoscimento popolare imperituro, dall'altra il personaggio, forte, così ben stagliato sulla massa di ballerini mediocri (e non poco donnaiolo e spaccone agli occhi dei più) facilmente generava intorno a sé invidie e inimicizie. E furono probabilmente queste — ma qui si entra nel campo delle congetture — a condurlo verso una fine prematura e drammatica. Sembra in sostanza che il nostro fu eliminato in maniera subdola e crudele (con un veleno, o facendogli propinare, dall'oste di turno, una dose di schegge di vetro tritato opportunamente mescolate a una pietanza: in ogni caso i racconti portano a pensare che il povero Malanga patì una tremenda morte provocata da emorragie interne). Non si sa se il mandante fu una donna scottata da una delusione amorosa, o un rivale frustrato dal vederlo costantemente primeggiare nella Rumba, con quella sua spontaneità unica e peculiare. Né è dato sapere se sia mai stato sepolto, soltanto che, di fatto, nell'anno 1922 "el Timbero Mayor" de la Columbia murió.
Unión de Reyes
llora a ese timbero mayor
que vino regando flores
desde Matanzas a Morón.
Bonboró, bonboró, bonboró,
siento una voz que me dice:
"Malanga murió"
E quello che oggi rimane è per fortuna ancora tutta la sua magia, la sua grandiosa leggenda.