Cuba

Una identità in movimento


Danze di Cuba

Carlo Nobili


"La música, como todo otro elemento sustantivo de una cultura,
no puede ser bien apreciada en sus valores
sin conocer su función en la integridad
del sistema de esa misma cultura, de la cual aquélla forma parte.
La música en general,
así sus expresiones como sus instrumentos,
responden a factores muy complejo;
sin el estudio de éstos,
aquélla no puede ser comprendida".
(Fernando Ortiz)


"Unas músicas entraron en Cuba
como propias de los conquistadores y de la clase dominante;
otras como de los esclavos y de la clase dominada.
Música blanca, de arriba,
y música negra, de abajo.
Por eso sus manifestaciones han sido muy cambiadizas,
sus influjos muy distintos y variable su trascendencia
en la plasmación de la musicalidad nacional,
según las peripecias sufridas por la estructura
económica, social y política del pueblo cubano".
(Fernando Ortiz)


La yuka

La Yuka. Incisione del secolo XIXLa yuka è una danza erotica dei Congo nella quale le coppie di ballerini mimano le attitudini e i gesti del gallo e della gallina (Ika) e il corteggiamento amoroso.

Tamburi yukaDeve il suo nome ai tre tamburi, gli yuka appunto, di provenienza conga usati nelle feste e nei rituali del Palo Monte.

Con cassa cilindrica aperta e pelle di toro o di bue inchiodata all'orlo, gli yuka sono costruiti con tronchi dell'albero dell'avocado (Persea gratissima) o con i tronchi della terminalia (Terminalia intermedia), scavati mediante il fuoco.

Il tamburo più grande, la caja, viene "tocado a mano limpia", ossia senza l'aiuto di bacchette, chiamate katá; la mula, il mediano, e il cachimbo, il più piccolo, sono invece toccati "a mano y palo".

Un ruolo importante nella yuka, che rappresenta una delle danze più antiche, è quello del solista o gallo, il quale, ci ricorda Fernando Ortiz nel suo Los Bailes y el teatro de los negros en el folklore de Cuba:

    [...] con frecuencia improvisa su canto, que se llama "inspiración", y terminado éste lo repite al son de los instrumentos, secundo por el coro de los bailadores o del público. Al canto suele responder un gallo rival y así se forma el contrapunteo.


La quimbumbía

La quimbumbía è, più che una danza, un gioco congo accompagnato dal ballo.

È anche un gioco per bambini in cui vengono utilizzati due bastoncini, uno dei quali si fa saltare e si colpisce con l'altro allo scopo di allontanarlo il più possibile dal punto di battuta. Vince chi lo scaglia più lontano.


La caringa

La caringa è un ballo di origine africana molto diffuso nel XIX secolo nella provincia di Las Villas.


Il maní

La danza de maní (chiamata nella zona di Las Villas anche Bambosá) è, come l'ha definita Roger Bastide, una sorta di "pugilato danzato".

Il ballo, simile ad una arte marziale, si sviluppò intorno al secolo XIX tra gli schiavi delle piantagioni. È una attività esclusivamente maschile: gli uomini formano un circolo all'interno del quale un danzatore simula un combattimento e sceglie uno degli uomini che gli stanno intorno. L'avversario scelto entra nel circolo ed esegue, in armonia con l'altro ballerino, una serie di movimenti che stanno tra la danza e la lotta.

Come la capoeira brasiliana, la laghia martinicana e il mayoleur della Guadalupa, dove due uomini mimano una lotta, ha origine bantu, essendo arrivata a Cuba insieme agli schiavi provenienti dall'Angola. Inoltre — proprio come la capoeira, la laghia e il mayoleur —, il maní ha subìto, per l'insita pericolosità del suo svolgersi, repressioni e censure da parte degli schiavisti, preoccupati che la propria "mercanzia" non potesse, a causa dei danni ricevuti nel gioco, essere presente nei campi di lavoro all'indomani.


Il palo

Il palo è una danza collettiva di origine conga che rimanda significativamente al susseguirsi delle varie fasi lavorative nei campi.

Insieme alla yuka, alla macuta (o makuta) e al garabato (che si differenzia dal palo per la presenza di un gancio di legno, chiamato appunto garabato, uno strumento utilizzato nei lavori agricoli per tagliare l'erba insieme al machete), questo ballo rappresenta una delle quattro espressioni di danza dei Congo cubani.

Il ballo era caratterizzato da un movimiento brusco delle braccia, mentre il tronco si muoveva avanti e indietro e talvolta circolarmente. Non venivano usati tamburi, ma un tronco di guayaba (Psidium guayava) sul quale veniva battuto un colpo secco per accentuare il ritmo della danza e rappresentare la forza della terra e i suoi benefici poteri.


Lo zapateo

Lo zapateado in una litografia di Federico MialheLo zapateo, espressione propria delle danze metropolitane dei primi secoli della colonizzazione, ha una chiara origine spagnola.

Altrimenti chiamato zapateado, questo ballo, tipico dei campesinos bianchi, è oggi ormai in disuso. Accompagnato dal canto e dal suono delle chitarre, lo zapateo ha un movimento vivace e un ritmo binario — simile alla guaracha.

La danza prende il nome da zapatear, battere i piedi per terra (zapato, scarpa), poiché è caratterizzata da colpi di suola e tacco, battuti ritmicamente dai ballerini.


La tumbandera

Danza, in tempo binario, con passi e figurazioni assai simili al samba brasiliano, la tumbandera era suonata con tamburi di forma semiconica (chiamati appunto tumba).

Era un ballo contadino di origine africana che si faceva con una pedana interrata e una corda legata ad un tamburo e tesa ad un albero. Il percotimento del suonatore sulla corda produceva un suono grave e ritmico.


La rumba

La RumbaNata dall'innesto di ritmi africani sulla più antica habanera, questa danza, di origine gangá, è caratterizzata da movimenti del corpo piuttosto che dei piedi.

    Della rumba sappiamo che risale almeno al secolo scorso (ricordiamo il detto riguardo alle rumbe "del tempo di Spagna", e alcune notizie ci fanno supporre che molto prima dell'abolizione della schiavitù a Cuba, nel decennio 1880, si suonassero e ballassero rumbas nelle baracche e in certe festività tollerate dai padroni schiavisti (Leonardo Acosta, Dal tamburo al sintetizzatore. La musica cubana e afrocubana, vol. II, Bolsena, Massari Editore, 1999, p. 65).

Scrive Argeliers León (Del canto e il tempo. La musica cubana e afrocubana, vol. 1, Bolsena, R. Massari Editore, 1999, p. 98 [tit. or. Del canto y el tiempo, La Habana, Ed. Pueblo y Educación, 1974]):

    Non è possibile dire quale sia il significato della parola rumba. È compresa in una serie di termini di origine afroamericana come tumba, macumba, tambo e altri che indicavano feste collettive, nel senso generale di gruppo, di riunione. Nel Continente troviamo queste parole appartenenti a una stessa famiglia che designa come festa collettiva di origine africana le feste profane, non rituali, che nel tempo si sono evolute, assimilando a loro volta forme espressive differenti.

In un testo del Programma del Festival de Música Popular Cubana, organizzato dal "Consejo Nacional de Cultura y Sociedad Cubana de Autores Musicales" (Teatro Amadeo Roldán, 14 agosto 1967), si legge:

    È la mulatta sonora figlia dello spagnolo e del nero. In essa si distinguono vari elementi di provenienza conga, lucumí e carabalí. Letterariamente segue l'idioma e gli elementi metrici spagnoli. La sua espressione è in gran parte urbana. Può costituire un canto, un ballo, un ambiente. È il genere della nostra musica più influenzato direttamente da elementi ispanici: la clave e il pregón [grido del banditore] popolare di strada. La rumba comprende tre forme principal: il yambú (di origine urbana), la columbia (di origine contadina) e il guaguancó (di origine urbana). Quest'ultimo è eminentemente narrativo. Il ballo rappresenta l'inseguimento della femmina da parte del maschio.
    (da: Leonardo Acosta, Dal tamburo al sintetizzatore. La musica cubana e afrocubana, op. cit., p. 64)

La versione originale della rumba, nata come danza popolare, è vivacissima e ha un fondo di palese erotismo. In seguito, introdotta nelle sale da ballo americane ed europee (dove fu in voga in special modo negli anni Trenta), la rumba ha perso gran parte della originale aggressività; il ritmo è più lento e caratterizzato da flessuosi movimenti delle anche.

Così come la yuka, la rumba è essenzialmente una pantomima in cui viene rappresentata la richiesta d'amore che si sviluppa poi, in una esecuzione fortemente stilizzata dell'orgasmo.

Romulo Lachatañeré, grande studioso cubano (allievo di Fernando Ortiz) così chiudeva nel 1943, sulla rivista "Norte" di New York, un suo polemico intervento sulla snaturalizzazione messa in atto dalla fagocitante industria dello spettacolo statunitense nei confronti della cultura afrocubana:

    La gente sin talento introdujo sus versificaciones ridículas en el cancionero, que por no tener valor no son cubanas ni africanas. Y los propios afrocubanos corrompidos por los salarios trabajan este material que no es sino el bagazo, los detritus del genuino proceso que hemos mencionado con anterioridad. A veces esta ralea dice: "Bueno, vamos a sacar un pie", y cae en lo pornografíco, en lo immundo, que ultraja grandemente la estratificación de los valores culturales que forjan la genuina cultura cubana. A eso, atenuado o en plena pornografía, se llama afrocubano en Nueva York.

Oggi delle numerosissime forme antiche della rumba, quali la Jiribilla (o Giribilla), il Palatino, la Tahona, la Rumba Tonada, la Reseda, la Mamá-buela, la Mandunga e la lenta Yambú — che si balla cercando di imitare i passi incerti e lenti della persona anziana ed è nota anche come Rumba del tiempo de España —, ben poco è sopravvissuto al di fuori del teatro.

Tra gli elementi squisitamente popolari rimane però la Guaguancó, lunga danza galante, basata su un racconto, caratterizzata da un movimento pelvico, fortemente erotico, chiamato vacunao, con il quale il ballerino intende possedere simbolicamente la compagna di ballo; al vacunao la ballerina risponde con il botao, che può essere di accettazione e sottimissione ma anche, nel caso di un ancheggiamento e uno spostamento laterale come per sfuggire al corteggiamento, di rifiuto. La veloce Rumba Columbia, che si balla in solitario ed è originaria della provincia di Matanzas, continua ad esistere esclusivamente come patrimonio di alcuni eccellenti e virtuosi interpreti di questa tradizione.

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Video di una rumba dal Sito WEB Clave de Son. Ballerini: Irma Castillo e Ulises Mora


La jota

Danza popolare molto diffusa in tutta la penisola iberica, nelle isole Baleari e nelle Canarie, anche se sotto forme diverse (jota aragonesa, valenciana, mahonesa, isa), la jota ha ritmo ternario, andamento vivacissimo e accordi alternati di tonica e di dominante.

L'accompagnamento strumentale è affidato a chitarre e altri strumenti a corde pizzicate e talvolta a nacchere e tamburo basco. Dopo l'introduzione strumentale, la danza è caratterizzata dal cosiddetto estribillo, un ritornello che si alterna alle varie strofe

La jota stata più volte usata anche nella musica cosiddetta "colta"; pregevoli sono gli esempi di Michail Ivanovic Glinka, di Franz Liszt, di Manuel de Falla; ma altrettanto note sono le jotas di Isaac Manuel Francisco Albéniz, Enrique Costanzo Granados y Campiñas, Camille Saint-Saëns e Raoul Laparra.


La habanera

La habanera, è una danza di ritmo binario, conosciuta dal XIX secolo in tutta l'America Latina e, quindi, in Europa.

Secondo alcuni musicologi giunse a Cuba dall'Africa, secondo altri dalla Spagna, per rifluire in Europa sotto l'influenza della musica negra.

Il principale compositore cubano di habanera è Ignacio Cervantes. Le più famose habanere sono La Paloma (1840), composta dal musicista basco Sebastián de Iradier (autore anche di La rubia de los lunares, El sol de Sevilla, El arreglito, La mononita e María Dolores) e L'amour est un oiseau rebelle, nel primo atto della Carmen di Georges Bizet; altre habanere furono musicate da alcuni celebri compositori, quali Camille Saint-Saëns, Maurice Ravel, Isaac Albéniz, Manuel de Falla, Alexis-Emmanuel Chabrier, Raoul Laparra e Claude Achille Debussy.

Nel romanzo L'Avana per un infante defunto (Prefazione di Carlo Bo, Traduzione di Tilde Riva Arcelli, Milano, Garzanti, 1993, p. 197) Guillermo Cabrera Infante scrive:

    Notevole è l'influenza che Claude Debussy ha avuto sulla musica popolare cubana. Mi riferisco ad un certo tipo di musica popolare, non a espressioni di falso folklore o quasi colte, ma a quel genere di musica popolare rappresentata assai bene dal miglior Ernesto Lecuona o alla maniera in cui suonava il pano Bola de Nieva. Non è che questi due musicisti o altri più moderni (penso per esempio alle canzoni quanto all'esecuzione di Frank Domínguez e all'accompagnamento al pianoforte di un Meme Solís) imitino consapevolmente l'autore di Immagini — c'è (casualmente?) un bolero di Domínguez con questo stesso titolo, molto popolare e al tempo stesso molto apprezzato da uno scquisito scrittore inglese che visitò l'Avana nel suo pieno fulgore — ma il pianismo di Debussy, le sue sonorità, si sono introdotte nella musica popolare per pianoforte, forse attraverso Albéniz con composizioni contemporanee, in modo inconscio, ma pertinace. Non ci sono naturalmente gli accordi spezzati, le armonie agonizzanti, gli arpeggi liquidi di Debussy, ma c'è invece molto del suo modo di suonare il piano, specie nei registri alti e nei "forti" più che nei "pianissmo". Mi vengono subito in mente le melodie esitanti del valzer Le plus que lente, ma che Debussy confessava di aver composto dans le genre brassérie. Naturalmente Lecuona non possedeva il potere parodico che domina Debussy nel suo valzerino lento, ma se si ascolta bene, per esempio, la sua Comparsa, ci sono momenti in cui Lecuona sembra il Debussy del genere caffè concerto, che funziona tanto bene in La plus que lente, quel valzer, appunto, più lento.


La contradanza

La contradanza (dal francese contredanse; italiano: contraddanza o controdanza; adattamento dell'inglese country dance, ballo campestre) fu introdotta a Cuba dagli schiavi di origine francese.

Essa conquistò rapidamente il gusto della popolazione cubana e si può affermare che proprio a cominciare da San Pascual Bailón, contradanza anonima del 1803 e dalle composizioni di Manuel Saumell y Robredo, questa danza si impone come la prima musica veramente cubana.

Le sue figure, lineari e circolari, erano eseguite soltanto con le mani e con le braccia, mentre i piedi seguivano sempre lo stesso movimento. Ogni figura aveva un suo nome specifico: paseo, lazo, ala, cadena, cedazo, latigazo, ecc.

Il gruppo strumentale che suonava le musiche della contradanza, denominato orquesta típica, era formato da un oficleide (strumento a fiato della famiglia degli ottoni), da un güiro (strumento ricavato dalla corteccia di una zucca ed in cui sono state praticate delle scanalature), da due violini, due clarinetti, un trombone, una cornetta, un contrabbasso e due timpani.

La contradanza rimase fino alla seconda metà del XIX secolo il ballo favorito dei negri di Cuba, dopodiché fu soppiantato da altri generi, come la danza (ballo di coppie e di quadri, dove l'uomo e la donna non si toccavano) e il danzón di Santiago de Cuba.

All'inizio del XX secolo l'introduzione delle danze afroamericane ha determinato la decadenza e poi la scomparsa in Europa della contradanza, al di fuori della Gran Bretagna, dove ancor oggi sopravvive come danza popolare.

Arie di contredanse sono presenti tra i virginalisti inglesi della fine del XVI secolo, e, nel Settecento, nell'opera di Wolfgang Amadeus Mozart e di Ludwig van Beethoven.


Il danzón

Il danzón, che rappresentò per oltre cento anni il ballo nazionale dell'isola caraibica, fu avversato per ragioni moralistiche dal cattolicesimo e dalla borghesia cubana; il suo creatore musicale è considerato Miguel Faílde Pérez, la sua data di nascita il I° gennaio 1879, giorno in cui il musicista eseguì nel teatro di Matanzas (o nel Liceo della Città, è fatto controverso) Las alturas de Simpson, il primo danzón della storia della musica cubana (secondo altre fonti il merito spetterebbe a Manuel Saumell y Robredo e al suo La tedezco).

    Miguel Faílde (1851-1922), musicista di Matanzas incarnò un tipico fenomeno del folclore, vale a dire il fatto che, per ragioni di opportunità sociali, un individuo arriva a produrre un'opera caratteristica di un determinato ambiente, aggiungendovi tutti quegli elementi che a volte derivano da varie manifestazioni, sebbene lontane nello stile, nel tempo e nello spazio e che sono il pprodotto della costante trasfigurazione del folclore. A causa della moderna organizzazione sociale, tale musicista diventa famoso oppure gli viene attribuita un'opera di nuova "invenzione". In passato questo musicista si sarebbe perduto nell'anonimato, ma l'individualismo dell'epoca in cui vive giungerà ormai a classificarlo come un inventore, tributandogli perfino degli onori e definendolo il figlio prediletto del suo popolo. Ciò che accade al musicista, anch'esso folclore, è che riesce a intuire una forma i cui elementi preesistenti sono ancora validi, dando loro un'espressione concreta" (Argeliers León, Del canto e il tempo. La musica cubana e afrocubana, op. cit., p. 178).

Con la nascita del Son negli anni Venti del XX secolo il Danzón declinò. Nel 1929 Aniceto Díaz fuse elementi presi dal Son e dal Danzón e creò un Danzón di nuovo stile che chiamò Danzonete; la sua prima composizione di danzonete fu Rompiendo la Rutina. Per contrastare il Danzonete i musicisti del Son crearono quindi il Sonsonete, ossia un Son con una parte cantata dal solista senza risposta del coro o Montuno. Il Sonsonete ebbe vita breve e nel gergo popolare di Cuba e del Caribe, è sinonimo di cosa monotona e molesta.


Tratto da: NOBILI Carlo, "Le danze cubane", in el Moncada, Torino, Anno IX, n. 2, 2001, pp. 21-22.


Cuba. Una identità in movimento

Webmaster: Carlo NobiliAntropologo americanista, Roma, Italia

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