Cuba

Una identità in movimento

Cuba 2000

Angelo Baracca



Dove va Cuba? Si tende ad avere di Cuba un'immagine arroccata, "resistenziale". E invece forse pochi paesi al mondo sono cambiati tanto profondamente come Cuba negli ultimi anni. Non è facile percepirlo per il turista, immerso in un universo artificiale, distorto e falsato. Forse non è facile neppure per il visitatore più attento, che abbia incontri con strutture "ufficiali". In ogni caso non è facile per nessuno dire "dove sta andando Cuba": non è facile, credo, per i cubani stessi. Qui le contraddizioni sono eclatanti. Non sono le contraddizioni che contraddistinguono solitamente i paesi del Terzo Mondo: non si tratta tanto di differenze sociali, che pure esistono e si sono accentuate durante il "Periodo Especial". In una società che aveva raggiunto un notevole livello egualitaristico, a fronte del quale l'assoluta centralizzazione dell'economia accusava sprechi clamorosi (dovuti in parte ai legami col blocco socialista), la necessità di adeguarsi ad una situazione totalmente nuova e inaspettata ha generato spinte e resistenze. La parodia nostrana di Cuba non democratica perché vi è un solo partito appare assolutamente ridicola appena si parla con i cubani: noi sappiamo bene che cosa sono e cosa fanno i partiti, e bisognerebbe essere suicidi per aprire le porte al potere economico dei cubani della Florida attraverso un partito politico! (Del resto, la Russia, o il Nicaragua, sono diventati più "democratici" quando hanno ammesso più partiti?). In un sondaggio pubblicato un paio di anni fa su Internazionale appena il 3% dei cubani accusava questa limitazione di libertà. Vi sono limitazioni più sottili che i cubani accusano nella vita di tutti i giorni. In parte sono ancora il retaggio dei paesi del "socialismo reale": i cubani non possono accedere a molti locali o alberghi se non in compagnia di un turista. Vi è poi questa schizofrenica doppia economia: della moneta nazionale, con la quale si pagano gli stipendi, e del dollaro, con cui si devono comperare molti generi di prima necessità (la maggioranza dei salari è inferiore a 10 dollari al mese), ma con cui si accede anche ai negozi eleganti che incominciano a pullulare a La Habana Vieja (non manca Benetton). Non vi è dubbio che ci sono tanti cubani che dispongono di dollari, e anche in quantità: la maggior parte svolge attività extralavorative, più o meno legali, nel mercato del dollaro (non sono rari quelli che hanno abbandonato il lavoro statale: in un sol giorno possono guadagnare di più, e tutto serve, dall'affitto di alloggi, al tassista abusivo, alle "jineteras", questo particolare tipo di prostitute, che semmai si sposano lo straniero disponibile). Un segnale di preoccupazione a questo riguardo lo esprimerei per i giovani, che mostrano segni preoccupanti di avere introiettato questa forma di vita e di perdere i valori delle vecchie generazioni e l'etica del lavoro. Vi sono tentativi dell'apparato di adeguarsi al nuovo, che si scontrano non solo con una burocrazia pesante e ottusa, ma con meccanismi amministrativi e schemi di rapporti cristallizzati, che non sempre l'inventiva incredibile dei cubani riesce a superare o ad aggirare: sembra più facile far funzionare le gigantesche automobili americane che hanno più di mezzo secolo e sembrano tenute su con lo scotch, o fabbricare una limousine segando e unendo due Lada sovietiche, che non superare gli ostacoli burocratici. Molti cubani ricevono dollari dai parenti emigrati negli USA: ora la cosa è legale, pur con certi limiti. È legalizzato anche il lavoro "por cuenta propia", ossia la piccola impresa privata: dai "paladeres", ristoranti privati per la maggior parte in dollari, all'affitto di stanze e appartamenti (sempre in dollari), alla vendita in moneta nazionale di gelati, caffè e cibo, ai riparatori di ogni genere di elettrodomestici, di occhiali, di forature di pneumatici, ecc. Però da più di un anno sono state introdotte le imposte, che prima non esistevano: e sono state elevate, strozzando gli "imprenditori" più piccoli e facendo la fortuna di quelli più affermati, o incentivando gli illegali.

Eppure, e anche se può apparire una contraddizione, proprio grazie al "bloqueo", Cuba sta realizzando cambi ben più sostanziali e interessanti. Pur tra le contraddizioni, che si porta dietro, sta affrontando alcuni nodi di fondo delle difficoltà economiche e strutturali che l'attanagliano. Il "Periodo Especial" vero e proprio sembra superato nella sua fase più drammatica, anche se la gente sta "luchando" ogni giorno, come suole rispondere alla domanda "come va?", aggiungendo come un ritornello "No es facil!". Un esempio: la produzione di energia elettrica rimane insufficiente nelle ore di punta e i black out ("apagones") continuano ad affliggere con regolarità tutto il paese. Il costo del petrolio è uno dei balzelli più gravi per il paese. Eppure pochi sanno che Cuba è uno dei paesi al mondo che copre la maggior percentuale dei propri fabbisogni energetici con risorse rinnovabili: la biomassa (il "bagazo") derivante dalla lavorazione della canna da zucchero viene utilizzata per produrre il 30% dell'energia elettrica; anzi, l'importanza economica della "zafra" (la cui dimensione si è drasticamente ridotta) è ormai passata in secondo piano, ma come risorsa energetica rimane di primaria importanza. L'efficienza delle vecchie centrali termoelettriche degli zuccherifici è bassissima, ma c'è un piano per migliorarle una ad una nei prossimi anni. Ma sapete qual è lo spreco maggiore di energia elettrica? Gli acquedotti sono in uno stato disastroso: l'acqua viene pompata in cisterne, e di qui nei serbatoi dei singoli appartamenti, tutto con motori elettrici, e questa operazione assorbe quasi la metà dell'energia elettrica. Gli "habaneri" poi non hanno molta consapevolezza del risparmio. Eppure la campagna lanciata per raggiungere l'autosufficienza energetica prevede un programma di intervento in tutte le case e la fornitura di lampade a basso consumo a lunga durata. Si sta martellando la popolazione alla televisione e sul Granma perché spenga le luci superflue nelle ore di punta, ma intanto i negozi (statali) chiusi sfolgorano di luci accese.

Ma se si vuole cercare di capire che cosa sta accadendo a Cuba è necessario in primo luogo tenere presente che Cuba non è L'Avana! Il paese conta circa 11 milioni di abitanti, dei quali circa un quinto vivono nella capitale. Malgrado l'economia pianificata, L'Avana è sempre stata nettamente favorita rispetto al resto del paese. La Rivoluzione è nata e si è sviluppata nelle provincie orientali. Se chiedete a Santiago di Cuba, vi rispondono: "Si, la culla della Rivoluzione è ancora qui, ma il bambino se lo sono portato a L'Avana". Se nella capitale non è facile superare l'apparenza del primo impatto, in Oriente, al di là dell'affabilità della gente, le cose più interessanti bisognerebbe andarle a scoprire in zone sperdute della campagna o della Sierra. Un Convegno Internazionale della OnG cubana CUBASOLAR (13-17 aprile) ha offerto un'occasione unica per visitare mini-impianti di energie rinnovabili (fotovoltaico, idro, eolico, biomassa) nei posti più isolati e impervi, dove estendere la rete elettrica nazionale (che copre il 96 % del territorio) comporterebbe costi molto maggiori. Il sistema sanitario (fiore all'occhiello del paese: la mortalità infantile alla nascita si è ulteriormente abbassata, malgrado il "periodo especial", a 7,2 per mille; tra i primi 25 paesi al mondo!) è diffuso capillarmente sul territorio con l'istituzione di base del "médico de la familia": 900 di essi risiedono in zone impervie, dove non arriva la rete elettrica nazionale. Un programma sostenuto da CUBASOLAR ha già elettrificato più di 160 consultori di medici della famiglia con pannelli fotovoltaici, in un paio di centinaia ancora i lavori sono in corso o inizieranno quanto prima. In una delle zone orientali più incantevoli e intatte del paese, Baracoa, rifornita anch'essa d'acqua con pompe elettriche obsolete ed energivore, è stato elaborato un progetto molto bello per portare l'acqua per gravità dal corso di un fiume in un punto distante 13 km: basterebbe un finanziamento relativamente ridotto di appena 400.000 dollari per realizzare il lotto più importante. Ma non si tratta certo di un caso isolato. Anche nella piccola scuola de La Higuiera, in Bolivia, dove venne assassinato il Che, CUBASOLAR ha realizzato un posto medico elettrificato con pannelli fotovoltaici; e il medico è stato preparato a Cuba..

Uno stuolo di forze sane, intraprendenti, qualificate del paese è proteso in uno sforzo di raggiungere l'autonomia energetica, recuperando pienamente l'equilibrio con l'ambiente, valorizzando le risorse, in primo luogo il sole e tutte le fonti rinnovabili che ne derivano. Alcuni architetti hanno eseguito nella città di Villa Clara un monumentale rilievo, capillare, accuratissimo, di tutti i parametri rilevanti (distribuzione delle temperature, umidità, rumore, venti, ecc.), utilizzando sistemi apparentemente rudimentali, girando la città a tutte le ore e con qualsiasi tempo con un termometro ed altri strumenti, quando poche foto aeree all'infrarosso avrebbero risolto il problema in un baleno; hanno corredato lo studio con un atlante di tutti i materiali con le relative caratteristiche. Anche nell'assoluta penuria di fondi non demordono. Si tratta di una conoscenza del territorio preziosa per qualsiasi intervento di recupero, valorizzazione, riequilibrio. Gli esempi si potrebbero moltiplicare.

Da questo quadro, certamente approssimativo, indubbiamente contraddittorio, emerge per un osservatore attento e sensibile un dato nuovo e di grande significato. Le forze migliori che operano nel paese potrebbero fare nuovamente di Cuba, dopo 40 anni (pur nelle profonde contraddizioni), un esempio emblematico, unico, nella ricerca faticosa di una strada che consenta di affrontare il terzo millennio uscendo dalla morsa "sviluppo vs. sottosviluppo", stretta al collo dei paesi arretrati dalle feree tenaglie del mercato e delle politiche neoliberiste. Quante volte abbiamo detto che il Pianeta non potrebbe assolutamente sopportare uno "sviluppo" dei paesi considerati "sottosviluppati" sul modello di quelli considerati "sviluppati"! Eppure si continua a misurare lo "sviluppo" in base ad indici scelti e definiti su misura per i paesi "sviluppati" (e per i loro interessi di mercato): ma allora non c'è uscita! Anche il termine "sviluppo sostenibile" rischia di essere una trappola, una formula tranquilizzante ma vuota, una foglia di fico per coprire la logica di sfruttamento che sottende le politiche internazionali. Sono convinto che dovremmo addirittura eliminare il termine sviluppo, perché ormai ha un marchio che condiziona irrimediabilmente qualsiasi aggettivo o determinazione che lo specifichino: non è chiaro che cosa si possa proporre al suo posto; forse una prima approssimazione potrebbe essere di "paesi sfruttati" e "paesi sfruttatori", certo inadeguata, ma più vicina alla realtà dei fatti (o, che non è molto diverso, paesi "del Sud" e "del Nord" del Mondo). Ma la cosa più importante è che, se rovesciamo la logica corrente, i "paesi sfruttati" sono quelli che, malgrado tutto, conservano ancora la maggiore quantità di risorse, se non intatte almeno largamente recuperabili; quelli che, se sapessero (o volessero) sottrarsi alle logiche di sfruttamento, neocoloniali, dei paesi "sviluppati", potrebbero imboccare una strada di autonomia, di recupero e valorizzazione delle proprie risorse, dell'equilibrio sociale e con la natura, di modi di vita, di produzione, di scambio, di consumo meno alienati e più naturali: potrebbero, insomma, essere loro i paesi realmente più "avanzati", capaci di indicare una strada diversa ai "paesi sfruttatori". Ebbene, proprio su questo piano Cuba potrebbe rappresentare il solo, o almeno primo, esempio (pur — ripetiamolo fino alla nausea — tra le sue contraddizioni, e probabilmente, o inevitabilmente, anche errori) della ricerca di una strada diversa: merita tutto l'appoggio possibile; e incondizionato, perché i propri problemi interni devono vederseli i cubani, e solo loro. Noi non abbiamo molte lezioni da dare! Nell'Italia "sviluppata" il territorio è devastato e un acquazzone miete più vittime di un ciclone tropicale nella "sottosviluppata" Cuba! E i partiti che denoterebbe il livello della nostra "democrazia" non riescono a garantire neppure il diritto fondamentale alla vita.

L'esito della partita non è in alcun modo determinato: il futuro corre sulla lama di un rasoio. Ma è una scommessa che vale la pena di giocare, con tutta la convinzione: una delle poche appassionanti nello squallido panorama di fine millennio (forse con quella, pur così diversa e vicina, degli "Zapatisti").



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Webmaster: Carlo Nobili — Antropologo americanista, Roma, Italia

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