L'eclettico avanero presente allo stand culturale cubano a Latinomericando mostra le sue composizioni ispirate al folklore e all'afrocubanía, quella cultura da cui Eduardo Córdova trae quell'incontenibile energia che poi trasforma attraverso vari linguaggi artistici.
I lavori di Eduardo Córdova posseggono uno stile caratteristico, ben riconoscibile per quella sua unicità di aggiungere valori estetici e artistici alle percussioni afrocubane da lui firmate, e che da alcuni anni per conto delle istituzioni cubane porta in giro per il mondo.
I visitatori del festival sono attratti e incantati dalla sua informale e calorosa voglia di comunicare attraverso accenni di ritmi batá o clave di rumba o quei curiosi intrecci di linguaggi artistici che decorano il fusto di legno dei tamburi, tele o supporti vari, difficili da spiegare ma intuibili come sintesi del mondo magico africano che ha preso forma delle Indie Occidentali e in particolare nell'isola di Cuba.
Nello sguardo di Eduardo leggo un passato storico-culturale molto denso, un personaggio raro, ti fissa e — se la sua energia capta la presenza di sensibilità verso la scoperta delle culture che stanno alla base di questo mondo — vieni trascinato, amabilmente, all'interno di questo spazio colorato e sonoro: un happening continuo.
Incontro Eduardo ad un anno di distanza, sempre in occasione di Latinoamericando, nello stand, ricco di oggettistica varia e prodotti culturali, che condivide con altri artisti cubani, e subito ci tiene a mostrarmi opere nate da nuove sperimentazioni artistiche, ispirate alle culture Arará, Bantu e Yoruba, in particolare ai colori degli Orisha.
Studia e osserva i fenomeni legati alle tradizioni delle religioni popolari, anche se ci tiene a specificare che non partecipa a nessun credo religioso.
E afferma:
"Mi interesso di Santería, del pantheon Yoruba, ma solo come artista".
Tuttavia non posso non notare che una parte del pensiero artistico che si manifesta in ogni sua opera, anche se inconsciamente, è legato strettamente al mondo misterioso dell'occulto, con tutti gli elementi della natura, animali e vegetali.
Nel lavoro di Eduardo emerge, in particolare, quella magia proveniente dall'Africa, adattatasi nell'isola caraibica e conosciuta come Regla de Ocha, fede a cui la maggioranza dei cubani ricorre per alleviare dolori, trovare benefici, soprattutto psicologici, e cancellare affanni.
Un fenomeno culturale, zeppo di rituali, diffusissimo in tutta Cuba, una fede vissuta in maniera differente dalla gente, a volte costruita su misura, a volte osservata con distacco come Libio Martínez Nodal, artista plastico che ha un laboratorio nel quartiere avanero di Lawton, e su credenze e Santería tiene a precisarmi:
"Ho molto rispetto per tutto questo, ho amici che vivono queste esperienze, a volte se ne discute, ma mi fermo lì".
Quasi a voler dire, credo a quello che vedo e tocco, come le pelli e il cuoio da cui ricava le opere esposte a fianco di quelle di Eduardo.
Gli chiedo perché ha scelto di lavorare con il cuoio e mi risponde:
"Perché è una delle materie più duttili, la impiego in contesti diversi e mi offre notevoli possibilità creative. E ricordiamoci che è uno dei primi materiali che utilizzò l'uomo, per coprirsi e difendersi dal freddo e per creare oggetti. Io uso pelli di capra, pecora, vacca, ovviamente materiale che posso trovare a Cuba".
Proseguo l'incontro con Eduardo Cordóva — allontanatosi un attimo per illustrare a clienti i suoi progetti — per riprendere il discorso della sua vita creativa, dell'attività produttiva della sua mente indirizzata alle arti più diverse.
"Io ho cominciato con la musica — dice Eduardo —, mi diplomai in percussioni e siccome ritengo importante conoscere gli strumenti che si devono suonare, decisi di costruirmeli con le mie mani. Però i tamburi che realizzai erano frutto delle mie immaginazioni. Successivamente, mentre suonavo i tamburi, sentivo che i ritmi che eseguivo esprimevano dei colori e allora pensai di trasferire queste idee dal legno alla tela. Con un mondo di figure ritmiche, toni acuti o gravi, timbri, modi di ricavare suoni, che trova corrispondenza nel colorare le mie tele. Una sintesi storico-artistica della nostra afrocubanía".
Ma a un anno di distanza, con quali novità sei arrivato nuovamente a Milano?
"Ho arricchito notevolmente il lato pittorico — continua Eduardo — e il mio lavoro, nel frattempo, ha riscosso critiche importanti, tra cui quella di Vittorio Sgarbi e di altri nomi significativi, e tutto questo mi aiuta nel giocare con l'arte, suonare e nello stesso momento fissare colori su tela. Per il futuro sto pensando a progetti innovativi, decorare parchi e ambienti: messaggi positivi per l'umanità, difendere la natura".
Nel guardare qua e là tra le quantità di manufatti sepolti nello spazio espositivo, sembra di sentire i suoni tra i colori delle tele o di vedere minuziose descrizioni dei movimenti delle danze afro dalla voce acuta di Okónkolo.
Infatti anche se l'artista esplora nuovi orizzonti, l'aspetto principale della sua sperimentazione, comunque, è costituito dal rapporto creativo con l'arte dei suoni, e in particolare dei ritmi afrocubani e dei loro indiscussi protagonisti: batá, congas, tumbadoras, bongos, chequereé, maracas, claves.
Protagonisti che di tanto in tanto Eduardo stimola con le sue mani come per tenere vivo il coro dei canti della tradizione cubana e renderli partecipi della sua esperienza artistica e dei lunghi viaggi in giro per il Pianeta come autorevoli addetti culturali.
Se non avete ancora avuto la possibilità di conoscere il lavoro di Eduardo Córdova, vi consiglio di non lasciarvi sfuggire questa opportunità, un'occasione per ammirare il lato creativo e poetico di questo artista-musicista al tempo stesso modesto e talentuoso.
Percussionista diplomatosi all'ENIA dell'Avana, nel 1999 fondò il gruppo Obbara, ha condiviso la scena con artisti nazionali e internazionali, ha suonato sul palco centrale di Latinoamericando in varie occasioni — anche con Oscar de León! — e, quest'anno, sia nella serata di apertura dedicata all'indimenticabile Compay Segundo sia nel concerto con il gruppo brasiliano Olodum.
Al termine di Latinoamericando sarà nuovamente possibile incontrare l'artista cubano con i suoi lavori alla settembrina Fiera del Levante di Bari.
Nello spazio cubano nel quale è presente Eduardo troverete: Artex, con una mostra di interessanti prodotti musicali, film, libri e posters d'epoca da ammirare ma anche da comprare per portarsi a casa un pezzetto della "Isla Grande"; la Galería Víctor Manuel del Fondo de Bienes Culturales con gli artisti Eduardo Márquez e Madelin Arronte che realizzano dal vivo oggetti con foglie di tabacco e papier maché; i lavori in cuoio di Libio Martínez; sculture e strumenti musicali di Eduardo Córdova Reyes e Maribel Vidal, e mille altri oggetti espressione dell'arte popolare cubana di Antonio Mesa.
Pagina inviata da Gian Franco Grilli
Giornalista, responsabile del Caribe (Associazione culturale)
(16 agosto 2007)