Cuba

Una identità in movimento


La "jerga" cubana. Un piccolo vademecum sullo slang che si parla per le strade dell'Avana e nel resto di Cuba

Riccardo Ferreri


Molte delle persone che visitano Cuba rimangono stupiti dal modo di parlare dei cubani. In particolare all'Avana, la gente si esprime in maniera estremamente rapida e sincopata, spesso accompagnata da una prossemica altrettanto multicolore. Anche a Santiago, e più in generale in tutto l'Oriente cubano, la comunicazione è molto caratteristica, anche se si svolge su ritmi leggermente più bassi e con toni più distesi.

In maniera figurata, si può affermare che i cubani hanno la tendenza a comunicare in maniera estremamente musicale, come se ogni relazione interpersonale fosse identificabile con una interpretazione melodica. Può sembrare una forzatura interpretativa, tuttavia non si dimentichi che stiamo parlando dell'isola più musicale del mondo, ovvero il posto dove la creatività artistica ha fatto sì che nascessero ritmi universali come il mambo, la rumba e dove a ancora oggi molto si sperimenta tutt'oggi è in corso un laboratorio artistico e culturale di primaria importanza.

La specificità del linguaggio parlato a Cuba è ben rappresentato da un esempio: mi è capitato più di una volta di assistere a conversazioni tra cubani e spagnoli e di rilevare che spesso avvenivano parecchi fraintendimenti, malgrado gl interlocutori fossero accomunati dalla medesima radice linguistica, quella di Cervantes, tanto per intenderci...

Oltre al ritmo e all'originale linguaggio del corpo, ciò che rende il "dialetto" cubano di non intuitiva comprensione è la presenza di una moltitudine di termini gergali, in massima parte provenienti dall'eredità africana, alcuni dei quali estremamente pittoreschi.

Se, per esempio, incontrando per strada un cubano, ci sentiremo dire "¿qué bolá?", significa che il nostro interlocutore ci chiede, in maniera amichevole, come va.

Entrando in confidenza col nostro interlocutore, se questi ci indicherà che una certa situazione "está en candela..." vorrà consigliarci di lasciar perdere perché la cosa è rischiosa, o fonte di fastidiose complicazioni...

Cuba non attraversa un periodo economico felice; il nostro nuovo amico probabilmente andrà tutti i giorni alla "pincha", ovvero al lavoro, per guadagnarsi il "baro", ovvero i soldi mai sufficienti per vivere. Allo stesso tempo potrà riferirsi al vile denaro con il termine "guaniquiqui", oppure "caña", mentre se si riferisce ai tanto ambiti dollari, probabilmente li chiamerà "fulas".

A causa della grande crisi economica e sociale molti cubani sognano di andare alla "Yuma", ovvero negli Stati Uniti; il Paese nemico storico del regime di Fidel Castro è più vicino di quanto si possa immaginare: si pensi che Key West, in Florida, dista appena 90 miglia dalle coste dell'Avana.

Le difficoltà economiche non hanno, tuttavia, intaccato i rapporti umani: quando ci si rivolge ad un amico molto stretto, lo si chiamerà "asere", ovvero fratello, termine di diretta provenienza africana.

I genitori, invece, vengono definiti confidenzialmente "puros" o "viejos", mentre i ragazzini sono detti "chamas" o "chamacos".

La cultura popolare cubana non è risultata immune all'influenza anglosassone; tuttavia sul Mar dei Caraibi è avvenuto un interessantissimo processo di assimilazione dei termini di lingua inglese e di conseguente adattamento al parlato locale: per esempio, nel gioco del baseball, detto da queste parti "beisbol", l'home run, ovvero il movimento del giocatore che compie il giro completo intorno alle quattro basi del diamante di gioco, viene detto "jonron".

Il valore culturale di questi neologismi era già stato sottolineato da Guillermo Cabrera Infante, uno scrittore cubano dalla prosa innovativa, il quale nella sua opera più famosa, "Tres tristes tigres", aveva adottato i termini gergali presi direttamente dalla strada; anche in una raccolta di racconti intitolata "Vista del amanecer en el trópico", l'autore fa uso di una prosa da strada assolutamente efficace.

Analogamente, la nuova corrente letteraria cubana utilizza lo slang come strumento per descrivere la realtà in maniera autentica ed intensa, codificando ed attribuendo così dignità letteraria ai neologismi di estrazione popolare.

In questo quadro di grande creatività, che si esplica non solamente a livello artistico, bensì in ogni aspetto della vita di tutti i giorni, appare chiaro l'interesse suscitato dalla già multicolore realtà cubana, fatta di mille contraddizioni, ma anche di mille scoperte quotidiane.

Chi avesse la possibilità di approfondire la conoscenza del modo di esprimersi e comunicare dei cubani, scoprirà un aspetto nuovo e affascinante della realtà cubana, che quasi certamente lo allontaneranno dagli scontatissimi clichè rappresentati nei depliant turistici e dalle cartoline da inviare agli amici, quasi sicuramente stampate in Italia...





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Webmaster: Carlo NobiliAntropologo americanista, Roma, Italia

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