Buena Vista Social Club. Il fenomeno mediatico Cubano del XX secolo
Federica Formato
Tesi di Laurea discussa presso l'Università degli Studi di Napoli "L'Orientale"
Facoltà di Lingue e Letterature Straniere
C.d.L. "Lingue, Letterature e Culture dell'Europa e delle Americhe"
Relatore: Ch.mo Prof. Vito Galeota
Anno Accademico: 2003-2004
1. Come nasce un popolo
"Balada de los Dos Abuelos"
Sombras que sólo yo veo,
me escoltan mis dos abuelos.
Lanza con punta de hueso,
tambor de cuero y madera:
mi abuelo negro.
Gorguera en el cuello ancho,
gris armadura guerrera:
mi abuelo blanco.
Pié desnudo, torso pétreo
los de mi negro;
¡pupilas de vidrio antártico
las de mi blanco!
Africa de selvas húmedas
y de gordos gongos sordos...
— ¡Me muero!
(Dice mi abuelo negro).
Aguaprieta de caimanes,
verdes mañanas de cocos...
— ¡Me canso!
(Dice mi abuelo blanco).
Oh velas de amargo viento,
galeón ardiendo en oro...
— ¡Me muero!
(Dice mi abuelo negro).
¡Oh costas de cuello virgen
engañadas de abalorios... !
— ¡Me canso!
(Dice mi abuelo blanco).
¡Oh puro sol repujado,
preso en el aro del trópico:
oh luna redonda y limpia
sobre el sueño de los monos!
¡Qué de barcos, qué de barcos!
¡Qué de negros, qué de negros!
¡Qué largo fulgor de cañas!
¡Que látigo el del negrero!
Piedra de llanto y de sangre,
venas y ojos entreabiertos,
y madrugadas vacías,
y atardeceres de ingenio,
y una gran voz, fuerte voz,
despedazando el silencio.
¡Qué de barcos, qué de barcos,
qué de negros!
Sombras que sólo yo veo,
me escoltan mis dos abuelos.
Don Federico me grita
y Taita Facundo calla;
los dos en la noche sueñan
y andan, andan.
Yo los junto.
¡Federico!
¡Facundo! Los dos se abrazan
Los dos suspiran. Los dos
las fuertes cabezas alzan;
los dos del mismo tamaño,
ansia negra y ansia blanca,
los dos del mismo tamaño,
gritan, sueñan, lloran, cantan.
Sueñan, lloran, cantan.
Lloran, cantan.
¡Cantan!
(Nicolás Guillén )
L'isola di Cuba è situata nelle Grandi Antille, che si ergono nel Mar dei Caraibi. Secondo il censimento del 2001 gli abitanti sono 11.184.023, nei quali è possibile riconoscere percentuali di diversi gruppi etnici quali i bianchi, i meticci e la popolazione nera. Per rintracciare l'origine e la fusione dei tre gruppi è opportuno fare un passo indietro, ai tempi della conquista e della colonizzazione
Da subito gli indios vennero considerati schiavi dai conquistadores, seppur diversi emendamenti reali dei secoli XVI e XVII sancirono, nei limiti della situazione, la libertà di tutti gli abitanti del Nuovo Mondo.
È il caso, ad esempio, di quel Decreto Reale del 20 giugno 1500
"... che aveva condannato le attività schiavistiche e dichiarato che gli indios dovevano essere vassalli liberi della corona"[1].
Tuttavia la mortalità degli indios era altissima, a migliaia morirono a causa del duro lavoro al quale non erano abituati, essendo, infatti, dediti maggiormente all'agricoltura e venendo, invece, impiegati nel settore edile.
Inoltre come suggerisce Antonio Moscato
"... l'alimentazione era [...] insufficiente, e le vessazioni tali da vere e proprie ondate di suicidi"[2].
A questo si aggiunse la limitata crescita demografica, in quanto anche gli Indios si resero conto che non era plausibile auspicare una vita così atroce anche alla futura e probabile prole.
Il governo della Spagna come le altre potente colonizzatrici, ricorse, alle riserve degli schiavi che si trovavano nelle terre che si affacciavano sulla costa africana, questo per
"... ragioni politiche e demografiche"[3].
Nel 1518 la richiesta era già altissima tanto che Carlo I ordinò la costituzione di apposite società, che dietro concessione di una licenza regia regolata da un particolare contratto detto ASIENTO, ne organizzassero il trasposto direttamente dall'Africa. La schiavitù africana a Cuba e in tutte le terre d'oltreoceano, diventava così una forza lavoro particolarmente importante.
Nel XIX secolo, in totale, erano giunti nell'intero continente 15.000.000 di schiavi africani, anche se un folto numero, anch'essi prelevato dalle zone natali, rimase ucciso durante il viaggio.
Gli indiani, dal canto loro, guardarono da subito con meraviglia l'arrivo degli spagnoli, senza immaginare i risvolti che questo avrebbe avuto, furono incuriositi, ancor di più, dal colore della pelle degli schiavi importati dall'Africa tanto che in alcune occasioni
"... insistettero a lavarlo e a ben strofinarlo".
Nasce così un incontro storico tra una cultura indigena, quella europea e quella africana. Ben presto gli indigeni e gli schiavi neri furono costretti a condividere lo stesso atroce destino: quello della schiavitù e della sopravvivenza; ma nonostante tutto c'era chi, come Bartolomé de Las Casas, trovava giusto impiegare schiavi africani mostrandosi, invece, reticente alla schiavitù bianca. Egli stesso nel suo "Breve historia de la destrucción de las Indias" dice:
"... con venti neri si poteva estrarre molto più oro che con quaranta indiani".
Le ragioni di tutto ciò sono da ricercare nella convinzione che in Africa la popolazione fosse figlia di Cam, per questo portatrice del peccato originale. Con il trascorrere del tempo, quelli che erano "bianchi" e quelli che erano "neri" si fusero in un'unica razza, quella del meticciato, "mestizaje" che oggi è ancora una delle caratteristiche più evidenti della cubanità. Carmagnani, a questo proposito scrive:
"... la vitalità del nuovo uomo americano è visibile nel fatto che etnicamente non è nero, bianco o indio, bensì il prodotto di un incrocio interetnico che non trova equivalenti in nessun'altra parte del mondo"[4].
Il mestizaje era particolarmente sviluppato nelle nuove realtà americane quali le città e le miniere.
Nello specifico questa è anche la storia delle Grandi Antille; si legge, infatti, che l'importazione di schiavi riguardasse soprattutto Hispaniola e Cuba, alla fine del XVIII secolo in quest'ultima erano presenti 500.000 abitanti, per circa la metà neri e mulatti.
Si calcola che le ondate di schiavi provenienti dalle coste dell'Africa continuarono ad affluire fino al 1880, dato che risultò fondamentale nel calcolo della percentuale della popolazione nera, che nel XX secolo era stimata intorno al 60%[5] (nell'appendice 1 è possibile confrontare i dati sulle importazioni di schiavi africani a Cuba).
La religione fu, per gli schiavi africani, l'unico appiglio alla loro origine, religione che a poco a poco entrò nel loro nuovo modo di vivere tanto da introdurre a Cuba una
"... forma originale di sincretismo, che dietro una sottile patina cattolica, riproponeva le divinità africane yoruba o kongo o carabalí"[6].
2. Dalla storia di Cuba alla storia della musica cubana
La música, como todo otro elemento sustantivo de una cultura,
no puede ser bien apreciada en sus valores
sin conocer su función en la integridad
del sistema de esa misma cultura,
de la cual aquélla forma parte.
La música en general,
así sus expresiones como sus instrumentos,
responden a factores muy complejo;
sin el estudio de éstos,
aquélla no puede ser comprendida
(Fernando Ortiz)
Si è, quindi, visto come diverse culture si sono mescolate tra di loro fino a formare un solo popolo, la cui accezione è
"... insieme di individui che si considerano o sono considerati appartenenti a una stessa collettività, etnicamente omogenea, in quanto abitano un territorio geograficamente o politicamente definito o hanno in comune lingua, cultura, tradizioni".
Un popolo che ancora oggi è costituito da "bianchi", "mulatti" e "neri" che non si contendono la palma della supremazia ma convivono civilmente senza discriminanze per il colore della pelle.
L'odierna Cuba è anche questo, o come dice il poeta Nicolás Guillén, è soprattutto questo, anima, essenza della "cubanidad".
Quest'incrocio ha dato vita, col passar dei secoli, a nuove sfumature nelle molteplici forme artistiche. È il caso della musica.
Con la moltitudine di problemi che i territori caraibici dovevano affrontare nei secoli post-conquista, ad esempio gli attacchi dei pirati, sembrava non esserci tempo per uno sviluppo concreto della musica.
È insolito affermare che fu proprio una decisione governativa, cioè la divisione del territorio in due autorità nel 1607, a dare slancio a questa forma d'arte.
Appare davvero difficile tracciare la storia della musica cubana, gli studiosi sono certi che questa componente sia sempre stata presente nelle feste religiose. Infatti
"... el factor religioso [...] intervino en el desarrollo de la música..."[7]
Crogiolo di culture, anche la musica va inserito in un contesto multiculturale;
"El aporte de las etnias negras de procedencia africana es decisivo en la formación de la nacionalidad cubana. Es el major antecedente o constituyente y define en el ámbito musical la textura sonora de lo que se ha llamado Cubanía"[8].
È imprescindibile l'importanza della cultura afro nella musica, come nella storia, come nella letteratura ed a Cuba è ancora presente: "... la música ritual yoruba, conga y abakuá tiene evidentes nexos con las formas profanas que se encuentran en la música popular como la rumba y el son"[9], e "la música negra, neoafricana, restafricana, de reafricanización son algunas de las expresiones que designan la influencia africana en la música actual de America [..], lo que aparece acentuado es la unicidad o la pluralidad de la cultura musical"[10].
Frequentemente si tende a considerare il mambo la tipica musica e il tipico ballo di quest'isola caraibica, convinzione solo in parte veridica.
Nell'isola di Cuba quando si dice "musica" si dice bolero, son, rumba, habanera, danzón e anche mambo.
Ognuno di questi ha una sua particolarità di suoni, di lirica, di ballo e di strumenti musicali impegnati ma soprattutto, ognuna ha una propria particolare storia, che verrà tracciata nelle prossime righe.
Come per la storia anche in questo settore non si potrà fare a meno di considerare il binomio Africa–Spagna, come già precedentemente accennato: lo spagnolo e il nero sono i due elementi fondamentali della musica cubana,
"... la profonda melodia della mistica Castiglia e il ritmo yoruba impregnato di selvaggio e di misterioso come la voce degli occulti poteri della natura, il ritmo yoruba che accompagna i rituali della religione afrocubana per eccellenza, la santería. La fusione del tamburo africano che sintetizza la sua voce nel bongó e della chitarra spagnola che si cubanizza nel trés"[11].
Nonostante non sia stata data vita facile agli africani nei secoli precendenti l'Indipendenza, poche volte la comunità fu disposta a reprimere la libera espressione, e dobbiamo a questa tenacità le nuove armonie costituitesi dall'incontro con le sonorità degli abitanti dell'isola.
La musica cubana assume anche il nome di "Blanquinegra", e a Cuba si sente dire che
"... non si cammina ma si balla"[12].
La rumba, nasce nelle aree urbane quali barrios e solares, dove c'è un'alta densità di popolazione nera molto povera, zone, che solo col trascorrere del tempo hanno acquistato sfumature creole. I ritmi della rumba prevedono le percussioni dei tamburi, ma la povertà aveva acuito l'ingegno dei percussionisti che utilizzavano e ancora oggi lo fanno, dei pezzi di legno, così come le "claves" venivano sostituite con dei cucchiai.
Per lo sviluppo e la diffusione dei ritmi della rumba, non c'è stato bisogno di grandi concerti nei teatri o di vendite stratosferiche di dischi; la rumba si balla ancora oggi nelle strade, si canta, si vive ed esprime la sensualità dell'anima delle mujeres cubane.
La rumba ha 3 varianti: yambú (sembra essere il genere più antico), columbia (genere più raffinato che solo col tempo di trasforma in rumba urbana) e guaguancó (evoluzione dello yambú, sicuramente il più urbano).
Il mambo, è un ritmo creato nel 1938 come variante del danzón e la cui struttura definitiva fu articolata da Pérez Prado.
Il bolero, invece, nasce a Santiago de Cuba alla fine del 1800 e non ha alcuna caratteristica comune col bolero spagnolo, distinzione che va ricercata anche nella danza che queste sonorità comportano.
Tecnicamente è costituito da 2 periodi musicali di 16 tempi, separato da un passaggio strumentale chiamato PASACALLE; nel bolero assume particolare importanza la parte letteraria della canzone, che spesso è una poesia. Inventori e profeti di questo genere sono i trovadores neri e mulatti.
È musica razionale a tutti gli effetti ed è il ritmo base della canzone cubana che rivela un aspetto imprescindibile del "ser" cubano (esempi di boleri sono presenti anche nell'album Buena Vista Social Club, titoli quali "Dos Gardenias", "Veinte Años", "¿Y tu que has hecho?").
3. Il Son cubano
"Son Número 6"
Yoruba soy, lloro en yoruba
lucumí.
Como soy un yoruba de Cuba,
quiero que hasta Cuba suba mi llanto yoruba:
que suba el alegre llanto yoruba:
que sale de mi.
Yoruba soy,
cantando voy,
llorando estoy,
y cuando no soy yoruba,
soy Congo, Mandinga, Carabalí.
Atiendan, amigos, mi son que empieza así.
Adivinanza
de la esperanza:
lo mio es tuyo,
lo tuyo es mio;
toda la sangre
formando un río.
La ceiba ceiba con su penacho;
el padre padre con su muchacho;
la jicotea en su carapacho.
!Que rompa el son caliente,
y que lo baile la gente,
pecho con pecho,
vaso con vaso,
y agua con agua con aguardiente!
Yoruba soy, soy lucumí,
Mandinga, Congo, Carabalí.
Atiendan, amigos, mi son, que sigue así:
Estamos juntos desde muy lejos,
jóvenes, viejos,
negros y blancos, todo mezclado;
uno mandando y otro mandado,
todo mezclado;
San Berenito y otro mandado;
todo mezclado;
negros y blancos desde muy lejos,
todo mezclado;
Santa María y uno mandado,
todo mezclado;
todo mezclado, Santa María;
San Berenito, todo mezclado;
todo mezclado, San Berenito;
San Berenito, Santa María,
Santa María, San Berenito
todo mezclado.
Yoruba soy, soy lucumí,
mandinga, congo, carabalí.
Atiendan, amigos, mi son, que acaba así:
Salga el mulato,
suelte el zapato,
díganle al blanco que no se va:
de aquí no hay nadie que se separe;
mire y no pare,
oiga y no pare,
beba y no pare,
coma y no pare,
viva y no pare,
que el son de todos no va a parar![13]
(Nicolás Guillén)
L'origine del son è da ubicare nella regione orientale di Cuba, principalmente a Santiago e nella cordigliera della Sierra Maestra; più volte è stato associato alle feste changüí che venivano celebrate a Guantánamo. Sorge alla fine del XIX secolo come parte integrante della nazionalità cubana.
In primis veniva suonata nei carnevali di Santiago, alcuni documenti ne danno traccia dal 1892, e insieme al genere fu consacrato un nuovo strumento, almeno per l'epoca, il trés, che oggi è lo strumento simbolo del son[14].
Oltre al trés gli strumenti fondamentali furono il bongó, le maracas, la chitarra e la clave.
"En el son se da un sincretismo musical entre los instrumentos percusivo africanos y los instrumentos de cuera pulsata españoles; en el aspecto vocal entre la décima española y el canto alternado entre coro y solista de origen africano"[15].
"El son era uno de los bailes de las clases pobres — de los solares — que fue rechazado duramente por las clases acomodadas — de los clubes —, incluso fue prohibido por el gobierno que lo consideraba inmoral"[16].
"Muy pronto sufrió los ataques de la clase dominante, que, con una actidud mentalsimilar a la de sus antepasados negreros, consideraba toda creación brotada de las capas populares como llena de lascivia y primitivismo y contraria a las buenas costrumbres"[17].
"No se bailaba en las sociedades blancas por cosiderarse cosa de negros, ni en las de negros finos, por mimetismo, alienados a tal gardo que se solidarizaban con esa actitud prejudiciosa. Pero, poco a poco, su sabrosura fue derribando las barreras sociales. Hasta que finalmente penetró en los salones blancos, y mucho tempo después en las sociedades negras"[18].
"Luego al entrar en los salones de bailes de La Habana y otras ciudades importantes, al difrutar de una gran difución discografíca y gracias al trabajo musical de agrupaciones [...] el son pasó del solar a la conciencia del pueblo cubano y de ahí del mundo. Luego de los años 20 el son se convirtió en el género nacional de Cuba, superando al danzón, que lo fue a fines del siglo pasado y principios de éste"[19].
Negli anni 30, il Son comincia la sua scalata verso il successo internazionale, negli Stati Uniti e in Europa e fu proprio questo decennio che
"... marcó el apogeo de este genero musical"[20].
3.1 La struttura del son
In principio il "son" era costituito da un elemento fondamentale quale l'estribillo. In seguito ha subito una evoluzione che lo ha unito ad una "cuarteta" o "copla". L'estribillo veniva cantato da un coro, mentre la "copla", o "regina" come erano soliti chiamarla i guajiros della Cuba Orientale, veniva cantata da un solista, che il più delle volte improvvisava.
La trasformazione definitiva avviene quando il "son", genere musicale nato tra le montagne, varca la soglia degli ambienti urbani.
Il "son" acquista così una struttura di due sezioni; la prima "largo" prende il posto della "copla" mentre la seconda "montuno", nome che risale alle origini "del monte", è l'insostituibile estribillo.
I temi trattati nel "son montuno", nome più comunemente usato per questo genere musicale, sono molto vari; si estendono da motivi amorosi a "coplas" umoristici. I ritornelli, invece, sono costituiti da frasi complete oppure dall'unione di più parole che non hanno un vero e proprio significato.
Non è raro che il "son" inizi con il ritornello: anzi questa struttura è ben visibile nei "sones" dei Buena Vista Social Club quali "Chan Chan" e "De Camino A La Vereda" (CFR paragrafo 7: "I sones di Buena Vista Social Club").
3.2 Varianti del son
Il "son" ha dato vita, nel corso del XX secolo, a diverse sfumature, tutte comunque riconducibili allo stesso genere. Queste sono:
- "pregón": di solito i suoi testi raccontano la giornata di venditori di noccioline e di baristi di strada;
- "son montuno": in cui c'è una maggior ripetività del ritornello;
- "sucu-sucu": alterna un solista ad un corpo di ballo;
- "son-habanero": presenta una musicalità più ritmata;
- "guajira-son": con testi dal sapor "campesinos";
- "guaracha-son": perfetto incrocio tra ritmi africani e spagnoli;
- "mambo";
- "cha cha cha".
4. BUENA VISTA SOCIAL CLUB
Sulla musica cubana, evidentemente, ancora non si è detto tutto. Specialmente quando di parla di son, non si può omettere di parlare del fenomeno musicale che ha imperversato nelle classifiche a metà degli anni 90: stiamo parlando di Buena Vista Social Club.
Chi sono e perché si chiamano Buena Vista Social Club?
Il fenomeno dei super abuelos non è solo discografico ma anche cinematografico. Il film documentario è successivo in ordine al CD. L'uno, è infatti apparso nel '96 e l'altro nel '98, registrando un enorme successo in America e in Europa.
Il disco si deve all'impegno di Ry Cooder e Juan de Marcos Gonzáles i quali sono riusciti a rintracciare alcuni tra i cantanti e musicisti originali del Son cubano e li hanno riuniti in una grande orchestra.
I loro nomi sono famosi anche esonerandoli dal progetto Buena Vista, tra loro riconosciamo: Compay Segundo, Ibrahim Ferrer, Omara Portuondo e Orlando "Cachaito" López.
4.1. Il film di Buena Vista Social Club
Il documentario musicale è stato diretto da Wim Wenders ed è apparso nelle sale cinematografiche del mondo nel 1998. È una lunga intervista col mondo, con la cultura, con le esperienze di vita ergo con la carriera musicale dei super abuelos.
Il termine super abuelos è riferito alla non proprio giovane età dei protagonisti; Compay Segundo, ora scomparso, aveva 91 anni e Ibrahim Ferrer come gli altri è ormai giunto alla settantina.
Questo film, più che coinvolgere lo spettatore nella mera registrazione delle canzoni dell'album, gli apre un mondo magico e fantastico.
Un mondo fatto di suoni, colori, tradizioni, e di luce che si scorge negli occhi degli intervistati nel racconto delle loro esperienze. Il film è un inno alla musica come fonte di vita, di giovinezza eterna e di sopravvivenza fisica e morale.
Secondo alcuni critici del settore, il film e l'intero progetto Buena Vista Social Club è un "affare commerciale", ma, nonostante l'indubbio guadagno economico, si nasconde qualcosa di più profondo: è l'intensità con la quale il cubano affronta le avversità della vita, e il modo sensazionale di sentire la musica tanto da ballarla nelle strade, tanto da poter dimenticare per un attimo la povertà e vivere quel momento danzante, ecco l'"essere cubano".
Tutto questo è decorato con immagini dell'Avana, del viaggio degli abuelos a New York, e del concerto in Danimarca.
Una delle frasi che senza dubbio rimangono nella memoria del film, viene pronunciata da Ibrahim Ferrer:
Il regista Wim Wenders in diverse occasioni ha raccontato l'esperienza di questo documentario, registrato con piccola troupe al seguito e ristrette tecnologie; si rintracciano nelle sue parole le emozioni provate durante la registrazione del film:
"In Cuba the music flows like a river. I want to make a film that'll just float on this river, not interferring with it, just drifting along"[21].
Wenders quando ricevette il demo dei Buena Vista Social Club rimase
"... totally electrified when I heard the music for the first time: i had never heard anything that contagious, warm, lively and so full of heartfelt experience"[22].
L'idea di un documentario rimase per un po' un progetto nel cassetto, ma quando Cooder tornò a Cuba per registrare l'album da solista di I. Ferrer, portò con sé anche il regista tedesco che non esitò a partire per L'Avana, alla ricerca del sogno cubano e per
"... to do justice to this wonderful, warm, miraculous yet altogether real music"[23].
Secondo Wenders il processo più difficile del film è stato quello di selezionare il materiale, in considerazione alle 80 ore che riuscì a filmare, tanto da poter produrre anche tre film che rinchiudessero rispettivamente i filmati raccolti all'Avana, quelli ad Amsterdam e quelli a New York.
Le trasferte dei super abuelos sanno di una ingenuità magica ed è lo stesso regista ad accorgersene:
"... we shot for a week in Amsterdam. The rehearsals and the two concerts. In spite of their age and their experience, the musicians were really struck by stage fright, like a band of teenagers. [...] Both concerts were incredibile. Legendary"[24].
4.2 Il Cd di Buena Vista Social Club
Il Cd dal titolo "Buena vista social club", nome di un locale in cui gli abuelos avevano suonato da giovani, e che oggi è una casa privata a L'Avana, è, un'idea del produttore musicale americano Ry Cooder, che lavora per conto della World Circuit.
Partito alla volta di nuove esperienze, scopre un mondo magico e decide di incidere, grazie al supporto dei vecchi musicisti cubani caduti nell'oblio di una vita normalissima, le canzoni originali dell'isola caraibica. Non è infatti un disco di canzoni di Buena Vista, ma una raccolta di canzoni popolari famosissime a Cuba rivisitate alla maniera di Buena Vista.
Ry Cooder, dei super abuelos, dice:
"Their dedication to the music and rapport with each other is unique"[25].
E delle vecchie canzoni di Cuba ammette:
"This music is alive in Cuba, not some remnant in a museum that we stumbled into. I felt that I had trained all my life for this and yet making this record was not what I expected in the 1990s. Music is a treasure hunt.You dig and dig and sometimes you find something. [...] It takes care of you and rebuilds you from the inside out"[26].
Un album che ha fruttato, oltre che 15 milioni di copie vendute, anche un Grammy, prestigioso premio della musica mondiale, nel 1996 nella categoria "Best Tropical Latin Performance", giunto alla sua 40esima edizione.
Costituito da 14 pezzi, il cd Buena Vista social club, riunisce in sé canzoni di tutti i generi della musica cubana, come il son, indiscutibile re, danzón, bolero, guajira, tumbao, influenze gospel and blues, ballate e criolla.
Queste melodie "fatte da uomini per altri uomini, che non hanno niente a che vedere con gli affari"[27], come dice lo stesso Cooder sono figlie della storia e della cultura cubana, come sono parte della storia dei singoli protagonisti che vivono la musica a Cuba, che la respirano e che hanno continuato a cantarla anche quando gli veniva impedito per cause politiche, come verrà raccontato da alcuni protagonisti.
A questo proposito lo stesso produttore dirà:
"Alcuni di loro [gli abuelos], si sono trasferiti in una casa più grande, ma continuano a fare i conti con l'elettricità che salta e l'acqua che non arriva. I recenti guadagni non hanno cambiato molto il loro approccio alla vita. Anche se guadagnassero una montagna di denaro non potrebbero mai differenziarsi più di tanto dagli altri cubani, perché la loro non è una società basata sui consumi: per loro l'idea di ricchezza è qualcosa di diverso, come ad esempio i bambini che ti corrono incontro per strada o semplicemente suonare. Cuba è nel loro sangue, fanno parte di un'atmosfera, non riesci ad immaginarteli vivere altrove o in un'altra maniera"[28].
"Il son", in particolare,
"... contiene tutto ciò di cui abbiamo bisogno: improvvisazione, forma, ritmi africani, strani ritmi ellittici insieme ad accordi dell'Ottocento. Da nessun'altra parte al mondo esistono maestri musicisti con altrettanta individualità. La musica country, hawaiana è morta. C'è musica che muore ogni giorno da qualche parte. E io credo che più che mai la gente vuole ascoltare melodie ed atmosfera. Vuole la percezione di un ambiente, così magari può sognare ad occhi aperti o pensare: Ecco un posto dove andare"[29].
E in quel posto, a Cuba, non è stato facile rintracciare gli abuelos. Ry Cooder, infatti, sperava di lavorare con il chitarrista trés Rivera, ma non era a conoscenza della sua morte; non più facile fu rintracciare Compay Segundo, in quanto si sparse notizia anche del suo decesso, poi di una probabile grave malattia, ma ben presto si rivelarono notizie completamente infondate.
Compay Segundo, pseudonimo di Máximo Francisco Repilado Múñoz, nacque in quel di Siboney presso Santiago, il 18 novembre del 1907 ed è morto a 95 anni il 14 luglio del 2003 a L'Avana.
Nel libro "Sogno all'Avana — I Buena Vista Social Club raccontano Cuba e la sua musica" ricorda ancora quando suo fratello portò a casa un trés cubano, e quando entrò nella sua casa Sindo Garay, uno dei più grandi maestri della musica cubana che gli diede occasione di entrare a stretto contatto con essa.
Fece parte del Trio Matamoros e di tante altre formazioni che gli diedero modo di esplorare a fondo l'essenza del son e che lo trasformarono e consacrarono col nome di Compay Segundo all'epoca della sua appartenenza al gruppo chiamato Los Compadres, e fuse in una sua originale creazione chitarra e tres, creando una via di mezzo tra i due strumenti che riusciva a trasmettere sonorità più piene.
Era una chitarra alla quale raddoppiò la terza corda ottenendo un suono unico.
Negli anni 50' formò un suo gruppo chiamato Compay Segundo y sus Muchachos ed entrò a far parte di questa formazione anche Pío Leyva, che ha partecipato anche a Buena Vista.
"Si racconta che nel 1957 una registrazione in studio fu interrotta dagli spari delle forze rivoluzionarie che stavano attaccando il palazzo presidenziale. Da quel momento Compay fu dimenticato e con lui per lungo tempo, il son"[30].
Solo col passare degli anni, allo scadere del 1989 Compay Segundo torna sulle scene musicali ed ottiene un discreto successo in Spagna, Francia e anche Italia. Il resto è storia, storia di Buena Vista.
Questa è la sua esaltante carriera musicale, un grande musicista per un grande uomo; un uomo di una giovinezza interiore anche a 95 anni, un uomo la cui formula della felicità è
"... la mia piccola chitarra, il mio tabacco, una bottiglia di rhum e qualche buon amico. Questo è il massimo a cui può aspirare un gentiluomo"[31].
Ibrahim Ferrer nasce nel 1927 in una sala da ballo a San Luis, nella regione orientale di Cuba. Uomo di grande spirito è sicuramente uno dei personaggi più "spontanei" all'interno del Cd e del film, filosofeggia sul destino di tutti gli uomini:
"... come si dice a Cuba, quello che il destino ti ha riservato, nessuno te lo può togliere. Prima o poi succederà. A me è successo un po' tardi"[32].
E lui in questo destino ci ha creduto fin dall'adolescenza, racconta:
"Ho cominciato a cantare a 12 anni per guadagnarmi da vivere dopo che mia mamma era morta. Ma non ho avuto molta fortuna nella mia carriera. La prima volta che il mio nome è stato stampato su un disco è nel 1997, con Buena Vista Social Club".
La sua vita è trascorsa nell'Avana della working-class lucidando scarpe, raccogliendo immondizia, scaricando containers nei moli senza mai dimenticare di cantare boleri nelle strade della capitale.
La presenza femminile più imponente è sicuramente quella di Omara Portuondo, famosissima cantante cubana, che nel Cd duetta con Ferrer.
La sua voce, oltre che trasportare la musica cubana oltreoceano, si è adattata a tutte le diverse tipologie di melodie, son, bolero, jazz.
Quando sale sul palcoscenico intrattiene un contatto con il pubblico che va al di là del cantante, diventa confidente delle emozioni di tutti gli spettatori. Ecco le sue parole:
"Its because if I´m singing and in a given moment I say I'm in love, I must feel it and show it, because if I don't it will all seem very empty and false"[33].
Sarebbe infinitamente lungo raccontare la vita di tutti i musicisti e cantanti dei Buena Vista. Altre figure emblematiche all'interno del Cd sono: Eliades Ochoa, Orlando "Cachaito" López, Alberto "Virgilio" Valdés e Manuel "Puntillita" Licea.
5. I "Sones" di Buena Vista Social Club
L'album dei Buena Vista Social Club contiene tre sones propriamente detti e un son/tumbao quale è la traccia "Candela".
Il primo Son "Chan Chan" apre il disco; scritto da Compay Segundo, al secolo Francisco Repilado.
La canzone fa riferimenti al background culturale e geografico dell'autore attraverso figure quali quella del "guajiro" e la coppia, che sono per se stessi simboli della Cuba orientale e contadina.
A cantarla è Eliades Ochoa, conosciuto, tra l'altro, come il più raffinato chitarrista della sua generazione; ed è possibile ascoltare in sottofondo le voci di Compay Segundo e di Ibrahim Ferrer.
Prima voce e chitarra: Eliades Ochoa
Voce in sottofondo e congas: Compay Segundo
Voce in sottofondo: Ibrahim Ferrer
Chitarra: Ry Cooder
Tromba: Manuel "Guajiro" Mirabal
Basso: Orlando "Cachaito" López
Bongó: Carlos Gonzáles
Maracas: Alberto "Virgilio" Valdés
Udu drum: Joachim Cooder
"Chan Chan"
De alto Cedro voy para Marcané
Llego a Cueto voy para Mayarí
El cariño que te tengo
No te lo puedo negar
Se me sale la babita
Yo no lo puedo evitar
Cuando Juanica y Chan Chan
En el mar cernían arena
Como sacudía el jibe
A Chan Chan le daba pena
Limpia el camino de paja
Que yo me quiero sentar
En aquél tronco que veo
Y así no puedo llegar
De alto Cedro voy para Marcané
Llegó a Cueto voy para Mayarí[34].
"De camino a la Vereda" è una composizione firmata Ibrahim Ferrer. Scritta nel 1950, periodo in cui il sonero stava facendo un tour come cantante per il gruppo di Pacho Alonso, nella parte orientale di Cuba a bordo di una barca. Questo testo ha significati reconditi religiosi che non si smarriscono nel "cammino per la verità"
Prima voce: Ibrahim Ferrer
Voci in sottofondo: Manuel "Puntillita" Licea, Juan De Marcos Gonzáles, Alberto Valdés, Luis Barzaga
Laud: Barbarito Torres
Chitarra e mbira: Ry Cooder
Tromba: Manuel "Guajiro" Mirabal
Basso: Orlando "Cachaito" López
Maracas: Alberto "Virgilio" Valdés
Dumbek: Joachim Cooder
Chitarra: Compay Segundo
"De camino a la vereda"
¡Oígame compay! No deje el camino por coger la vereda.
Usted por enamorado
Tan viejo y con poco brillo
Usted por enamorado
Tan viejo y con poco brillo
El pollo que tiene al lado
Le ha hecho perder el trillo.
¡Oígame compay! No deje el camino por coger la vereda.
Ay, pero yo como soy tan sencillo
Pongo en claro esta trovada
Yo como soy tan sencillo
Pongo en claro esta trovada
Compay, yo no dejo el trillo
Para meterme en cañada.
¡Oígame compay! No deje el camino por coger la vereda.
Ay, pero estabamo' comentando
Por qué ha abandonado a Andrea
Estabamo' comentando
Por qué ha abandonado a Andrea
Compadre uste' 'ta cambiando
De camino por vereda.
¡Oígame compay! No deje el camino por coger la vereda.
Pero mire compadrito, uste' ha 'dejao' a la
pobre Geraldina para meterse con Dorotea.
¡Oígame compay! No deje el camino por coger la vereda.
No hables de tu marido mujer.
Mujer de malos sentimientos.
Todo se te ha vuelto un cuento
Porque no ha llegado la hora fatal[35].
¡Oígame compay! No deje el camino por coger la vereda.
Ay ay ay ay, canta y no llore' Eliade'
Porque cantando se alegran, cielito mio los corazones[36].
¡Oígame compay! No deje el camino por coger la vereda.
No hables de tu marido mujer.
Mujer de malos sentimientos.
Todo se te ha vuelto un cuento
Porque no ha llegado la hora fatal.
¡Oígame compay! No deje el camino por coger la vereda.
Ay, húyanle, húyanle, húyanle al mayoral[37].
¡Oígame compay! No deje el camino por coger la vereda.
Pero ese señor está en el paso
Y no me deja pasar[38].
¡Oígame compay! No deje el camino por coger la vereda.
A la man a la man a la mancunchévere,
Camina como chévere ha matao su
Madre, mamá[39].
¡Oígame compay! No deje el camino por coger la vereda.
Il terzo e ultimo son è "El cuarto de Tula" composta da Sergio Siaba. Eliades Ochoa lo ha portato al successo col suo gruppo Cuarteto Patria. È una grande jam session a cui partecipano i soneros Ibrahim Ferrer e Manuel "Puntillita" Lices insieme a Ochoa, e nella quale l'improvvisazione ha un ruolo dominante.
Lo straordinario assolo al laud (piccolo strumento a dodici corde, simile ad un liuto) è di Barbarico Torres, il più grande maestro di questo strumento.
I timbales, invece, sono suonati dal fenomeno tredicenne, Julienne Oviedo Sánchez, che è già un veterano nei moderni gruppi dell'isola.
Prima voce e chitarra: Eliades Ochoa
Prime voci: Ibrahim Ferrer e Manuel "Puntillita" Licea
Laud: Barbarito Torres
Chitarra: Ry Cooder
Tromba: Manuel "Guajiro" Mirabal
Basso: Orlando "Cachaito" López
Coro: Luis Barzaga
Maracas e coro: Alberto Valdés
Bongos e Cowbell: Carlos Gonzáles
Dumbek e conga: Joachim Cooder
Timbales: Julienne Oviedo Sánchez
Conduttore della jam session: Juan de Marcos Gonzáles
"El cuarto de Tula"
En el barrio La Cachimba[40] se ha formado la corredera.
Allá fueron los bomberos con sus campanas, sus sirenas.
Allí fueron los bomberos con sus campanas, sus sirenas.
Ay mama, ¿qué pasó. Ay mama, qué pasó?
El cuarto de Tula, le cogió candela.
Se quedó dormida y no apagó la vela.
¡Que llaman a Ibrahim Ferrer, que busquen los bomberos!
Que yo creo que Tula lo que quiere es que le apaguen el fuego.
Ay, por ahí viene Eliades, en tremenda corredera.
Viene a observar el cuarto de Tula que ha cogido candela
Carlo' y Marco' están mirando este fuego.
Si ahora no se apaga, se apaga luego, candela.
Puntillita ve y busca a Marco', pa' que busque al Sierra Maestra[41].
Que vengan para acá rapido que la Tula, mira cogió candela.
Ey Marcos, coge pronto el cubito y no te quedé allá fuera.
Llénalo de agua y ven a apagar el cuarto de Tula que ha cogido candela.
Tula está encendida llama¡ a los bomberos!
Tu eres candela ¡afina los cueros!
(dicho)
Candela, muchacho
Se volvió loco, Barbarito, ¡Ay qué interesante!
APPENDICE 1
NOTE
[1] Antonio Moscato, "Breve storia di Cuba", Datanews, Roma, 2004 che aggiunge "... il decreto non era mai stato applicato" pag. 20.
[2] Ibidem.
[3] P. Scarano, "L'America Latina dalla formazione degli imperi coloniali spagnolo e portoghese alla indipendenza", Milano, 1975, pag. 94.
[4] M. Carmagnani, "L'altro Occidente: l'America Latina dall'invasione europea al nuovo millennio", Piccola Biblioteca Einaudi, Torino, 2003, pag. 80.
[5] Besito de Coco, "Corazón — Il cuore della musica cubana", Minimum Fax, 2000, Roma, pag. 24.
[6] A. Moscato, "Breve storia di Cuba", Datanews, Roma, 2004, pag. 25 che aggiunge: "... ancora oggi a Cuba moltissimi negri, ma anche molti bianchi o mulatti, venerano Changó identificato con Santa Barbara, Yemayá con la Virgen del Cobre, Babalú Ayé con San Lazaro..."
[7] "... il fattore religioso [...] intervenne nell'incipiente della musica" da "Cuba en el siglo XVII: expresión musical de un modo de ser", Seconda Parte di Gloria Antolitía (http://art.supereva.it/archivocubano/antolitia.html)
[8] "... il contributo delle etnie nere di provenienza africana è decisivo nella formazione della nazionalità cubana. È il maggior antecedente o costituente e determina nell'ambito musicale la tesatura sonora di quella che è stata chiamata cubanía". Da "Antecedente africano en la música cubana" di Fabio Betancur Álvarez (http://art.supereva.it/carlo260/betancur.html)
[9] "... la música rituale yoruba, conga e abakuá possiede evidenti nessi con le forme profane che si trovano nella musica popolare come la salsa e il son" da "Antecedente africano en la música cubana" di Fabio Betancur Álvarez (http://art.supereva.it/carlo260/betancur.html)
[10] "... la musica nera neoafricana, restafricana o della riafricanizzazione sono solo alcune tra le espressiono che designano l'influenza africana nella musica attuale delle Americhe [...] quello che appare accentuato è la unicità o la pluralità della cultura musicale" da "Antecedente africano en la música cubana" di Fabio Betancur Álvarez (http://art.supereva.it/carlo260/betancur.html)
[11] Gordiano Lupi, "Un'isola a passo di Son. Viaggio nella musica Cubana", Bastogi, Foggia, 2004, pag. 31.
[12] Gordiano Lupi, "Un'isola a passo di Son. Viaggio nella musica Cubana", Bastogi, Foggia, 2004, pag. 31.
[13] Poesia apparsa nell'opera "El Son Entero. Suma poética 1929-1946". Già pubblicata nella raccolta "Sóngoro Cosongo y otras poemas" nel 1942. Come indicato nel sottotitolo del volume, Guillén sembra voler offrire una visione coerente, probabilmente conclusiva dei temi e della maniera di "poetizzare" che hanno contraddistinto fino a quel momento la sua produzione. Nello specifico "Son número 6" oltre a richiamare il tradizionale ritmo cubano, lo presenta nella sua composizione multietnica. Fantastica di essere uno scrittore di sones e del suo sentirsi: yoruba, congo, mandinga, carabalí ma soprattutto sottolinea "todo mezclado" riferendosi alla convivenza delle diverse etnie nella Cuba del suo tempo, convivenza che come già indicato è l'essenza stessa del popolo cubano: blancos, negros, mulato, zapato "todo mezclado". Tutti presenti ad ascoltare il son, che non finirà mai. Come in tutte le sue composizioni Guillén non favorisce il linguaggio nero o indigenista ma quello cubano. NICOLÁS GUILLEN "SUMMA POETICA" EDICION DE LUIS INIGO MADRIGAL CATEDRA LETRAS HISPANICAS MADRID 1990. pag. 25-131-140-141.
[14] Strumento a tre corde doppie e una cassa di legno.
[15] "... il Son è in grado di dare un determinato sincretismo musicale formato dalla fusione degli strumenti a percussione africani e gli strumenti a corda pizzicata spagnoli;nell'aspetto vocale tra la "décima" spagnola e il canto alternato tra coro e solista di origine africana" da "El Son" di Nicolás Ramos Gandía (http://art.supereva.it/carlo260/ramos_3.htm)
[16] " Il son era uno dei balli delle classi povere — solari — che fu duramente rifiutato dalle classi benestanti — dei clubs — tra l'altro fu proibito dal governo che lo tacciava di immoralità" da "El Son" di Nicolás Ramos Gandía (http://art.supereva.it/carlo260/ramos_3.htm).
[17] "Da subito fu costretto a subire gli attacchi della classe dominanate, che, con una attitudine mentale simile a quella dei suoi antenati negrieri considerava tutta la creazione scaturita dai ceti popolari come piena di lascivo e primitivo, contraria, quindi, alle "buone maniere"" da "El Son: a mano limpia" di Rogelio Martínez Furé (http://art.supereva.it/carlo260/son.html)
[18] "Non si ballava nelle società dei bianchi in uqnto veniva considerata "cosa da neri" ma neanche in quella dei "neri raffinati", per mimetismo, alientati a tal punto da solidarizzare con questa attitudine pregiudizionsa. Però poco a poco, il suo "sapore fantastico" fece crollare tutte le barriere sociali. Fino a che penetrò nei saloni bianchi e molto tempo dopo in quelli neri" da "El Son: a mano limpia" di Rogelio Martínez Furé (http://art.supereva.it/carlo260/son.html)
[19] "Subito dopo essere entrato nei saloni da ballo dell'Avana e di altre città importanti godette di una grande diffusione discografica e grazie al lavoro di alcuni gruppi [...] il Son passò dai solari alla coscienza del popolo cubano e da qui a quella del mondo. Di sicuro gli anni '20 fecero sì che il Son si convertì nel genere nazionale di Cuba, superando il Danzón, che aveva avuto il suo momento du gloria alla fine del secolo passato e all'inizio di questo" da "El Son" di Nicolás Gandía (http://art.supereva.it/carlo260/ramos_3.htm).
[20] "... segnò l'apice di questo genere musicale" da "El Son: a mano limpia" di Rogelio Martínez Furé (http://art.supereva.it/carlo260/son.html).
[21] "A Cuba la musica scorre come un fiume. Voglio produrre un film che fluttui su questo fiume, che non interfrerisca con lo stesso, ma che gli scivoli lungo" (www.wim-wenders.com).
[22] "Ero totalmente elettrizzato quando ho ascoltato il demo per la prima volta. Non ho mai ascoltato altro che sia così contaggioso, tenero, vivace e così ricco di esperienze sincere".
[23] "... per fare giustizia a questa meravigliosa, tenera, miracolosa seppur vera musica".
[24] "Registrammo per una settimana ad Amsterdam, le prove e i 2 concerti. Nonstante la loro età ed esperienza, i musicisti erano in preda ad un attacco di "fulminazione da paura del palcoscenico", come una band di ragazzi alle prime armi.[...] Ambo i concerti furono incredibili. Leggendari".
[25] "Il loro modo di dedicarsi alla musica e di rapportarsi l'un l'altro è unico".
[26] "Questa musica è ancora viva a Cuba, non è una reliquie custodita in qualche museo in cui capiti per caso. Questa musica è un tesoro da ricercare. Mi sentivo come se mi fossi allenato tutta la vita per questo e raggiungere questo obiettivo mi sembrava impossibile agli inizi degli anni 90. Scavi e scavi e a volte trovi qualcosa. Qui a Cuba la musica si prende cura di te e ti rinventa del tutto" da: http://www.afrocubaweb/buenavista.html.
[27] Vincent Messina "Sogno all'Avana — I Buena Vista Social Club raccontano Cuba e la sua musica", Einaudi Tascabile, Torino, 2000, pag. 32.
[28] Ry Cooder in: Vincent Messina "Sogno all'Avana — I Buena Vista Social Club raccontano Cuba e la sua musica", Einaudi Tascabile, Torino, 2000, pag. 34.
[29] Ry Cooder in: Vincent Messina "Sogno all'Avana — I Buena Vista Social Club raccontano Cuba e la sua musica", Einaudi Tascabile, Torino, 2000, pag. 33.
[30] Vincent Messina "Sogno all'Avana — I Buena Vista Social Club raccontano Cuba e la sua musica", Einaudi Tascabile, Torino, 2000, pag. 29.
[31] Compay Segundo in: Vincent Messina "Sogno all'Avana — I Buena Vista Social Club raccontano Cuba e la sua musica", Einaudi Tascabile, Torino, 2000, pag. 35.
[32] Ibrahim Ferrer in: Vincent Messina "Sogno all'Avana — I Buena Vista Social Club raccontano Cuba e la sua musica", Einaudi Tascabile, Torino, 2000, pag. 15.
[33] "È perché se sto cantando in un dato momento che sono innamorata, devo sentirlo e mostrarlo, in quanto se non lo facessi sembrerebbe falso ed infinitalente vuoto". Da http://www.afrocubaweb.com/portuondo.htm
[34] Alto Cedro, Marcané, Cueto e Mayarí sono città della Cuba Orientale.
[35] Citazione di una canzone popolare del XIX secolo della Cuba orientale.
[36] Verso ripreso da una vecchia canzone messicana "Cielito Lindo".
[37] Un'allusione agli amministratori delle piantagioni che rubavano parte del loro raccolto giornaliero di canne da zucchero.
[38] Un detto che risale alla guerra con la spagna nel 1895. Si diceva: "State attenti, c'è il coccodrillo (nemico), non sarai capace di passare".
[39] Detto cubano che significa che la tua raffinanta apparenza è sono una facciata.
[40] Quartiere di Santiago de Cuba.
[41] Si riferisce al gruppo che suona il son di Marcos Gonzáles che è anche il direttore di questa canzone.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Antonio Moscato, "Breve storia di Cuba", Datanews, Roma 2004.
P. Scarano, "L'America Latina dalla formazione degli imperi coloniali spagnolo e portoghese all'indipendenza", Ed. Vallardi, Milano, 1975.
Marcello Carmagnani, "L'altro occidente — L'America Latina dall'invasione europea al nuovo millennio", Piccola Biblioteca Einaudi, Torino, 2003.
Besito de Coco, "Corazón — Il cuore della musica cubana", Minimum Fax, Roma, 2000.
Gordiano Lupi, "Un'isola a passo di Son. Viaggio nella musica cubana", Bastogi, Foggia, 2004.
Nicolás Guillén, "El Son Entero. Suma Poética 1929-1946", Catedra Letras Hispanicas, Madrid, 1990.
Vincent Messina, "Sogno all'Avana — I Buena Vista Social Club raccontano Cuba e la sua musica", Einaudi Tascabile, Torino, 2000.
Wim e Donata Wenders, "Buena Vista Social Club". Il libro del film.
RIFERIMENTI WEB
FILMOGRAFIA
"Buena Vista Social Club" di Wim Wenders, distribuito da Road Movies.
CD
"Buena Vista Social Club", 1997, distribuito dalla "World Circuit".