Cuba

Una identità in movimento


680 desaparecidos all'Avana

Gennaro Carotenuto


È una forma di omertà possibile se il convegno si svolge a Cuba e migliaia di documenti prodotti sono così scomodi da incolpare gli Stati Uniti di quello che la saggista argentino-messicana Stella Calloni — colei che per prima mise le mani sugli archivi del terrore del Piano Condor — definisce oramai

    "... terrorismo di stato mondiale".

Sono dunque verità così scomode da fare ritenere preferibile ignorarle, facendosi scudo dietro lo sfondo cubano del congresso. Sono verità difficili da accettare come quella palesata in un documento del governo statunitense del 1962. In piena epoca dorata dell'alleanza per il progresso kennediana, tale documento, firmato dal Generale L. Lemnitzer, capo di stato maggiore dell'esercito degli Stati Uniti, suggerisce al ministro della difesa l'idea di fare saltare in aria un aereo civile con a bordo un'intera scolaresca statunitense per poterne incolpare Cuba e creare un incidente di tale gravità da creare consenso intorno all'invasione dell'isola.

Quella volta il progetto non si concretizzò, anche se in molti casi, dal Maine al Golfo del Tonchino alle armi di distruzione di massa di Saddam Hussein, gli Stati Uniti hanno costruito ad arte incidenti o prove false tese a legittimare — facendo da casus belli — conflitti da loro desiderati. Quattordici anni dopo quel documento, però, un aereo civile fu effettivamente abbattuto da un attentato terroristico dello stesso stampo.

Autore del crimine fu il gruppo facente capo ai terroristi cubano-statunitensi Orlando Bosch e Luís Posada Carriles, inoppugnabilmente protetto e controllato — centinaia di documenti lo dimostrano — dalla CIA diretta all'epoca da George Bush padre. Nell'attentato, contro un volo della Cubana de Aviación, diretto alle isole Barbados furono assassinate 73 persone, in massima parte giovanissimi atleti cubani. Orlando Bosch, al sicuro a Miami, oggi continua a rivendicare in diretta televisiva quei fatti sminuendone la portata criminale. In fondo, afferma Bosch, la maggior parte delle vittime erano

    "... dei negretti".

Il suo sodale di quella e altre mille "covered actions", Luís Posada Carriles, era già all'epoca non solo un terrorista affermato ma anche il capo dei servizi segreti venezuelani "denazionalizzati" dall'allora presidente filostatunitense Carlos Andrés Pérez. E in quel paese, da capo dei servizi segreti, aveva compiuto decine di attentati fino ad essere arrestato e condannato e poi riuscire a fuggire con complicità ai massimi livelli dello stato. Dopo essere stato tra i gestori per conto di Washington della guerra sporca in Centramerica, che ha causato decine di migliaia di vittime, tra le quali il Vescovo di San Salvador, Oscar Romero, Posada Carriles fu riarrestato e ricondannato a Panama. Qui, nell'autunno 2004 fu indultato come ultimo atto pubblico della presidente uscente Mireya Moscoso. Oggi Posada Carriles, dopo un arresto farsa per immigrazione illegale negli Stati Uniti è una patata bollente per la famiglia Bush verso la quale vanterebbe una grande capacità di ricatto. La magistratura venezuelana ne chiede, con la piena forza e legittimità del diritto, l'estradizione incontrando silenzi, imbarazzi e tergiversazioni da parte dell'amministrazione statunitense.

Il convegno dell'Avana, in tre giorni di intensi lavori ha ripercorso il filo rosso che lega al governo degli Stati Uniti la quasi totalità delle violazioni dei diritti umani e dei colpi di stato che hanno insanguinato la storia dell'America Latina contemporanea. Studiosi di tutti i continenti hanno presentato dati e documentazioni che in molti casi provengono dagli stessi archivi statunitensi. Tanto il giurista paraguaiano Martín Almada come il giornalista uruguayano Samuel Blixen hanno ricostruito i nessi tra l'Operazione Condor — il piano di cattura e sterminio degli oppositori delle dittature filostatunitensi del cono sud — e i governi degli Stati Uniti e tra questi e la guerra sporca in Centro-America. Oggi si hanno informazioni tali da individuare un unico disegno, che unisce tutti i progetti di destabilizzazione, quello di Cuba, quello del cono sud con il Piano Condor e quello centroamericano. In questo disegno, proprio i cubano-statunitensi di Miami svolgono da una parte un ruolo di manovalanza criminale come autori materiali di attentati e dall'altro fungono da istruttori e organizzatori dell'internazionale del terrore che nell'ultimo mezzo secolo ha causato la morte di almeno mezzo milione di latinoamericani, 200.000 dei quali nel solo Guatemala dopo il rovesciamento del governo socialdemocratico di Jacobo Arbenz.

La giurista statunitense Eva Golinger, che si occupa dei piani di destabilizzazione del governo Chávez in Venezuela, ha presentato circa 5000 documenti, l'80% dei quali di provenienza ufficiale statunitense. Rivelano il finanziamento da parte del governo degli Stati Uniti con almeno 27 milioni di dollari dei gruppi golpisti venezuelani che agirono l'11 di aprile 2002. Non solo: emerge che gli Stati Uniti — è nelle carte di Washington presentate da Golinger nel saggio "Il codice Chávez" — sapevano perfettamente che i gruppi golpisti da loro appoggiati fossero gli autori materiali degli assassini delle decine di vittime dell'11 e 12 aprile a Caracas. Pur conoscendo la verità, continuarono a fornire false prove per attribuire quelle morti ad elementi fedeli al governo legittimo che intanto stava riprendendo il controllo della situazione.

Lo storico italiano Piero Gleijeses, della John Hopkins University negli Stati Uniti, è forse il massimo studioso mondiale del colpo di stato in Guatemala del 1954. Forse il dato più interessante che presenta è che all'epoca tutta la stampa europea, indipendentemente dal colore politico e con la sola significativa eccezione della Spagna franchista, mise immediatamente in relazione il governo statunitense, la United Fruit e il colpo di stato. Al contrario la stampa statunitense, che pure deteneva sicuramente quelle stesse informazioni, per almeno sei anni tenne un comportamento omertoso censurando completamente ogni informazione sul caso che dà inizio alla lunga tragedia guatemalteca. Solo dopo il 1960, durante la campagna elettorale che porta Kennedy a sconfiggere Nixon, il pubblico nordamericano potrà avere dei superficiali e casuali riferimenti al ruolo del governo Eisenhower in quei fatti.

Il professor Gleijeses ha concluso il suo intervento facendo iniziare la politica di doppia morale statunitense — che oggi produce la lotta al terrorismo e il contemporaneo appoggio di questo — nel lontano 1806. In quell'anno l'antischiavista e allo stesso tempo grande proprietario di schiavi Thomas Jefferson

    "... con l'annessione della Florida, sottratta illegalmente alla Spagna, fu abilissimo nel presentare quest'ultima, aggredita, come aggressore. Fino dall'epoca quindi gli Stati Uniti avrebbero — secondo Gleijeses — istituzionalizzato una politica di manipolazione costante dei fatti tesa a trasformare la pecora in lupo e presentare loro stessi, in genere aggressori, come vittime".

Cuba, è la denuncia, in questi anni ha avuto 3478 vittime in centinaia di atti terroristici documentati, organizzati, finanziati e protetti dal paese paladino della lotta al terrorismo e che accusa Cuba di violazioni dei diritti umani. Tra queste vittime c'è il giovane turista italiano Fabio di Celmo per la morte del quale Posada Carriles è reo confesso e per la quale afferma di dormire sonni tranquilli. Il governo italiano non richiede e non richiederà l'estradizione del terrorista. L'opposizione — evidentemente la doppia morale non è un'esclusiva degli Stati Uniti — non ha presentato neanche uno straccio di interrogazione parlamentare in merito.




Fonte: http://www.gennarocarotenuto.it/dblog/articolo.asp?id=197


Cuba. Una identità in movimento

Webmaster: Carlo NobiliAntropologo americanista, Roma, Italia

© 2000-2009 Tutti i diritti riservati — Derechos reservados

Statistiche - Estadisticas