Cuba

Una identità in movimento


Le storie del Camagüey: l'assassinio del cacicco Camagüebax

Lázaro David Najarro Pujol


La leggenda della principessa Tínima sarà ricordata eternamente in questa città come un esempio della fierezza della donna camagüeyana. Foto: Lázaro David Najarro PujolLa principessa decise di seguire il destino di morte, come suo padre, il cacicco Camagüebax.

Con il cuore spezzato dal dolore e dalle sofferenze, s'incamminò sino al punto più alto sul fiume e si lanciò nelle sue acque.

Si racconta che reclamando giustizia, ogni pomeriggio dalla corrente emergevano il pianto e la chioma della principessa.

La acque del fiume Tínima sono limpide e trasparenti. Corrono da est a ovest al ritmo della musica di una danza indigena che proviene dalla zona del caciccato vicino Il Tínima nasce dalla collina di Yucatán, attraversa il paese e poi si unisce al Hatibanico, formando il Signore delle Acque Alte, il fiume San Pedro, uno dei più lunghi della regione. Il Tínima e il Hatibonico sono protetti da una fitta e lussureggiante vegetazione con più di 25 specie di alberi da legna dell'endemia cubana...

Nella zona dove oggi sorge la centenaria città sorgeva il cacicazgo di Camagüebax. Foto: Lázaro David Najarro PujolNella zona regnava una tranquillità perfetta, là dove comandava il cacicco Camagüebax ma a nordovest, a Caonao, alcuni anni prima quella tranquillità era stata interrotta da un gruppo di uomini famosi per la loro crudeltà spietata, dotati di cavalcature e armi da fuoco. Era arrivato il plotone di cavalieri di Punta del Güincho, nella settentrionale Baia di Pueblo Viejo, fuggendo dalle zanzare, dalla mancanza di acqua abbondante, dagli attacchi dei pirati e dalle condizioni geografiche avverse.

Quegli uomini spietati cambiarono la tranquillità degli aborigeni per la loro "civiltà", ossia la barbarie.

Le terre di quella piacevole zona divennero rosse per il sangue degli indigeni versato dove avvenne un orribile massacro, guidato da Pánfilo de Narváez.

Quelli che sopravvissero furono spogliati di tutti i diritti e sottomessi a terribili vessazioni, sino a che, dieci anni dopo, nel 1527, i veri padroni di quelle terre si sollevarono e inspiegabilmente, nonostante il potere degli occupanti spagnoli ne uccisero molti e li obbligarono ad intraprendere una precipitosa fuga, portando solo la grande croce di legno e la campana della chiesa parrocchiale maggiore.

La marcia macabra dei fuggitivi si dirigesse verso il centro della regione, dove governava l'indigeno Camagüebax.

Quando gli spagnoli giunsero, furono ricevuti con amicizia dal cacicco Camagüebax, ultimo sovrano della sua dinastia che, nonostante la tenebrosa traiettoria degli ambiziosi rifugiati, offerse una generosa ospitalità.

Li accolse nella parte orientale del paese, dove alloggiarono ed ebbero numerosi servitori chiamati "naborias", che portarono acqua, legna, cibo, frutta e tutto quello che necessitavano.

Pochi giorni dopo lo stesso cacicco offerse un piccolo "sao" (una piccolo territorio) vicino al paese perchè costruissero la loro città. Gli spagnoli accettarono l'offerta e accordarono in una riunione aperta di stabilirsi lì definitivamente, considerando che il luogo era centrale.

L'improvvisato architetto tracciò una linea retta tra ifiumi Tínima e Hatibonico per designare il centro dell'insediamento che si stava per stabilire.

Apparentemente tutto trascorreva normalmente e gli spagnoli ubicarono prima, a metà della linea, la croce sacra di legno portata da Caonao il pomeriggio precedente assieme alla campana della chiesa, testimoni del massacro degli indios. Poi tracciarono la piazza centrale, costruirono un gruppo di bohíos, la Parrocchiale Maggiore (la residenza del governatore), la caserma e il carcere.

La pace cominciò ad essere oltraggiata dagli indegni stranieri, quando, come pagamento alla bontà o all'incoscienza degli anfitrioni scatenarono la maledizione sulla zona Pretesero di sottomettere Camagüebax e non riuscendovi, come punizione per "la disobbedienza", lo uccisero in un modo barbaro e orribile.

Fuori dela città , dall'alto della cima del Tuabaquey (500 metri de altezza), fu gettato il corpo squartato del cacicco. Foto: Lázaro David Najarro PujolIl corpo squartato del cacicco fu lanciato dall'alta cima del Tuabaquey (a 500 metri d'altezza), nella zona nord del territorio su cui regnava.

Il sangue dell'indigeno hanno tinto per l'eternità e per molte leghe, in circolo, le terre di Cubitas e si racconta che l'anima dello sventurato cacicco veniva tutte le notti su quella collina fatale sotto forma di luce.

A Cubitas passava la strada che da Puerto Príncipe si dirigeva alla costa.

I viaggiatori transitavano da Matanzas, superavano Los Paredones e s'incamminavano verso gli imbarcaderi di Jigüey e La Guanaja.

Lì a Cubitas, lo spirito del cacicco annunciava ai discendenti dei suoi barbari assassini la vendetta del cielo, ricaduta sui colpevoli.

Gli spagnoli, parenti del diavolo, non si impressionarono per il crimine contro il cacicco e l'uccisione degli aborigeni: si accanirono invece contro la principessa Tínima, obbligandola sposare un brutale conquistatore. Il criminale, con il sangue del cacicco ancora sul cuore, pretendeva di possedere a forza la bella e giovane principessa che decise invece di seguire il destino di morte di suo padre.

Così la maledizione rimase nella regione: alla fine del 1616 una parte del rustico insediamento andò a fuoco distruggendo la maggior parte delle ricchezze e e degli archivi primitivi, come conseguenza di un sollevamento degli schiavi.

Un anno dopo si ricominciò a costruire, non proprio nello stesso luogo, ma l'edificazione non durò molto perchè fu saccheggiata e incendiata nel 1668 dal corsaro Henry MorganUn anno dopo si ricominciò a costruire, non proprio nello stesso luogo, ma l'edificazione non durò molto perchè fu saccheggiata e incendiata nel 1668 dal corsaro Henry Morgan.

Nel 1679, il filibustiere Granmont invase Puerto Príncipe e rapi quattordici donne e gli abitanti dovettero pagare un forte riscatto per riaverle vive.

Passarono molti anni prima che la Villa del Puerto del Príncipe, dalle strade strette e tortuose fosse riedificata.

Poi furono costruite la Plaza de Armas, la Plaza de Isabel II, la Plaza de Recreo… el parque Ignacio Agramonte…

Forse è stato proprio il Maggior Generale Ignacio Agramonte, che ha posto fine al reclamo di giustizia di Camagüebax.

Da allora l'anima dello sventurato cacicco non è più tornata alla collina fatale in forma di luce per annunciare ai discendenti dei suoi barbari assassini la vendetta del cielo e il pianto e la chioma della bella principessa Tínima hanno smesso di emergere della corrente del fiume...

    Traduzione di Gioia Minuti.
    Giornalista, corrispondente e redattrice
    della rivista cubana Granma Internacional in italiano.







Pagina inviata da Gioia Minuti
(2 febbraio 2009)


Lázaro David Najarro Pujol


Lázaro David Najarro Pujol, scrittore e giornalista.
Lavora nella Radio Cadena Agramonte di Camagüey.
Autore dei libroi Emboscada e Tiro de Gracia,
entrambi publicati dall'Editorial Ácana di Camagüey.
Editore del Sito Web: http://camaguebax.awardspace.com/






Camaguebax. La pagina dello scrittore e giornalista Lázaro David Najarro Pujol


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