Cuba

Una identità in movimento

All'Avana con Caruso

Juventud Rebelde


Dall'inizio del secolo sino agli anni trenta del ventesimo secolo, la vita teatrale all'Avana fu molto intensa, tanto che spesso funzionavano addirittura otto teatri nello stesso tempo, notte dopo notte, con spettacoli e generi teatrali differenti. Non era rara la presenza di compagnie europee nella capitale cubana venute a "Fare l'America".

Se la compagnia aveva successo all'Avana, era garantito un trionfo anche negli altri paesi del continente, altrimenti gli attori potevano tranquillamente tornare in Europa con la coda tra le gambe e le tasche vuote.

Ci sono due o tre versioni sulla storia della relazione tra il romanziera radiofonico Felix B. Caignet e il tenore italiano Enrico Caruso ma tutte hanno in comune l'essenziale, anche se Caignet diceva a volte che Caruso gli aveva dato 200 USD e altre volte 100, ma comunque gli aveva mandato il denaro.

Caignet, quando seppe che Caruso sarebbe andato a cantare all'Avana gli scrisse a New York per dirgli che si sentiva molto dispiaciuto di non poterlo sentire e applaudire durante la stagione all'Avana, ma non aveva denaro sufficiente per pagare il viaggio sino alla capitale.

Caignet viveva a Santiago di Cuba — e anche perché il biglietto per assistere a uno spettacolo costava ben 25 pesos.

Caignet raccontava che nella sua lettera spiegava a Caruso di essere un "giovanetto povero" come il cantante stesso era stato — povero — nella sua infanzia.

In realtà il "giovinetto" era fuori luogo perché Caignet aveva già 28 anni, era cronista del "Diario di Cuba" e scriveva proprio per questo giornale la sezione "Vita Teatrale". Inoltre era critico degli spettacoli per il giornale "El Sol".

Sicuramente Caruso seppe della condizione di giornalista e critico degli spettacoli di Caignet e fu questo che convinse Caruso o il suo rappresentante a mandare il denaro per il trasferimento da Santiago all'Avana, con l'abbonamento agli otto concerti che il tenore avrebbe tenuto nel Teatro Nazionale.

Diceva Caignet a Quiroga:

In pochi giorni io ricevetti una lettera di risposta del rappresentante di Caruso all'Avana nella quale mi comunicava che ero un invitato personale del cantante in tutti i concerti. Nella lettera c'era anche un vaglia postale per cento pesos. Una vera fortuna in quell'epoca. Mi comprai un vestito di drill, scarpe, camicia e presi la mia valigia seguito dall'invidia di mia sorella Yiya e dalle raccomandazioni di mio padre. Mia madre piangeva e mi diceva: "Stai attento Felix, sarà Caruso e tutto quello che vuoi, ma questi artisti sono tutti corrotti!"


Dieci mila dollari a concerto

Molti anni dopo l'incontro, Felix B. Caignet evocava Enrico Caruso e lo ricordava come un uomo pacifico e un gran cavaliere. Gli avevano raccomandato:

Se vai a cenare con il grande Caruso devi conoscere l'etichetta. Vino bianco con i crostacei, rosso con le carni rosse; la forchetta si tiene così e serve per arrotolare gli spaghetti, appoggiandola sul cucchiaio... è un delitto mangiarli cosi, si devono arrotolare!

Caruso all'Avana guadagnò 1.000 USD per ogni concerto. Caignet raccontò a Orlando Quiroga che quando c'era già confidenza tra di loro, il Divo gli aveva confessato di aver chiesto quella cifra con la speranza che gliela negassero. Si sentiva male e non voleva andare a Cuba.

Caruso morì l'anno successivo a 48 anni di età, a Napoli, dove era nato.

Quello dell'Avana fu il miglior contratto mai pagato durante tutta la carriera di Caruso. Oggi potrà sembrare ridicolo ai grandi tenori che guadagnano molto, ma molto di più per ogni concerto, ma sino agli anni '70 nessun cantante aveva mai guadagnato più di Caruso in quella occasione.

Com'era l'Avana che conobbe Caruso? Come si svolse la stagione operistica? Qual'è la storia della bomba che fecero scoppiare nel Teatro Nazionale mentre il Divo, il grande tra i grandi, divideva la scena con Gabriella Bensanzoni?

L'opera continuava ad essere lo spettacolo musicale preferito della classe abbiente e dagli snob dell'Avana, una città che nei primi trent'anni del secolo scorso e anche prima uguagliava e superava le più importanti città dell'Europa per l'importanza delle compagnie che accoglieva nei suoi teatri. Non va dimenticato che lontano nel tempo, nel 1776, il primo teatro per l'opera della capitale aveva già aperto i battenti. Era un teatro come non ne esistevano altri al mondo in quell'epoca. Non c'era nulla di simile negli Stati Uniti e in altre città dell'America.

Affermò Alejo Carpentier, lo scrittore del romanzo "I passi perduti":

L'opera italiana era un pretesto per tutta un'esibizione di vanità, di mode, di cose. Con un calore infernale e senza aria condizionata la gente andava a teatro in frac e cilindro e le donne si mettevano pellicce di zibellino e quasi ci lasciavano la pelle...

Carpentier non tralascia di riconoscere che tra il 1912 e il1913 nel Teatro dell'Opera Nazionale si svolsero le stagioni operistiche più favolose che si fossero mai viste.

Vennero i cantanti più famosi dall'Italia: Caruso, Titta Ruffo, Lucrezia Boni, Maria Barrientos Manzuelo, Nicoletti, Martinelli.

Nel lontano 1920, per la caduta del prezzo internazionale dello zucchero, a Cuba terminò la cosiddetta Danza dei Milioni e iniziò un periodo conosciuto come "Le vacche magre". Una libbra di zucchero, la prima voce delle esportazioni dell'Isola, scese da un valore di 22,5 centesimi del mese di maggio a 3.75 in dicembre, per cui il governo dovette decretare una moratoria generale. Vennero sospesi i pagamenti da parte del Banco Spagnolo, del Banco Internacional e del Banco Nacional di Cuba che specularono sui prezzi dello zucchero e dopo il crac bancario sopravvisse solamente la banca nordamericana che operava nell'Isola. Gli operai iniziarono gli scioperi motivati dal primo di maggio e iniziarono a scoppiare le bombe nella capitale. Una toccò a Caruso.


Tutti i rumori

Alejo Carpentier traccia questa vivida immagine dell'Avana di allora:

(...) si dava il caso che cantavano opere prodigiose; alle due entrate del Teatro Nazionale c'erano due locali. In quello a destra si facevano esibizioni di cose strane e in quello a sinistra si vendevano dischi. Così succedeva questo: nelle notti in cui c'era Caruso sullo scenario che cantava "Celesta Aida" si sentiva tutto. Tutti i rumori penetravano perché, dato che non c'era l'aria condizionata, finestre e porte dovevano rimanere tutte aperte.

Nel locale di esibizione, sulla destra, avevano infilato a spintoni (...) un gigantesco cetaceo, un pesce dama e una specie di orca (...) li stavano esibendo ma venne il momento in cui dovettero portare via l'orca perché puzzava troppo.

(...) ma questo era niente. Se si attraversava la strada in un angolo dello spiazzo dove sarebbe sorto il futuro Capitolio, un individuo aveva montato un enorme tendone da circo aperto tutto l'anno dove si mostravano manichini di malati di sifilide; questi manichini mostravano tutta la purulenza e gli orrori che possono manifestarsi in una persona con questa malattia venerea. Alla porta c'era un negro enorme con un megafono che gridava ai passanti: "Qui chi entra ballando la rumba esce tutto sbalestrato!"

C'era Caruso, c'era l'orca, c'erano i dischi e i manichini...

Dall'altro lato c'era il Circo Santos y Artigas o Pubillones con 12 leoni in cantina che passavano le notti ruggendo in una maniera tale che i ruggiti si sentivano dall'opera. Inoltre un gigantesco cartellone pubblicitario verde luminoso che era il primo annuncio del genere nella capitale mostrava una rana verde enorme e consigliava:

L'acqua da sola crea le rane: bevete il gin La Campagna.

Ma, e Caruso? Come ricorda il grande Alejo Carpentier, testimone eccezionale del suo tempo il gran Caruso? Il narratore precisa che attorno al Parque Central erano riunite tutte le nazionalità possibili con tutti i loro contrasti.

Carpentier situa uno dei maggiori contrasti nel prezzo del biglietto del Teatro Nacional in quella stagione quando cantò Caruso all'Avana: 25 pesos in quell'epoca, nel bel mezzo di una grave crisi economica come quella che stava attraversando il paese....

Venticinque pesos erano il salario di un mese di un operaio e ci potevano vivere quattro persone, precisa Carpentier che aggiunge che quella esagerazione, quello sciupio di lusso in un momento nel quale Cuba si trovava in una situazione molto difficile, indusse alcune persone a manifestare la propria contrarietà mettendo una bomba che fece tremare il Teatro Nacional e che obbligò il tenore a scappare dal palcoscenico.

Su questo incidente esistono almeno due versioni. Uno attribuisce lo scoppio della bomba a un gruppo anarchico che chiedeva rivendicazioni salariali per i dipendenti del teatro, assicurando che la bomba venne collocata nei bagni dell'edificio. Carpenitier però responsabilizza in maniera più generale lo scontento della gente per la situazione di Cuba e dice che tirarono la bomba nella fossa dell'orchestra. Le due versioni coincidono, dicendo che però non fu una bomba ma fu un petardo che voleva solo spaventare.


Ricostruiamo i fatti

Prima versione.

Il fatto avvenne durante una matinée probabilmente di domenica. Enrico Caruso con Gabriella Bensanzoni occupava la scena cantando "Celeste Aida" di Verdi. Ovviamente era Radames e vestiva una tunica enorme color coleottero con riflessi verdi, quando scoppiò la bomba.

Carpentier ricorda:

Caruso, che era molto pauroso, si spaventò in maniera terribile, uscì dalla porta di fondo del teatro e cominciò a correre, alle tre del pomeriggio, per tutta Calle San Rafael.

Due isolati dopo un poliziotto che io conoscevo sin dall'epoca del collegio e che si chiamava Veneno (...) lo afferro violentemente gridando: "Che sta succedendo? Non siamo mica in carnevale per andare in giro conciati così!"

Caruso, che non parlava spagnolo, cominciò a dire: "Io non sono in carnevale, sono un grande tenore vestito da Radames. Io sono il tenore Caruso!"

Ma Veneno — dice Carpentier — non capiva. Guardò fisso Caruso e gli gridò: "Tra l'altro vai in giro con un costume da donna! Andiamo subito al commissariato!"

Il povero Caruso venne liberato dal suo ambasciatore, conclude Alejo Carpentier nel suo scritto sull'Avana di quei giorni e sull'incidente della bomba.

Il giorno della bomba nel Teatro Nacional — e questa è l'altra versione — Caruso e la Bensanzoni – una contralto con una voce tagliente e modo di fare di femmina ricca — scapparono per strada e entrarono nell'auto di una signora che si diceva avesse un flirt con il tenore e se ne andarono all'Hotel Sevilla. Gli storiografi di questo hotel dicono che Caruso giunse con il suo costume da Radames e l'enorme tunica color coleottero.

Il bombarolo fu in realtà un bambino che vendeva giornali sul marciapiedi "La acera del Louvre" al quale un gruppo di anarchici che esigeva rivendicazioni salariali per i dipendenti della sala, diedero 40 centesimi perché collocasse il petardo in uno dei bagni del teatro.

Quel venditore di giornali raccontò la storia a Eduardo Riberño molti anni dopo, quando parlamentare e ministro era già uno dei papabili per le elezioni del 1948. Si chiamava Luis Pérez Espinos e fu ministro dell'educazione nel governo del Presidente Grau e divenne famoso per la campagna "Tutto per il bambino".


Fonte: Granma Internacional Digital
http://www.granma.cu/italiano/febrero03/vier7/caruso-it.html

Granma. Órgano Oficial del Comité Central del Partido Comunista de Cuba


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