La maggior parte di noi, si sa, durante l'adolescenza si è preso una cotta per Bono Vox o Patti Smith, ha smaltito più di una sbronza accompagnato dalla cupe atmosfere dei Cure e dalla dolce decadenza della voce di Morrisey, ha sognato la Route 66 sulle note di Born to Run, si è cimentato (è successo anche questo...) in dimenticabili atti di teppismo incoraggiato dalla voce di Axl Rose, è risalito magari fino a Dylan, agli Stones, ai Velvet Underground, ha ritrovato addirittura tra i musicisti di casa propria (tra la via Emilia e il rock) una buona risposta ai suoni provenienti da oltreoceano e oltremanica. Insomma, il nostro immaginario musicale è decisamente a stelle strisce & union jack con qualche (quando è il caso) spruzzatina di tricolore. Tutti sappiamo come suona una Fender Stratocaster.
Ma chi saprebbe dire cos'è un tamborero, una clave, un güiro, una farandula? Di certo però qui a minimum fax, anche due anni fa, prima che Corazón venisse pubblicato, sapevamo molto bene che cosa fosse un cuba libre. E non soltanto per la nostra incorreggibile abitudine di "allungare" le serate conviviali con il giusto carburante. Non solo perché rum & cola, dopo il calar del sole, scioglie ogni congestione metropolitana e ogni piccola impasse esistenziale come poche altre medicine al mondo. Ma anche perché, per noi che ci occupiamo da sempre di letteratura americana, lo strano matrimonio alcolico tra l'Havana e Washington (un matrimonio decisamente a prova di embargo!) ci ha sempre affascinato. In un periodo in cui i falchi sembrano (ahimé) avere la meglio sulle colombe, la persistenza del cuba libre (dentro i nostri stomaci, nelle nostre gambe e sul linoleum delle piste da ballo) è una piccola rivincita morale in cui Martin Luther King, Tito Puente e Che Guevara hanno la meglio sul senatore MacCarthy, su J.W. Bush Jr. e (diciamolo...) sul Fidel Castro dei giorni peggiori.
Così, se queste sono le premesse, non può sorprendere che, quando Besito de Coco (alias Roberta Begnoni), una delle maggiori esperte di musica afro-cubana esistenti nel nostro paese, si è presentata in redazione proponendoci appunto Corazón, una ricognizione appassionata e puntualissima sulla Cuba musicale, abbiamo subito deciso di sposare il progetto. Ma pubblicare il libro è stato solo l'inizio. Perché, messi da parte per un attimo Led Zeppelin, Readiohead, Chemical Brothers e altri geni dei quattro quarti, la lettura di Corazón ci ha spalancato un universo musicale di incredibile gioia e ricchezza. Spingendo la nostra curiosità fino alle soglie dell'innamoramento, ma soprattutto le nostre gambe nelle spirali del sonido latino. In questo modo rumba, mambo, cha cha cha, salsa e merengue hanno iniziato a far parte del nostro patrimonio.
Conquistati dai racconti di Besito de Coco, eccitati dalla visione di Buena Vista Social Club di Wim Wenders e letteralmente incantati dal movimento pelvico della nostra Sabrina Ranucci (maiuscola salsera della prim'ora) abbiamo iniziato pure noi, prima timidamente, poi in maniera un pochettino più spavalda, a incrociare sguardi e gambe con Changó, il dio cubano della musica. Così, chi negli anni scorsi ha potuto incontrarci al Salone del Libro di Torino e, superato l'orario di chiusura, ci ha seguito in qualche locale dei Murazzi, ha potuto assistere a una di quelle classiche scene che si eviterebbe sempre di mostrare agli ipotetici nipotini dei giorni che saranno: mezza redazione di minimum fax sfondata dalla rumba, disfatta dalla salsa, definitivamente messa a tappeto dal mambo. E dall'ultimo cuba libre. Ma felice. Hasta la victoria!
Besito de Coco (Roberta Begnoni) è una delle dj più richieste della scena afro-cubana in Italia e conduce trasmissioni radiofoniche (Radio Mambo, Radio Città Futura) dedicate alla musica latino-americana.
Ha curato per la Irma Records la compilation Cuba! Cuba! (1996).
Ha collaborato con il "manifesto" e con numerose riviste specializzate.
Per minimum fax ha pubblicato nel 2000 Corazón. Il cuore della musica cubana.
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Fonte: http://www.minimumfax.com/speciale.asp?specialeID=13&ns=1
Speciali, nº 10 — ottobre 2002
Mal di Cuba, un virus a suon di musica
Aldo Garzia
Passioni ed emozioni, quando sono autentiche, vanno socializzate. Può infatti capitare che qualcosa di molto intimo e personale si traduca via via in professionalità e conoscenza. Se poi quel qualcosa è la musica ballabile d'origine cubana e latino-americana, la relazione con gli altri è d'obbligo. Bisogna comunicare la passone che ci divora dentro. Ognuno deve trovare il modo appropriato per farlo: telefonata, urlo, e-mail, lettera, gesti, o appunti che possono prendere le sembianze di un dattiloscritto.
Questo libro di Roberta-Besito de Coco c'insegna l'arte di una passione. Lei si è innamorata di Cuba e della sua musica a poco a poco. In appena dieci anni, viaggio dopo viaggio disco dopo disco nastro dopo nastro, è diventata storica, talent scout, critica musicale, organizzatrice di concerti, voce dell'emittenza libera di Roma con una rubrica di successo , dj notturna nei migliori locale salseri, amica personale di tanti musicisti che dall'Avana prendono l'aereo per arrivare in Europa (ma anche di quelli che non fanno il viaggio di ritorno e restano qui a struggersi di nostalgia).
In un solo decennio, Roberta ha bruciato tutte le tappe dell'amor latino fino a consegnarci questo volumetto dove sono depositati dati,storie, aneddoti, profili, ricordi e una miriade di spunti per altri approfondimenti sulla musica dell'isola che ha la più alta densità di musicisti al mondo (non è solo banale questione di quantità). Gli artisti che lei tanto ama dovrebbero essere felici di questa alunna che è diventata insegnante a tempo record. Ben prima di quel risarcimento dovuto ai grandi vecchia della musica di Cuba che è Buena Vista Social Club, in formato cd e in formato cinematografico.
Tra i tanti misteri che avvolgono la storia moderna di Cuba, c'è quello del legame fatale tra musiche, balli ed erotismo. Il simbolo di Cuba nell'iconografia dei suoi stemmi uffuciali, è la clave (la "chiave", quella che serve per addentrarsi da un punto all'altro del continente americano attraverso un passaggio obbligato), ma la clave è anche strumento base di ogni buon ritmo cubano, oltre che dei corteggiamenti a base di movimenti della "cintura". Senza il sincretismo tra culture africane e culture europee non ci sarebbe stata l'esplosione della sonorità che in quell'isola hanno fatto nascere rumba, mambo, cha cha cha, songo, danzón e tante altre varianti sincopate. Il nero e il bianco si confondono, come su una tastiera di pianoforte, in buona armonia.
Tutto a Cuba è meticcio, non solo il colore della pelle: la cubanía, l'identità più segreta di quell'isola, è una sorta di gustoso ajiaco (una specie di minestrone, il piatto nazionale cubano), dove non c'è solo una radice profonda e sicura. Forse, avevano ragione Alejo Carpentier e Fernando Ortiz a parlare del meticciato di Cuba come della società ideale del futuro, in cui si sarebbero mescolate razze, culture e tradizioni per produrne di inedite e non solo per salvaguardare una porzione di ognuna.
Queste pagine si fanno leggere d'un fiato. Besito de Coco ha trovato lo stile giusto per raccontarsi e raccontare. Riesce ad alternare serie e dotte annotazioni su autori, discografie e ascendenze con i propri ricordi sulle scorribande d'iniziazione nell'Avana di inizio anni Novanta, o nella Roma non ancora popolata di scuole di ballo caraibiche, corsi di idioma spagnolo, locali alla moda in stile salsero, ex mogli ed ex mariti di italiani e italiane che pensano di aver toccato il paradiso con matrimoni implosi in poche settimane. I Caraibi e l'Avana non si possono riprodurre del tutto a diecimila chilometri di distanza, sotto altri cieli, altre consuetudini e altri stili di vita. È ingenuo pensare il contrario.
Ecco così che Roberta ci descrive la Tropical mitico locale del quartiere avanero di Marianao, fino a qualche anno fa luogo proibito per gli stranieri. O un accaldato concerto alla Piragua, nei pressi dell'Hotel Nacional, che domina il Malecón e guarda l'Oceano come una fortezza militare. Rieccola nell'ombra di un locale, lungo la centralissima Linea, ad ascoltare il concerto di Emiliano Salvador, forse uno degli ultimi di questo jazzista prematuramente scomparso. Ecco, di nuovo, che ci descrive il primo, emozionante, incontro con Chucho Valdés (il direttore degli Irakere), o quello con Willie Colón (newyorkese all'anagrafe, portoricano nel sangue e nella musica). O, ancora, parlarci ammaliata di José Luis Cortés ("El Tosco"), il capo di N.G. La Banda, il musicista cubano più duttile e fantasioso degli ultimi dieci anni (quelli dell'innamoramento per Cuba di Besito de Coco), che sa suonare indifferentemente Mozart e un pezzo indiavolato di salsa. O, per finire, eccola di nuovo, in modo lieve (e da intenditrice), che ci fa rivivere una nottata trascorsa sulla terrazza dell'Hotel St. John ("El Rincón de Feeling"), in un angolo della Rampa, dove si incontrano le grandi stelle del bolero cubano (César Portillo de la Luz, ad esempio). E non si possono che condividere le belle parole usate per raccontarci di Juan Formell e dei suoi Los Van Van, cui bisognerebbe erigere un monumento a L'Avana Vieja, o a Regla, per quanto hanno saputo fare per la musica cubana in oltre trent'anni di attività.
Besito de Coco viaggia anche oltre l'isola di Cuba: ci parla di Rubén Blades, Juan Luis Guerra, Celia Cruz, Gloria Estefan, di quanti fanno salsa, son e afro-jazz tra le due sponde del golfo della Florida e di quelle del Messico. La musica non ha colori politici, anche se i musicisti sono sempre un po' visionari e controcorrente, spesso rompiballe, sia quando abitano a l'Avana sia quando si trasferiscono a Miami. Per questo, alla fine, sono dei rivoluzionari, pure nelle pochissime occasioni in cui le rivoluzioni sono al potere. Semmai, sono fuori ruolo quando appoggiano potenti lobby economiche con il pallino della rivincita e della vendetta, rifiutando regole, ascolto e dialogo.
In Italia mancava un vademecum per chi volesse documentarsi sulle origini e il boom della musica latina. Roberta — che di questo exploit è stata artefice costante — ha colmato il vuoto, offrendoci con questo libro un atlante e un diario di viaggio. Lo ha fatto con il corazón e con tutta l'emozione di cui è capace, ma anche con la testa e la vivace scrittura. Ne sono uscite pagine che vogliono essere un tributo a Changó, il dio della musica, a Cuba, a L'Avana e a quanti amano i ritmi latini.
Besito de Coco vuole conquistarci alla sua passione.
Non deve sforzarsi. Cara Roberta, siamo dalla tua parte. Si emozionano in tanti, quando pensano all'Avana, alla sua musica, alla sua gente e ai mille problemi della vita quotidiana in quella porzione di terra sotto il cielo del Tropico di cui nessuno — proprio nessuno — sa qual'è il futuro che l'attende. Di "mal di Cuba" non si guarisce, soprattutto se procede a suon di musica.
Tratto dalla "Introduzione" di Aldo Garzia a Corazón. Il cuore della musica cubana di Roberta Besito de Coco (minimum fax, Roma, 2000, 267 pagine, ISBN 88-87765-04-9)
Besito de Coco, Corazón. Il cuore della musica cubana
Marcello Lorrai
Paradossi del mercato editoriale: Cuba è da anni di moda, le librerie sono piene di volumi che la cucinano in tutte le salse, dalla santería al Che, dal romanzo alle ricette, i vecchietti di Buena Vista Social Club spopolano, ma intanto non esisteva in italiano un solo testo che introducesse al complesso universo della musica tanto in voga della maggiore isola caraibica.
A colmare la lacuna ha pensato Besito de Coco, nome d'arte di Roberta Begnoni, Dj, conduttrice radiofonica, agit-prop della musica cubana.
Di taglio divulgativo e piacevole lettura, il libro, scritto col cuore in mano, non manca però di un occhio quanto mai lucido: benissimo tirare fuori dal dimenticatoio gli ottuagenari cari a Ry Cooder e a Wim Wenders, basta che il loro clamoroso successo in extremis non faccia ombra ai musicisti innovativi e meno attempati che Cuba può vantare.
Sarebbe un peccato se raddrizzando un torto se ne facesse un altro: se per una consacrazione dovessero anche loro aspettare di essere "scoperti" sul viale del tramonto, fra qualche decennio.
Così, in particolare e giustissimamente, Corazón spezza una lancia a favore dello straordinario fenomeno della timba, che tanta presa ha avuto negli anni novanta sui giovani cubani, con una serie di straordinarie orchestre, NG La Banda in testa, di estrema qualità musicale e sociologicamente rappresentative delle contraddizioni della Cuba odierna.
Il libro è attento al ruolo cruciale svolto nelle origini della musica cubana dai culti religiosi di provenienza africana, alla loro costante presenza, e al loro riemergere anche nelle espressioni musicali più moderne e spregiudicate come la timba (Minimum fax, Roma, 2000, pp. 271, Lit 16.000).
Fonte: http://www.nigrizia.it/doc.asp?ID=2149
Le Recensioni di Nigrizia, 27/07/2002