Cuba

Una identità in movimento


Cuba 1898: fine del colonialismo spagnolo in America

Juan Francisco Alvarez (Prensa Latina)


Secondo il piano minuziosamente concepito da José Martí, alla fine del 1894 doveva effettuarsi una sollevazione simultanea nei quattro dipartimenti nei quali Cuba era divisa — Occidente, Las Villas, Camagüey e Oriente — che sarebbe stata appoggiata dall’esterno da tre spedizioni con le quali avrebbero dovuto salpare i principali cospiratori.

Tutte le armi e le attrezzature che si ottennero grazie allo sforzo e al sacrificio degli emigranti, in primo luogo i lavoratori del tabacco, si accumularono nel porto di Fernandina, nella penisola della Florida, Stati Uniti.

Tre piccole navi, la "Amadis", la "Baracoa" e la "Lagonda" caricarono nelle proprie stive le preziose merci di contrabbando e salparono, la prima verso Las Villas, la seconda con rotta Santo Domingo, dove avrebbe dovuto recuperare Máximo Gómez per portarlo fino a Santa Cruz del Sur, nella zona di Camagüey, e la terza verso il Costa Rica, allo scopo di imbarcare un notevole gruppo di patrioti, tra cui Antonio Maceo e Flor Crombet, con destinazione la regione orientale della Patria.

Il piano martiano iniziò il 4 gennaio 1895 con la partenza della "Amadis" e della "Lagonda" dal porto di New York.

All’arrivo a Fernandina, dopo 72 ore di viaggio, vennero abbordati da agenti federali che dissero di "star eseguendo gli ordini del presidente Grover Cleveland" e sequestrarono il carico. Il "Baracoa", che giunse dopo, riesce a ritornare alla rada di New York.

L’insuccesso della spedizione così minuziosamente preparata creò un profondo dolore e sconcerto tra gli emigranti rivoluzionari. Come allora scrisse Martí

"... saprete con quale coraggio e con quale resurrezione avrebbe risposto l’invincibile cuore cubano a questo tormento passeggero".

Velocemente si rielaborano i piani e Juan Gualberto Gómez, l’emergente cospiratore e delegato del Partito sull’isola, e la Giunta Rivoluzionaria di La Habana, si sarebbero incaricati di precisare la nuova data dell’attacco che non poteva essere prima della seconda quindicina di febbraio.

Juan Gualberto Gómez Ferrer (1854-1933)Dopo varie peripezie, Martí arrivò il 7 febbraio a Santo Domingo per proseguire con Gómez per Cuba. Prima di farlo, però, entrambi sottoscrivono il 25 marzo lo storico "Manifesto di Montecristi". Il documento, redatto dal popolo cubano in questa località quisqueyana, proclama "le cause legittime e naturali che hanno portato alla lotta per ottenere l’indipendenza politica e sociale della Rivoluzione" e stabiliscono l’inevitabilità della "Guerra Necessaria".

Il primo aprile 1895 Gómez e Martí partono verso Cuba, dove Juan Gualberto aveva scelto il 24 febbraio di dare inizio alla insurrezione "in quanto domenica e giorno di carnevale...". A La Habana, Matanzas, Camagüey e Oriente migliaia di uomini si lanciano nuovamente alla selva redentrice.

Informato dell’imminente arrivo di una spedizione dal Costa Rica verso Cuba, Antonio Maceo si incorpora a essa e, dopo un viaggio avventuroso, arriva a Duaba, molto vicino alla città orientale di Baracoa, il primo aprile.

Già sul suolo cubano, le tre principali figure dell’indipendentismo si riuniscono presso la centrale dello zucchero "La Mejorana" nei primi giorni del maggio 1895, per lo storico colloquio che porta questo nome. Il 18 dello stesso mese Martí e Gómez si accampano in una località agricola conosciuta come Dos Ríos e il giorno seguente le scarse forze cubane che li scortano vengono attaccate da una colonna spagnola.

Il Delegato del Partito Rivoluzionario Cubano, disobbedendo alle istruzioni del vecchio guerriero, cavalcò con la pistola in mano di fronte al nemico, rimanendone ucciso crivellato di colpi, e il suo corpo cadde in mano agli spagnoli. Secondo lo zelante storico Fernando Portuondo del Prado

"... lì, a Dos Ríos, avvenne il primo grande disastro della Rivoluzione del '95".

Alcune settimane dopo, sotto la direzione dinamica di Antonio Maceo, la guerra ricevette un formidabile impulso nella regione orientale. Nel frattempo Gómez era arrivato a Camagüey e attaccava i fortini spagnoli lungo tutte le estese pianure della regione. Trascorse poche settimane, "Il Generalissimo" giudicò maturo il momento di realizzare l’invasione dell’Occidente e convoca Maceo per lanciarsi contro il nemico.

In settembre si danno appuntamento a Jimaguayu, una località di Camagüey, i rappresentanti eletti tra le file dell’Esercito Liberatore e si approva una Costituzione che abbozza delle soluzioni ai problemi di interferenza tra i ruoli civili e militari apparsi durante tutta la Guerra dei Dieci Anni.

Il potere esecutivo e quello legislativo vennero riunificati in un solo corpo che adottò il nome di Consiglio di Governo e che, tra altre importanti misure, confermò Máximo Gómez come Generale in Capo dell’Esercito e designò Antonio Maceo come suo Luogotenente Generale.

Tutto era pronto per compiere la gigantesca impresa militare che non si era potuta realizzare con le gesta del '68.

L’obiettivo iniziale dell’Invasione da Oriente a Occidente non consisteva solo nello sconfiggere il potere militare spagnolo nella maggiore isola delle Antille, ma anche nel riuscire a provocare il collasso economico della Metropoli mediante la distruzione della ricchezza agricola, specialmente il ramo zuccheriero, che serviva da puntello al regime coloniale.

Nei già storici Mangos de Baraguá, scenario della coraggiosa posizione assunta da Maceo nel 1878, si riunirono il Titán de Bronce e le sue truppe scelte, per partire verso l’occidente dell’isola. Il presidente della Repubblica in Armi, Salvador Cisneros Betancourt, capitanò simbolicamente la Colonna Invasora il 22 ottobre 1895.

A parte qualche piccola scaramuccia, i mambises procedettero sino alla regione di Las Villas, dove Gómez attendeva il suo Luogotenente. Un volta arrivati, i patrioti dovettero combattere frequentemente.

Avanzando sotto un nutrito fuoco di fucileria e incendiando campi di canna da zucchero, arrivarono alla giurisdizione di Cienfuegos dove ebbe luogo una delle più riuscite cariche al machete realizzate dall’Esercito Liberatore.

L’azione di Mal Tiempo, alla periferia del paesino di Cruces, durò solo 15 minuti e lasciò sul campo di battaglia più di 200 militari spagnoli. Con questo trionfo i cubani si garantirono l’avanzata nella provincia di Matanzas e arrivarono a Coliseo, dove il nemico si apprestava a contrastare la marea rivoluzionaria.

Arsenio Martínez CamposMáximo Gómez e Antonio Maceo, che si erano separati per sbaglio, aggirarono il paese prima dell’arrivo delle truppe comandate da Arsenio Martínez Campos, e puntarono verso est, cambiando direzione, facendo così credere al Governatore Generale spagnolo che i cubani si stessero ritirando a Las Villas.

A Calimete vennero intercettati da una colonna spagnola, e in un combattimento di oltre un’ora e mezza, che lasciò ampie perdite da entrambe le parti, la superiorità numerica dei nativi obbligò i colonialisti alla ritirata.

Da quel momento l’Invasione avanza, inarrestabile, verso occidente, e il primo giorno del nuovo anno 1896, già si accampavano nella provincia di La Habana Antonio Maceo e le sue agguerrite truppe, mentre Gómez combatteva il nemico tra La Habana e Matanzas.

I patrioti, senza grande opposizione, continuarono la loro marcia verso ovest e il 22 gennaio, giusto tre mesi dopo la loro partenza da Baraguá, entrarono a Mantua, il villaggio più a occidente dell’isola.

Valeriano WeylerL’arrivo delle colonne invasori in questa regione costituì la parte finale della sconfitta di Martínez Campos, che già era iniziata nelle pianure di Matanzas. Il 10 febbraio passa il comando al generale Valeriano Weyler che già aveva combattuto agli ordini di Valmaseda nella Grande Guerra, praticando una politica di sterminio.

Il capo del Governo della Spagna, Antonio Canovas del Castillo, designò Weyler non prima di averlo avvertito che

"... doveva sottomettere i cubani anche se avesse dovuto impiegare per questo fino all’ultimo uomo e all’ultima peseta".

Da Mantua parte Maceo verso la regione di La Habana per analizzare con il Generalissimo i piani da seguire per concludere l’Invasione.

Gómez, dal canto suo, si muoveva a suo agio per la provincia e affinché il nuovo governatore coloniale sapesse della forza delle azioni mambí, rimasero uniti fino al mese di marzo. Si separarono in seguito per far sì che Maceo potesse portare a termine la campagna di Pinar del Río e Gómez tenere in scacco le regioni centrali.

Weyler mise in atto immediatamente una strategia detta della fame, per uno sterminio totale. Eliminò i diritti garantiti dalla Costituzione della "Madre Patria", chiuse le imprese commerciali ubicate nelle aree rurali, requisì bovini e cavalcature e per ultimo istituì la concentrazione forzata dei contadini nelle città e nei paesi occupati dalle truppe spagnole.

Nel mentre Maceo, che aveva decimato le truppe straniere a Cacarajicara, El Rubi e Ceja del Negro, si apprestava a unirsi a Gómez che si batteva nelle savane di Camagüey.

Accampato a San Pedro, al centro della zona di La Habana, comincia una scaramuccia con una truppa spagnola e, infastidito per non riuscire ad annientarla, il "Titano" si lancia all’attacco fino a quando una scarica di fucileria lo lascia sul campo mortalmente ferito insieme al suo aiutante Francisco Gómez Toro, figlio del Generale in Capo.

Dopo la caduta di Maceo in combattimento, il gesto indipendentista si trasforma in una guerra di logoramento, tanto terribile per la Metropoli come l’altra guerra, poiché prosciugava ogni risorsa umana ed economica.

I soldati di Máximo Gómez si divisero in piccoli gruppi per attaccare i distaccamenti spagnoli e poi sparivano.

Organizzavano imboscate e colpivano gli accampamenti di notte. Il nemico stava in costante scacco. Non ci fu una sola battaglia regolare, ma Weyler si vide obbligato a concentrare fino a 30 grandi unità militari in una estensione limitata a Las Villas.

Alla fine del 1897 l’Esercito Liberatore attaccò di sorpresa Las Tunas, la piazza orientale più fortificata, conquistandola, e impossessandosi di armi, munizioni e medicinali. L’azione ebbe un’enorme risonanza internazionale e mostrò in modo chiaro l’insuccesso della politica coloniale nell’isola.

Nel frattempo fu assassinato il presidente del Consiglio dei Ministri di Spagna, Canovas del Castillo, che venne sostituto da Praxedes Sagasta, il quale dovette far fronte immediatamente a una situazione di frizione diplomatica con gli Stati Uniti.

Nel febbraio 1896 fu presentato a Washington un progetto che riconosceva come parte belligerante i cubani nel conflitto con la Spagna. Ciò diede molte speranze ai patrioti antillani poiché significava la soluzione a molti problemi di approvvigionamento e l’ammissione, con una propria personalità giuridica, nel campo internazionale.

La risoluzione, approvata dal Senato e dalla Camera dei Rappresentanti, fu bloccata dal Presidente Grover Cleveland, che tranquillizzò la Corte spagnola affermando che non si proponeva di riconoscere i cubani come parte belligerante.

La Cancelleria di Potomac arrivò ad affermare che era necessario effettuare riforme per ristabilire la pace a Cuba, ma conservando il potere in mano agli spagnoli

"... perché al trionfo degli insorti scoppierebbe la lotta tra le diverse razze".

Nel settembre del 1897 il Generale Woodford, inviato speciale di Washington a Madrid, consegnò un ultimatum attraverso il quale il suo governo desiderava che la corona spagnola

"... si impegnasse a risolvere il problema cubano".

Senza indugio avvertì che Washington avrebbe aspettato fino al primo di novembre per una risposta. Inoltre

"... avrebbero dovuto dare convincenti garanzie agli Stati Uniti per assicurare una pace, rapida e stabile, nell’isola".

In caso contrario, gli Stati Uniti

"... si consideravano liberi di operare come il loro Governo avesse ritenuto opportuno, al fine di ottenere un risultato in piena concordanza con i propri interessi".

Il 31 ottobre l’inviato nord-americano a Madrid presentò l’ultimatun e Sagasta — che aveva utilizzato questa crisi per consolidare il suo potere — iniziò ad adottare le misure richieste. Sostituì Valeriano Weyler con il generale Ramón Blanco, dettò un bando con il quale si sopprimeva la concentrazione forzata dei contadini e facilitò regimi autonomi a Cuba e a Puerto Rico.

La Spagna, così restia nel concedere riforme che favorivano le sue colonie, concesse più diritti ai cubani e ai portoricani in un mese che durante tutto il secolo che stava terminando.

Infine sarebbe avvenuto l’affondamento della corazzata "Maine" in rada a La Habana, l’intervento delle truppe nordamericane nel conflitto ispano-cubano e l’imposizione del così chiamato "Emendamento Platt".

In meno di un anno il colonialismo ispanico scomparve definitivamente dal continente e i due "Ultimi gioielli della Corona in America" (si legga Cuba e Porto Rico) vennero consegnati su di un vassoio d’argento alla voracità dell’incipiente imperialismo degli Stati Uniti.


Per gentile concessione dell'Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba


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